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Vanessa, il Blasco e Grace insieme per «Get Together Girls», un documentario da non perdere
Creato il 07 aprile 2013 da Mariellacaruso«Il tuo viaggio in Africa è già cominciato». Così la 41enne milanese Grazia “Grace” Orsolato, ideatrice e fondatrice del progetto di sartoria Get Together Girls, o GtoG, che si propone di rendere indipendenti le ragazze cresciute nelle baraccopoli di Nairobi, rispose alla mail di Vanessa Crocini, documentarista toscana che aveva intenzione di raccontare il progetto.
«Nel 2009 andai in Ruanda con Alessandro Rocca, documentarista torinese che stava girando La lista del console – racconta Vanessa Crocini -. Mi innamorai dell’Africa e decisi di tornarci per un progetto di volontariato. Alessandro mi parlò di Amani for Africa, una onlus che cura La casa di Anita, luogo di accoglienza per ex bambine di strada. Le stesse bambine che, diventate grandi, Grace aiuta insegnando loro a cucire e a realizzare abiti che vengono poi venduti a Milano e a Nairobi con il marchio GtoG. Decisi di raccontare il progetto». «Scrissi a Grace per proporle la mia idea – continua Vanessa - e lei accettò con l’unico vincolo che il documentario rispettasse, senza romanzarla, la realtà mostrandone sia il lato positivo, sia le difficoltà».
Il risultato è un racconto di 75’ che, con semplicità, mostra la quotidianità della vita di Monicah, Ester, Teresia, Hellen, Mary e Irene, le ragazze di GtoG; di Jack, il sarto locale che ha assistito le ragazze dalla partenza di Roberta Vincenzi, fashion designer milanese che ha partecipato alla start-up del progetto, e di Teresa, aiutante di Grace. Non manca la storia della stessa Grace, ex impiegata Pirelli, capace di lasciare tutto e trasferirsi a Nairobi per fondare GtoG. «Ero stanca di un lavoro noioso, stufa dei colletti bianchi e di un mondo troppo competitivo - confessa Grace -. Dopo anni di volontariato estivo ho capito che era arrivato il momento di cambiare vita e di aiutare in qualche modo quelle bambine di strada della Casa di Anita che, crescendo, non avevano più assistenza. Ho pensato di insegnare loro un lavoro in modo che potessero mantenersi».
Il documentario, il cui titolo, Get Together Girls, ricalca quello del progetto, oggi è una bellissima realtà, tanto che, alla sua “prima” al Women’s Independent Film Festival di Los Angeles, ha raccolto ben quattro riconoscimenti: miglior regia, miglior documentario, migliore storia e, dulcis in fundo, il premio del pubblico.
A essere informato per primo del successo di Get Together Girls è stato Vasco Rossi. Sì, proprio il Vasco “nazionale”. Perché, se è vero che questa è una storia di donne che si snoda tra l’Italia, gli Stati Uniti e l’Africa, è vero anche che il sostegno del rocker di Zocca, produttore del documentario, è stato fondamentale per permettere di raccontarla. «Ho conosciuto Vasco nel 2008, ero la direttrice di produzione sul set del videoclip Il mondo che vorrei – racconta Vanessa, che ha compiuto 31 anni il 25 marzo e da quasi sei anni vive a Los Angeles, dove si era trasferita per seguire un master alla Ucla -. Ci rincontrammo nel 2010 quando mi chiese di girare il videoclip di Mary Louise, bonus track di Vivere o Niente. Gli raccontai del mio progetto di girare un documentario sulle ragazze di Grace e lui, senza che io gli avessi chiesto nulla, mi disse: “Ah… Vasco te lo potrebbe produrre”». Detto fatto. «Grazie ai fondi assicurati da Vasco, che in caso ci fossero dei profitti ha già stabilito che siano reinvestiti nel progetto, aggiunti a quelli che avevo reperito organizzando pizza party e attraverso il crowfunding, ero pronta a partire», racconta Vanessa in una video chiacchierata intercontinentale nella quale, a colpire, è la sagoma dell’Africa alle sue spalle realizzata con le lucine di Natale. «E non è tutto», sorride la regista mostrando il tatuaggio sulla spalla che, non per caso, riproduce lo stesso soggetto.
«Girare Get Together Girl è stata un’esperienza incredibile – sottolinea Vanessa, italiana di padre e rumena di madre -. Sono partita da sola, sono entrata negli slum con una piccola telecamera perché non volevo che la mia presenza fosse invasiva in un posto dove sempre più spesso organizzano visite turistiche facendo sentire uomini e donne che vi abitano come bestie dello zoo; ho avuto crisi d’insicurezza a Kibera, la seconda baraccopoli africana più grande». A lavoro finito, dopo cinque settimane di riprese e il lavoro di montaggio realizzato in parte con Monica Fischietti Palmieri Williams, il regalo più grande ricevuto da Vanessa è stato il commento delle ragazze di GtoG: “That’s exactly how it is”. Ovvero “È tutto come nella realtà”. Un complimento che racchiude, in una frase, tutta l’essenza di un documentario perfetto.
Twitter @mariellacaruso
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