Lo studio Paying taxes 2011, realizzato dalla Banca mondiale e dalla società di consulenza PriceWaterhouseCoopers, che rileva il carico fiscale delle imprese di 183 paesi classifica le imprese italiane al 167° posto. Il peso fiscale complessivo gravante sulle aziende italiane e' pari al 68,6%, a fronte di una media europea del 44,2% e di una globale del 47,8%.
Il valore del sommerso economico rilevato dall’Istat è compreso tra il 16,3% ed il 17,5% del PIL, tra 255 e 275 miliardi di euro.
Il valore dell’evasione fiscale rilevato da Confindustria si attesta su 120 miliardi.
Bisogna, inoltre, ricordare che la ricerche di World Economic Forum posiziona l’Italia:
- al 48° posto per competitività, dopo la Lituania, il Cile, Cipro, l’Islanda. A guidare la lista vi sono Svizzera, Svezia, Singapore, Stati Uniti e Germania;
- al 118° posto per efficienza produttiva. Solo 20 Stati hanno fatto peggio di noi e tra questi Turchia e Grecia. Prima di noi vi sono Stati del terzo mondo: Zambia, Mozambico, Senegal, Camerun.
L’annuario Istat 2010 rileva che l’occupazione scende dell’1,6% (- 380 mila unità) tra 2008 e 2009 (23,025 milioni di occupati) per la prima volta dopo il 1995 e nonostante l’aumento dell’occupazione straniera (di 147.000 unità). Il quadro economico dell’Italia è molto negativo ed in prospettiva non lascia intravedere un cambiamento di rotta per risolvere i problemi strutturali del paese. Il rigore nel porre sotto controllo i conti pubblici, non accompagnato da interventi strutturali e riforme, non è sufficiente ad invertire la tendenza dell’economia italiana. Occorrono delle risorse aggiuntive, quantificate dal professore Mario Deaglio in 30 o 40 miliardi, da destinare ad investimenti ed infrastrutture al fine di invertire la tendenza. Ritengo che una lotta seria all’evasione fiscale che ammonta a circa 120 miliardi ed al lavoro sommerso, il cui valore è compreso tra il 16,3% ed il 17,5% del PIL e tra 255 e 275 miliardi di euro, possano rappresentare una risorsa per il paese. Inoltre, occorre intervenire con le riforme più urgenti quali: riforma fiscale equa, redistribuzione del reddito, mercato del lavoro, innovazione, sistema scolastico ed universitario. Il problema più grave è rappresentato dall’ampliamento della base occupazionale e dalla prospettiva di realizzare un’occupazione stabile per i giovani.Alle riforme strutturali il Governo Berlusconi non ha mai pensato e si impegnato soltanto nella tenuta dei conti pubblici. Considerata la crisi politica della maggioranza che dura da diverso tempo e la sua incapacità di realizzare riforme durante la crisi, si rende necessario prima di rivolgersi agli elettori affrontare i problemi più urgenti, compresi il ripristino delle regole democratiche senza le quali il paese non può essere gestito in modo equo ed efficace.