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Vanloon – La diplomazia del club

Creato il 18 febbraio 2013 da Ilcasos @ilcasos

Puntata 8 – anno 2, 16 febbraio 2013
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I membri del G20

I paesi membri del G20; scopri chi manca!

Ciao a tutte e tutti da Debs e Lara.

Circa due settimane fa il Mali riappare nella stampa internazionale malgrado la sua instabilità politica fosse già nota. L’ONU manda aiuti umanitari rassicurando tutti sulla situazione ma ahi noi la drammaticità persiste. In questo quadro incerto interviene l’esercito francese riconquistando una certa visibilità. È l’ultimo caso dove un paese trascina l’interesse internazionale su temi locali malgrado le volontà dei singoli popoli coinvolti. Ma chi prende le decisioni e con che mezzi? Si è creata una pluralità o solo oligarchie nello scacchiere internazionale?
Esisterebbe l’ONU per una risoluzione democratica e partecipata, ma in realtà esiste solo il consiglio di sicurezza. Esiste però il G8 e il G20, che hanno le loro regole e decisioni. Come si è arrivati a questo?

La guerra fredda che ha visto protagonisti soprattutto Unione sovietica e Stati Uniti, è stata caratterizzata dal bipolarismo cioè un sistema a due blocchi basato sulla capacità militare, coniugato con il terrore nucleare.
Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, la potenza espressa come forza militare non era più sufficiente nel quadro dei rapporti internazionali e non bastava a garantire l’ordine, la capacità di attrazione dei poli. Dalla caduta del muro le guerre proliferate hanno dimostrato innanzitutto la fine della supremazia della tecnologia e dell’efficienza dei dispositivi bellici.

Con la fine della contrapposizione tra le due superpotenze, nel 1989, è venuta meno la centralità della risorsa militare nel confronto di potenza. Un primo indizio di questa crisi si ha nelle guerre di decolonizzazione, che hanno visto una sconfitta politica, non conseguente però a sconfitte militari: ad esempio la guerra in Algeria (1954-1962).
Se il collasso economico dell’Unione Sovietica ne ha segnato il declino come superpotenza militare, gli Stati Uniti non sono rimasti l’unica potenza mondiale ma è nata una nuova geografia del potere e nuovi indicatori di potenza.
L’adozione di indicatori come il PIL, il credito, o altri valori economico-finanziari mutano la geografia stessa del potere, che inizia a legittimarsi su altre logiche.

La crisi petrolifera e finanziaria apre un periodo di incertezza rispetto al primato del Nord ed è proprio nel 1975 che riappare una diplomazia di concertazione. Questo come riflusso oligarchico di fronte ad una situazione difficile sia all’interno che all’esterno. In tale contesto iniziarono le riunioni del «Gruppo dei Sei»: Stati Uniti, Francia, Germania Ovest, Gran Bretagna e Giappone, a cui si unisce l’anno seguente il Canada. Il centro del discorso era prettamente economico, ma ha avuto forti implicazioni politico-diplomatiche in quanto anziché allargare la platea oltre gli Stati restrinse la gestione dei problemi – occidentali – in un sistema di diplomazia di concerto limitato ad una élite, il club appunto.

Divenuto G8 dal 1998 con l’inclusione della Russia, e dietro l’esigenza di governare anche i paesi asiatici – a seguito della crisi delle tigri asiatiche del 1998 – si inizia a riunire anche un G20, pur non sciogliendo il G8.
Il G20 si attira critiche nella selezione dei paesi partecipanti: appare totalmente arbitraria, mancando una procedura di ammissione istituzionalizzata, ed è basata sulle preferenze dei paesi formanti il G8. Inoltre il mancato scioglimento del G8 ha causato un sistema di concertazione a più livelli, che dovrebbe far parlare oggi piuttosto di G8+G20. Il club del G8 e poi anche quello del G20 diventarono nel corso degli anni sede di discussioni non più economiche, ma che spaziano oggi dall’ambiente al terrorismo, alle questioni geopolitiche e del narcotraffico.

Foto di gruppo al G20 di Toronto

Uno dei momenti clou del G20: la foto di gruppo.

Il “club” diventa un agente centrale della stabilità globale, contraddicendo quanti ritengono che oggi continui un sistema di tipo unipolare. Il G20 in quanto tale propone un sistema di concertazione ristretta ed elitaria che mina alle basi il multilateralismo voluto dalle Nazioni Unite, realizzando un sistema internazionale a più livelli di accesso.
Dal 1995 non si riescono a raggiungere accordi concreti, mentre i diversi interessi nazionali hanno negli anni prodotto un continuo consolidamento dello status quo, una tendenza all’immobilismo. Questo poi è stato accompagnato man mano dalla frequente amnistia per i membri del club, ad esempio i casi di Russia e Cina riguardo la guerra in Cecenia e la crisi in Tibet, a sottolineare come la governance mondiale sia oggi in mano ad una oligarchia.

Rispetto all’immobilismo del sistema di governance mondiale, le potenze emergenti hanno reagito creando accordi diplomatici propri come l’IBSA (India, Brazil, South Africa). Questo forum ha influito nell’ingresso del Sud Africa tra i BRICS e testimonia la forte tendenza cooperativa tra le potenze emergenti del Sud; la più diffusa categoria dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa, i paesi a più alto tasso di crescita) ha avuto dal 2006 un seguito con iniziative politico-diplomatiche comuni. Diplomazie comunque non in netta competizione con i mercati occidentali, ma più che altro interessate dal buono stato delle economie occidentali, vista la loro interdipendenza.

Considerando il sistema oligarchico della diplomazia occidentale, e considerando l’efficacia delle diplomazie emergenti, è evidente la necessità di riconsiderare i vecchi paradigmi dell’equilibrio di potenza, ripensando l’ottica con cui l’Europa e più in generale l’Occidente guardano alla diplomazia mondiale. Le contraddizioni del sistema dei club e le esigenze delle economie emergenti in contrasto con le vecchie potenze, forse imporranno una trasformazione profonda del sistema di governance mondiale, anche di fronte alla crisi economica di oggi.

Infine, «attualmente il sistema tende al policentrismo. Gli Stati Uniti rimarranno indubbiamente una grande potenza, ma dovranno adeguarsi al pluralismo e a un ruolo più modesto negli affari internazionali», e questo vale a maggior ragione per il resto dell’Occidente.

E con queste vi salutiamo e vi invitiamo a visitare il nostro sito www.casoesse.org e… alla prossima puntata!

Approfondimenti

  • Bertrand Badie, La diplomatie de Connivence. Les dérives oligarchiques du système international, Paris: La Découverte, 2011
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