Puntata 3 – anno 2, 12 novembre 2012
Ascolta la puntata:
Vai alla pagina Radio per trovare le altre puntate di Vanloon, la nostra rubrica su Radio Città Fujiko.
Una Trabant attraversa il muro di Berlino, murales alla East Side Gallery
Ciao a tutti e tutte da Debs e Olga,
Berlino, è la sera del 9 novembre 1989. Una moltitudine di persone si dirige verso il muro dopo l’annuncio che le visite in Germania ovest sarebbero state permesse. È la fine del muro di Berlino, simbolo della Guerra Fredda, quel sistema di fortificazioni che per quasi trent’anni divise in due la capitale tedesca così come era divisa la Germania stessa tra un ovest capitalista e un est socialista. L’anno successivo vede la riunificazione con l’annessione dei territori dell’est alla Repubblica Federale. Ma che fine fece la diversità della Germania socialista? Cosa hanno significato quarant’anni di quell’esperienza nella cultura, nella memoria e nell’esperienza della gente comune?
Già dagli anni novanta la letteratura, l’arte e il cinema iniziano a raccontare e riscoprire quel particolare tipo di comunismo. Il cinema in particolare ha più volte rivisitato la vecchia DDR, fornendocene una immagine ben precisa. Da alcune pellicole come Le vite degli altri o Good Bye, Lenin! la critica al sistema comunista mette in scena un mondo fatto di negozi semivuoti, militanti fanatici, spie e microfoni disseminati ovunque. Emerge così una Germania Est in cui i simboli del potere sono soldati in armi, cani da guardia e torrette di controllo e in cui un grande spazio occupa la Stasi, la potente polizia segreta con la presenza costante dei suoi agenti freddi, corrotti e violenti.
Anche la descrizione degli spazi non è casuale: gli ambienti interni sembrano quasi gabbie che opprimono e dividono, mentre i paesaggi urbani del realismo socialista appaiono come cupi e inquietanti, spesso deserti. In Good Bye, Lenin! ad esempio l’appartamento del protagonista è uno spazio blindato: finestre, tende e porte sono tutte chiuse e tutto sembra immerso in una semioscurità malinconica. Tutto questo rispecchia un potere arrivista e inefficace, sia nella base che nei dirigenti del Partito. In Good Bye, Lenin! la signora Christiane mamma del protagonista e marxista convinta dedica il suo tempo a perorare strampalate battaglie moralistiche, come quella dell’abbigliamento troppo osé imposto alle contadine della DDR. Allo stesso tempo la chiusura della vita economica del Paese rende impossibile comprare un paio di jeans o di calze di nylon.
Ma non tutte le ricostruzioni sulla Germania dell’Est presentano questo quadro così fosco. Anzi, già intorno agli anni novanta le speranze di un miglioramento dello stile di vita della popolazione della ex-DDR iniziarono ad andare disattese: il cambio monetario era sfavorevole, le industrie venivano dismesse, le campagne si spopolavano e molti vivevano di sussidi. Si iniziò allora a parlare di Ostalgie (dalla fusione delle parole tedesche per “est” e “nostalgia”), sia per indicare un sentimento che idealizzava e rimpiangeva i tempi del socialismo reale, sia una reazione ideologica a quella che veniva vissuta come l’annessione alla Germania dell’Ovest e al capitalismo coi suoi simboli del successo consumistico e della realizzazione personale.
Così alcune commedie cinematografiche finiscono per dissolvere la DDR in un mondo esotico e in gran parte immaginario, facendosi forza proprio della nostalgia per un passato non lontano ma che viene caricato di valori differenti dal presente. Su tutte possiamo ricordare Sonnenallee e Kleinruppin forever, due film di grande successo in patria ma inediti in Italia.
Sonnenallee è una pellicola del 1999 che racconta le avventure di alcuni adolescenti degli anni settanta alle prese con le prime esperienze sentimentali e i divieti del governo comunista che frena le loro passioni per rock e mode occidentali. Kleinruppin forever è invece la storia dell’occidentale Tim che rimane bloccato nella DDR per una serie di intoppi, ma che dopo essersi misurato con distorsioni e stranezze del paese, imparerà ad amarlo.
Mentre film come Le vite degli altri danno una lettura completamente negativa della vita nella DDR, al contrario quest’altro filone ne restituisce un quadro assai idealizzato, come di un mondo perduto, felice e ingenuo in cui ogni conflitto si risolve bonariamente e i poliziotti assomigliano ai Carabinieri delle nostre barzellette. Più complesso il messaggio di Good Bye, Lenin! che a una rappresentazione in parte riabilitativa dell’esperienza comunista ne alterna una lettura più sprezzante e caricaturale, inserendo un’analisi profonda e non banale del passaggio tra socialismo reale e capitalismo occidentale.
Senza nulla togliere al valore dei film, è forse ancora di là da venire un movimento che restituisca vera profondità alla storia della Germania dell’Est, lontano da facili critiche a un modello ideologico ma anche da nostalgie stereotipate. Non basta nemmeno il collezionismo dell’oggettistica tipica come i barattolini di sottaceti, le medaglie socialiste o i vecchi modelli di Trabant per restituire il senso di quarant’anni di vita di un popolo, uscito dal nazismo e da una guerra disastrosa e adattatosi a vivere in confini molto più ristretti sia a ovest che a est.
E con queste riflessioni vi salutiamo e vi invitiamo a visitare il nostro sito… e alla prossima puntata.
Bibliografia e approfondimenti
- Elena Agazzi, Un posto al sole all’ombra del Muro, in Matteo Galli (a cura di), Da Caligari a Good Bye Lenin, Firenze: le Lettere, 2004
- Eva Banchelli, Memoria delle cose, memoria dei luoghi, considerazioni sul fenomeno dell’Ostalgie, in E. Banchelli (a cura di), Taste the East, linguaggi e forme dell’Ostalgie, Bergamo: Sestante Edizioni, 2006
- Paolo Capuzzo, Good Bye Lenin. La nostalgia del comunismo nella Germania riunificata, in «Studi Culturali», 1/2004
- Geremia Carrara, Immagine di un immagine. La rappresentazione della Repubblica democratica tedesca dallo stereotipo all’utopia nel cinema, in E. Banchelli (a cura di) Taste the East, linguaggi e forme dell’Ostalgie, Bergamo: Sestante Edizioni, 2006
- Luca Renzi, Rdt in un interno, in Matteo Galli (a cura di), Da Caligari a Good Bye Lenin, Firenze: le Lettere, 2004
- Regine Robin, I fantasmi della Storia, il passato europeo e le trappole della memoria, Verona: Ombre corte, 2005
- Natalie Zemon Davis, la storia al cinema, Roma: Viella, 2007
- Elena Musiani, 1989: la caduta del muro di Berlino. Riflessi sulla stampa italiana, da Storia e Futuro, ultima consultazione il 14/11/2012
- Francesca Iaconisi, Ostalgie e moda a Berlino: un revival mancato?, da Storia e Futuro, ultima consultazione il 14/11/2012
- Johannes Staemmler, Un muro tra generazioni, traduzione da Die Zeit su Presseurop, ultima consultazione il 14/11/2012
Forse t'interessa anche:
I tanti Risorgimenti del cinema (parte prima)Premessa Il cinema è senza dubbio la forma d’arte che meglio rappresenta il secolo ...Memorie dal sottosuolo
Fëdor M. Dostoevskij, Memorie dal sottosuolo, BUR, 2000, 168 pp . Uscito per la prima volta nel 186...Vanloon - Le foibe ed il Giorno del Ricordo
Puntata 2 - anno 1, 11 febbraio 2012 Ascolta la puntata: Questa è una puntata del primo anno di ...