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Vanloon – Eurocomunismo

Creato il 15 maggio 2013 da Ilcasos @ilcasos

Puntata 12 – anno 2, 4 maggio 2013
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Ciao a tutte e tutti da Debs e Piero,
la parola sinistra in Italia oggi fa fatica a trovare un riferimento in parlamento, per non parlare poi della definizione di «partito»; è ancor più difficile immaginare un corteo di militanti che cantando bandiera rossa si dirige in Piazza Maggiore a ascoltare una proposta politica: scivoleremmo nell’immaginazione.

Il centro sinistra attuale, in Europa, certo non aiuta subordinato com’è alle politiche comunitarie. Al di là di facili qualunquismi e crisi che giustificano ogni taglio al welfare vogliamo raccontarvi come in un altro periodo di forte cambiamento, quello degli anni Settanta, la sinistra Europa ha cercato di immaginare un altra Europa.

Enrico Berlinguer (1922-1984)

Enrico Berlinguer (1922-1984)

È il 12 marzo del 1973 Piazza Maggiore è affollatissima, sono 100 mila le persone accalcate in attesa di ascoltare i segretari generali dei due principali partiti comunisti europei. A parlare sono Enrico Berlinguer e Georges Marchais, segretario del partito comunista francese: leader amati dalla propria base – un culto della personalità mai veramente scomparso – , ma allo stesso tempo capaci di guadagnarsi una forte simpatia fra i non comunisti, simboli di un passaggio storico in cui i vecchi partiti rivoluzionari diventavano cardine della vita democratica e sceglievano l’Europa unita politicamente come scenario della loro azione.

L’Unità e L’Humanité, giornali comunisti, pubblicano la foto di quella folla tesa ad ascoltare le parole dei segretari. Ma anche la cosiddetta stampa borghese colse l’importanza dell’avvenimento, dedicando a questa nuova stagione del comunismo europeo reportage e ritratti più che indulgenti. Non dimentichiamo che siamo in un Europa divisa in due blocchi, ovest capitalista ed un est socialista, con al suo interno dei regimi fascisti che iniziano a mostrare i primi segni di cedimento, cioè Spagna, Portogallo e Grecia. Il ’73 è anche l’anno dello shock petrolifero che inaugura la crisi economica: si iniziano a chiudere le fabbriche e le miniere, si interrompe così il sogno di crescita economica infinita degli anni del dopoguerra che in tempi di depressione avremo ricordato come I Trenta Gloriosi.

Importante passaggio per capire l’idea dell’eurocomunismo è la Primavera di Praga stroncata dai carri armati sovietici nel ’68. Il tentativo di Dubček, segretario del partito cecoslovacco, era quello di costruire un socialismo dal volto umano coinvolgendo veramente la cittadinanza e la classe operaia nella gestione dello Stato. I comunisti italiani e francesi iniziarono a capire definitivamente che il socialismo in Occidente non avrebbe potuto né dovuto seguire le orme della presa del potere come i bolscevichi del 1917. Certo non era facile superare la tradizione politica d’appartenenza che vedeva nell’Unione Sovietica un modello incrollabile e un sostegno irrinunciabile.

Con questa scelta, PCF e PCI non volevano solamente dimostrare di essere forze democratiche o la loro fedeltà alle Costituzioni nate dalla Resistenza: il loro obiettivo era quello di costruire un nuovo progetto di socialismo. L’idea di prendere il potere con la forza era stata ormai abbandonata, lasciando come unica strada la partecipazione alle elezioni, cercando quindi alleanze con i progressisti, i cattolici e i nuovi ceti medi. Non mancano le inevitabili accuse di revisionismo e riformismo dai sessantottini extraparlamentari e gauchistes. I due partiti comunisti capirono che per costruire un nuovo comunismo per una nuova Europa, serviva una solida intesa fra loro, ma anche una prospettiva più autonoma da Mosca, idea che aveva già animato gli scontri tra Togliatti e Maurice Thorez.

La prima pagina de l'Unità del 13 maggio 1973

La prima pagina de l’Unità del 13 maggio 1973

Berlinguer, cinque mesi dopo il comizio in Piazza Maggiore, lancia la delicata proposta del Compromesso storico con la DC. Allargando la discussione ai «partiti fratelli», cerca di approfondire la riflessione sulle vie nazionali al socialismo e l’indipendenza dell’Europa che già Togliatti aveva aperto. Marchais, negli anni precedenti aveva impegnato il partito nei delicati equilibri dell’Union de la gauche, alleanza politica con i socialisti e i radicali che rilanciava la proposta politica del Fronte Popolare per provare ad intaccare il monolitismo del potere gaullista.

Se ancora non possiamo parlare di eurocomunismo, espressione coniata solo due anni dopo intendendo un modello alternativo a Mosca, è chiaro come un cambiamento fosse già in atto. Pietro Folena, allora dirigente della Federazione Giovanile Comunista Italiana, ricorda così quel comizio:

La piazza è strapiena di lavoratori e di giovani. Per la prima volta si ha la sensazione di una strategia europea, di un nesso forte fra la politica nazionale e quella internazionale

Intervenendo al comitato centrale del febbraio 1973, Berlinguer aveva già presentato come obiettivo dei comunisti italiani

un’Europa occidentale che sia democratica, indipendente e pacifica, che non sia né antisovietica né antiamericana ma, al contrario, si proponga di assolvere una funzione di amicizia e di cooperazione con l’America e con l’Unione sovietica, e tra essi, con i paesi sottosviluppati del mondo.

Queste parole riecheggiarono anche nel discorso bolognese di Marchais:

Noi ci troviamo di fronte ad un grande compito comune: portare l’Europa occidentale sulla via di una comunità democratica, apportare un contributo specifico dei lavoratori, delle forze avanzate del nostro paese alla costruzione della cooperazione pacifica sul continente, all’affermazione del progresso sociale, al socialismo

L’idea dell’eurocomunismo entra in crisi nel volgere di pochi anni con il fallimento delle strategie nazionali oltreché l’emergere di insanabili fratture e differenze fra francesi e italiani. Inizia così la loro parabola discendente: in Italia tentata la terza via di sinistra con i socialisti europei e le forze del Terzo Mondo, e dopo la morte di Berlinguer, i comunisti pensarono che la sola maniera per sopravvivere si trovasse nelle scelte dei socialisti europei arrivando poi negli anni a non credere ad alcuna prospettiva di trasformazione sociale del presente.

I francesi, sorpassati definitivamente dai socialisti e dopo la partecipazione a un governo in posizione di minoranza, credettero di ritrovare la loro forza nell’arroccamento ideologico dell’ortodossia tradizionale: il sostegno all’invasione sovietica dell’Afghanistan ne è l’esempio più evidente. Il PCF diventa semplicemente testimonianza della sinistra storica. E quella foto sull’Unità di piazza maggiore colma di militanti e speranze per un Europa socialista è diventata semplicemente un pezzo d’archivio.

E con queste riflessioni vi salutiamo e vi invitiamo a visitare il nostro sito www.caso esse.org e… alla prossima puntata!

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