Il vescovo Paul Marcinkus, il più famoso dirigente dello IOR, faceva chiaramente capire che la Banca Vaticana godeva di privilegi assoluti nell'esportazione all'estero dei capitali. Ed egli era in grado di servirsi dei noti finanzieri e bancarottieri, Michele Sindona, colluso coi poteri mafiosi italo-americani, avvelenato in carcere, e Roberto Calvi, presidente del Banco Ambrosiano, trovato impiccato a Londra; nonché del capo della P2, Licio Gelli, arrestato per attività sovversiva, e del vescovo Hnilica, che per tutti gli anni '80 trasferì in Vaticano i fondi anticomunisti provenienti dall'Europa dell'est e i fondi cospicui provenienti dai pellegrinaggi di Medjugorje in Bosnia.
Utilizzando numerose società fantasma con sede a Panama o nel Lussemburgo, lo IOR divenne uno dei maggiori esponenti dei mercati finanziari mondiali alla fine degli anni '70. Era infatti in grado di utilizzare le filiere mafiose di Sindona per istradare grosse somme fuori dal Paese, sotto il naso di tutti gli organismi di controllo.
Poi, quando Sindona era diventato meno frequentabile, a seguito dei suoi debiti con la giustizia, lo IOR cominciò a servirsi di Roberto Calvi e della sua banca.
In quel periodo nel Vaticano si fronteggiavano due fazioni politiche contrapposte: una, massonica-moderata, denominata "Mafia di Faenza", faceva capo a Casaroli, Samorè, Silvestrini e Pio Laghi, l'altra, integralista, legata all'Opus Dei, faceva capo a Marcinkus, Mons. Virgilio Levi, vice direttore dell'"Osservatorio Romano", e Mons. Luigi Cheli, Nunzio pontificio presso l'ONU.
Coinvolto nello scandalo del Banco Ambrosiano di Calvi, lo IOR subì un vero e proprio terremoto: il cardinale Marcinkus riuscì a farla franca solo appellandosi all'immunità diplomatica.
Dopo le vicende legate al banco Ambrosiano, al crac e al cardinale Marcinkus, nel 1990 papa Giovanni Paolo II lo ha riformato, affidandone la gestione a persone laiche ma di credenze cattoliche; lo presiede, infatti, Angelo Caloia, professore dell'università Cattolica di Milano, ex presidente del Medio Credito Lombardo e attualmente a capo di due società di Banca Intesa. Ai prelati è riservata una funzione di vigilanza.
Lo IOR ha sede unica in Vaticano. Ufficialmente non ha filiali in nessun altro luogo. Non ha accesso diretto ai circuiti finanziari internazionali. Non aderisce alle norme antiriciclaggio sulla trasparenza dei conti. Il riferimento è la segreteria di Stato vaticana di monsignor Angelo Sodano. Per operare in Europa lo IOR si avvale di due grandi banche, una tedesca e una italiana, i cui nomi non si conoscono. Si pensa a Banca Intesa, della quale lo IOR possiede il 3,37% insieme con la Banca Lombarda e la Mittel (il cosiddetto Gruppo bresciano dei soci), e di Deutsche Bank, ma nessuno lo conferma con certezza.
Oggi lo IOR amministra un patrimonio stimato in 5 miliardi di euro e funziona come un fondo chiuso. In pratica ha rendimenti da hedge fund, visto che ai suoi clienti (dipendenti del Vaticano, membri della Santa Sede, ordini religiosi, benefattori) garantisce interessi medi annui superiori al 12%. Anche per depositi di lieve consistenza.
Secondo un rapporto del giugno 2002 del Dipartimento del Tesoro americano, basato su stime della Fed, solo in titoli Usa il Vaticano ha 298 milioni di dollari: 195 in azioni, 102 in obbligazioni a lungo termine (49 milioni in bond societari, 36 milioni in emissioni delle agenzie governative e 17 milioni in titoli governativi) più un milione di euro in obbligazioni a breve del Tesoro. E l’advisor inglese The Guthrie Group nei suoi tabulati segnala una joint venture da 273,6 milioni di euro tra IOR e partner Usa.
I segreti finanziari del Vaticano vengono conservati nelle Isole Cayman, il paradiso fiscale caraibico, spiritualmente guidato dal cardinale Adam Joseph Maida che, tra l’altro, siede nel collegio di vigilanza dello IOR. Le Cayman sono state sottratte al controllo della diocesi giamaicana di Kingston per essere proclamate Missio sui iuris, alle dipendenze dirette del Vaticano.
In Italia i diritti di voto dei 45 milioni di quote di Banca Intesa (per un valore in Borsa di circa 130 milioni di euro) sono stati concessi alla Mittel di Giovanni Bazoli in cambio di un dividendo maggiorato rispetto a quello di competenza. E quando la Borsa tira, gli affari si moltiplicano. Nel 1998 p. es. non sfuggì a molti l’ottimo investimento (100 miliardi di lire) deciso dallo IOR nelle azioni della Banca popolare di Brescia: in meno di 12 mesi il capitale si quadruplicò, naturalmente molto prima del crollo del titolo Bipop.
Ma il patrimonio dello IOR non è solo mobile. Dell’Istituto si parla anche in relazione alle beghe con gli inquilini di quattro condomini di Roma e Frascati che lo IOR, a cavallo fra il 2002 e il 2003, ha venduto alla società Marine Investimenti Sud, all’epoca di proprietà al 90% della Finnat Fiduciaria di Giampietro Nattino, uno dei laici della Prefettura degli affari economici della Santa Sede, e oggi in mano alla lussemburghese Longueville.
Gli inquilini, però, affermano di sentirsi chiedere il pagamento del canone di locazione ancora dallo IOR, che nei documenti ufficiali compare anche come Ocrot: Officia pro caritatis religionisque operibus tutandis, con il codice fiscale italiano dell’istituto: 80206390587.
Per il 25esimo anniversario di pontificato, Giovanni Paolo II il 25 ottobre 2003 ha ricevuto un assegno da 2,5 milioni di dollari, la rendita di un fondo d’investimento americano da 20 milioni di dollari dedicato a lui, il Vicarius Christi Fund.
Il denaro è gestito dall’ordine cavalleresco cattolico più grande del mondo, nato 122 anni fa nel Connecticut: The Knights of Columbus (I Cavalieri di Colombo), che conta 1,6 milioni di membri tra Stati Uniti, Canada, Messico, Porto Rico, Repubblica Dominicana, Filippine, Bahamas, Guatemala, Guam, Saipan e Isole Vergini.
Il suo cavaliere supremo, Virgil Dechant, è uno dei 9 consiglieri dello Stato Città del Vaticano e anche vicepresidente dello IOR. Con i 2,5 milioni di dollari regalati a Karol Wojtyla il 9 ottobre 2003, il totale delle donazioni dell’ordine cavalleresco al vicario di Cristo ha superato i 35 milioni di dollari. Nulla, in confronto ai 47 miliardi di dollari del fondo assicurativo sulla vita gestito dai Cavalieri di Colombo, al quale Standard & Poor’s assegna da anni il rating più elevato.
L’ordine investe nei corporate bond emessi da più di 740 società statunitensi e canadesi e solo nel 2002, piazzando polizze sulla vita e servizi di assistenza domiciliare ai suoi iscritti attraverso 1.400 agenti, ha incassato 4,5 miliardi di dollari (il 3,4% in più rispetto al 2001). Una parte delle entrate, 128,5 milioni di dollari, è stata girata a diocesi, ordini religiosi, seminari, scuole cattoliche e, ovviamente, al Vaticano che nel 2002, tra la rendita del fondo del Papa, gli assegni alle nunziature apostoliche di Usa e Jugoslavia, il contributo alla Santa Sede nella sua missione di osservatore permanente all’Onu e quello per il restauro della basilica di san Pietro, ha ricevuto dai Cavalieri di Colombo 1,98 milioni di dollari.