"Guardatevi dai falsi profeti, i quali vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci"
Matteo 7:15
“L'autore di questo libro prevede che verrà il giorno, magari tra un migliaio di anni, in cui il Vaticano cesserà di funzionare come un'istituzione religiosa e assumerà in tutto e per tutto le funzioni di una grande impresa finanziaria. La transizione dall'una all'altra veste sarà meno difficile di quanto possa sembrare, proprio perché man mano che il cattolicesimo andrà accentuando la propria decadenza come grande religione, le ricchezze della Chiesa potranno più facilmente infiltrarsi in qualsiasi campo dell'economia mondiale. Allora, finalmente, il magnate installato al di là del Tevere potrà liberarsi della sua veste di pietà; allora, finalmente, il Vaticano rivelerà l'autentica estensione dei suoi interessi economici.”
Nino lo Bello - L'Oro del Vaticano [anno di pubblicazione: 1971]
Sotto potete leggere due articoli interessanti che affrontano l'evolversi dei rapporti che la Corporation più ricca del mondo, la Vaticano & Gesuiti S.p.a., la "chiesa povera" del gesuitico Bergoglio, intrattiene con le più svariate multinazionali della consulenza finanziaria e manageriale; nel frattempo continuano i gesti "filantropici" del capo della Corporation "religiosa" multimiliardaria, ed egli è in procinto di essere dichiarato santo perché ha donato "ben" 200 euro ad una povera e disgraziata anziana di Marghera.
La curia di Francesco, paradiso delle multinazionali
McKinsey, Promontory, Ernst & Young, KPMG. Dal Vaticano è tutta una corsa ad arruolare le società di consulenza più pregiate e costose al mondo. A che prezzo non si sa
di Sandro Magister
ROMA, 17 gennaio 2014 – Sarà pure "povera e per i poveri" la Chiesa sognata da papa Francesco. Intanto però il Vaticano sta diventando il Paese di Bengodi delle più pregiate e costose fabbriche al mondo di sistemi organizzativi e finanziari.
L'ultima arruolata è la leggendaria McKinsey & Company, con l'incarico di sfornare "un piano integrato per rendere l’organizzazione dei mezzi di comunicazione della Santa Sede maggiormente funzionale, efficace e moderna". Quanto basta per seminare il panico tra gli addetti ai lavori, che negli ultimi tempi in Vaticano non sono diminuiti ma aumentati, in un crescendo di confusione.
A padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa e portavoce ufficiale, è stato aggiunto un "senior communications adviser" nella persona del giornalista americano Greg Burke, membro dell'Opus Dei, con un ufficio in segreteria di Stato.
Per non dire dei due addetti stampa che il presidente dell'Istituto per le Opere di Religione, Ernst von Freyberg, si è portato a Roma la scorsa primavera dalla sua Germania, Max Hohenberg e Markus Wieser, entrambi della Communications & Network Consulting.
Poi c'è la Radio Vaticana diretta dallo stesso Lombardi, con 30 milioni di dollari di passivo annuo e con tanti giornalisti quanti ne servivano una volta per trasmettere in onde corte nelle lingue e nelle regioni più remote del globo, ma ora in sovrannumero.
C'è "L'Osservatore Romano", altra voragine di costi con le poche migliaia di copie giornaliere della sua edizione principale.
C'è il Centro Televisivo Vaticano, che fa buoni incassi grazie all'esclusiva mondiale delle immagini del papa ma deve fronteggiare spese proibitive con la Sony e altre grandi firme per la modernizzazione delle tecnologie.
E poi ancora c'è il pontificio consiglio per le comunicazioni sociali, un carrozzone burocratico che avrebbe dovuto fare lui il lavoro ora affidato alla McKinsey, ma evidentemente non ne è stato ritenuto capace.
In questo disordine si è capito da un pezzo che papa Francesco preferisce fare di testa sua. Delle tre sue interviste che più hanno fatto rumore, due le ha date ai gesuiti de "La Civiltà Cattolica" e una al superlaico fondatore de "la Repubblica", senza che né padre Lombardi né Burke né altri vi avessero a che fare.
Altra firma di grido reclutata dal Vaticano è il Promontory Financial Group, con sede centrale a Washington. Da maggio, una dozzina di suoi operatori si sono installati nei locali dello IOR e passano al setaccio ad uno ad uno i conti dell'istituto, in caccia di operazioni illecite. Altrettanto fanno con i conti dell'APSA, l'Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica.
Non solo. Dirigenti di spicco di Promontory fanno parte ormai in pianta stabile del vertice dello IOR. Era di Promontory Rodolfo Marranci, il nuovo direttore generale della "banca" vaticana. E sono divenuti senior adviser dello IOR Elizabeth McCaul e Raffaele Cosimo, capi rispettivamente delle sedi di New York e per l'Europa di Promontory. Da oltre Atlantico viene anche Antonio Montaresi, chiamato a dirigere l'ufficio rischi, un ruolo che nello IOR prima non esisteva.
Un'analoga moltiplicazione dei ruoli e del personale interessa in Vaticano anche l'Autorità di Informazione Finanziaria, creata alla fine del 2010 da Benedetto XVI, oggi diretta dallo svizzero René Brülhart, costosa star internazionale in materia, e prossima a raddoppiare il suo staff.
A certificare i bilanci dello IOR c'è la Ernst & Young, alla quale il Vaticano ha ora affidato anche la verifica e l'ammodernamento delle attività economiche e della gestione del governatorato del piccolo Stato.
E a un'altra blasonata multinazionale, la KPMG, è stato chiesto di allineare agli standard internazionali la contabilità di tutti gli istituti ed uffici con sede nella Città del Vaticano.
A dispetto della decantata trasparenza, nulla trapela sui costi di questi ricorsi ad operatori esterni, costi che si presumono ingenti, in particolare quelli a carico dello IOR.
Come non bastasse, la "banca" vaticana ha dovuto coprire con 3,6 milioni di euro una parte del debito di 28,3 milioni, accertato dalla Ernst & Young, della giornata mondiale della gioventù di Rio de Janeiro.
E con una decina di milioni di euro ha dovuto colmare metà della voragine lasciata nella diocesi di Terni dal suo ex vescovo Vincenzo Paglia, attuale presidente del pontificio consiglio per la famiglia.
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Questa nota è uscita su "L'Espresso" n. 3 del 2014, in edicola dal 17 gennaio, nella pagina d'opinione dal titolo "Settimo cielo" affidata a Sandro Magister.
Ecco l'indice di tutte le precedenti note:
> "L'Espresso" al settimo cielo
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Alle società esterne menzionate nell'articolo alle quali fa ricorso il Vaticano si può aggiungere il Banco Santander, incaricato di un corso di formazione per il personale amministrativo della prefettura degli affari economici della Santa Sede.
Presidente per l'Italia della Santander Consumer Bank SpA è Ettore Gotti Tedeschi, chiamato alla presidenza dello IOR nel settembre del 2009 e da lì estromesso il 24 maggio 2012 con procedura da lui a ragione definita "ingiusta e brutale" in un'intervista a "Il Messaggero" del 10 gennaio 2014, nella quale ha chiesto a papa Francesco di "ascoltare quello che ho da raccontare, anche in confessione, se ritiene il caso", perché "vorrei essere sicuro che conosca anche la mia verità":
> Gotti Tedeschi: "Il papa deve conoscere la mia verità sullo IOR"
Dopo la sua estromissione, attorno a Gotti Tedeschi è stata fatta terra bruciata. In Vaticano nessuno di tutti quelli incaricati di studiare la riforma dello IOR l'ha finora interpellato, nemmeno per ascoltare la sua ricostruzione dei fatti.
Ps. In un altro volume del già citato Giancarlo Galli ("Nella giungla degli Gnomi", Garzanti 2008), possiamo trovare molte risposte alle domande che oggi si rincorrono sui media a proposito dell'acquisizione di Antonveneta da parte del Mps. Un'operazione a dir poco spregiudicata che fruttò "sull'unghia" al Banco Santander di Botin e Gotti-Tedeschi 2,3 miliardi di plusvalenza.".]
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Una pietra di paragone dei costi delle maggiori società di consulenza è il contratto stipulato poco prima di Natale dal ministero italiano del tesoro con la KPMG – una delle società reclutate dal Vaticano – per studiare come risanare i conti delle sette regioni più indebitate nei servizi sanitari: Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Piemonte e Sicilia.
Il costo del contratto con la KPMG – che si avvarrà anche dell'apporto della Ernst & Young, un'altra delle società reclutate dal Vaticano – è stimato in 38 milioni di euro, a carico delle regioni indebitate.
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La McKinsey & Company non è nuova nel dar consigli alla Chiesa cattolica. La diocesi di Berlino si è rivolta al direttore della filiale di Monaco di Baviera, Thomas von Mitschke-Collande, per rimettere in sesto i propri conti. E altrettanto ha fatto la conferenza episcopale di Germania, per risparmiare in costi e personale.
Nel 2012 von Mitschke-Collande ha pubblicato un libro dal titolo: "Vuole la Chiesa eliminare se stessa? Fatti e analisi di un consulente aziendale". E la scorsa estate ha offerto un piano dettagliato di riforma della curia romana agli otto cardinali consiglieri di papa Francesco.
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Un caso di doppia appartenenza, alla Ernst & Young e nello stesso tempo alla commissione istituita da papa Francesco per riorganizzare la struttura economico-amministrativa della Santa Sede, è quello di Francesca Immacolata Chaouqui, che nella multinazionale angloamericana si occupa di pubbliche relazioni.
Ma più che per conflitto d'interessi, la giovane PR ha sollevato critiche in Vaticano e fuori per motivi ben più consistenti, fin dal momento della sua nomina:
> Ricca e Chaouqui, due nemici in casa (26.8.2013)
> Francesca Immacolata Chaouqui si confessa due volte (18.9.2013)
> Chaouqui e Vallejo Balda, la strana coppia (17.1.2014)
link articolo originale: http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350699
Multinazionali e Opus Dei: la strana compagnia del Papa
La Chiesa povera per i poveri di papa Francesco ha bisogno delle multinazionali, almeno di quelle che operano nella consulenza finanziaria, nella gestione delle risorse umane e nel riassetto di grande aziende e organizzazioni. L’impronta americana del pontificato diventa sempre più marcata, non manca poi un po’ di Europa tecnocratica. Sta di fatto che si sta delineando una Chiesa anglo-ispanica lungo un asse Usa-America Latina (non privo di conflitti interni) a guida politico culturale dei gesuiti, con motore economico nell’area dell’ ‘Obra’ di Escrivà, senza dimenticare l’ingresso massiccio dei laici nei ruoli tecnici. Il tutto gira intorno a una regia internazionale – gli otto cardinali che coadiuvano il Papa nel governo e nella riforma della Curia – e a un Segretario di Stato italiano, monsignor Pietro Parolin, di scuola diplomatica classica, proveniente da un’esperienza non semplice in Venezuela. Altri italiani s’incontrano nell’entourage di Bergoglio ma spesso alle spalle hanno un’esperienza latinoamericana. Il Papa, come è noto, fa il resto. Il progetto è complesso anche perché si tratta di scrostare poteri resistenti.
Le società fino ad ora ingaggiate dal Vaticano sono note: Mc Kinsey (riorganizzazione media), Ernst & Young (revisione economica Stato vaticano), KPMG (riforma procedure contabili di tutti gli enti della Santa Sede) e Promontory group (ristrutturazione Ior e Apsa); sul fronte delle relazioni internazionali i riferimenti sono Moneyval e il Consiglio d’Europa (antiriciclaggio e trasparenza), il dipartimento del Tesoro Usa e il governo tedesco (con queste due istituzioni sono stati firmati importanti accordi di collaborazione finanziaria), la Banca d’Italia e la sua autorità di controllo. L’Opus Dei, in tale contesto, fa sentire la sua presenza e il suo sostengo a papa Francesco, del resto molti dei suoi membri possiedono ‘l’expertise’, per occuparsi di materie tanto complesse. I cambiamenti appaiono quindi sempre più profondi e il loro profilo tecnico e organizzativo tutt’altro che secondario; si possono però a questo punto individuare alcuni elementi generali. La riforma dello Ior procede verso la trasformazione dell’istituto in una ‘banca normale’, cioè in grado di interagire con il sistema finanziario internazionale accettandone le norme sulla trasparenza. Il percorso è a buon punto ma non è concluso perché chiudere un passato di ‘conti sospetti’ non è cosa scontata, le indagini della magistratura italiana sono lì a dimostrarlo.
Sul fronte della comunicazione si attendono poi novità importanti: Mc Kinsey, l’ultima mega-società sbarcata Oltretevere e chiamata in causa dalla “Pontificia commissione Referente di studio e di indirizzo per gli affari economici”, dovrà mettere a punto “un piano integrato per rendere l’organizzazione dei mezzi di comunicazione della Santa Sede maggiormente funzionale, efficace e moderna”. Da molti anni in Vaticano si parla di un nuovo assetto per la comunicazione oggi spezzettata fra diversi organismi che spesso si sovrappongono; in tal modo i costi crescono e i passivi vanno a pesare sui bilanci complessivi del Vaticano. La cosa non è di poco conto e non riguarda solo il sistema dei media: senza l’intervento dello Ior (le cui risorse sono di circa 6, 3 miliardi di euro) che ogni anno dà il suo decisivo contributo al ripianamento dei debiti accumulati nella gestione ordinaria, la Santa Sede sarebbe in una situazione economica allarmante [nota di nwo-truthresearch: che l'azienda più ricca del mondo sia in una condizione di sofferenza economica nutriamo seri dubbi, a meno che non si dia credito a qualche limitata contabilità sbandierata, che non tiene conto degli affari globali della Chiesa Cattolica nel suo insieme, dove gran parte della ricchezza del Vaticano è nascosta in società finanziarie di modo che sia difficile arrivare anche solo vicino ad una stima della sua reale grande ricchezza; si vedaL'Impero Finanziario Vaticano che ci Domina e Der Spiegel: Vaticano, il principale azionista]
E allora l’Osservatore romano, la Radio Vaticana, il Pontificio consiglio per le comunicazioni sociali, la Libreria editrice vaticana, la tipografia, il Centro televisivo vaticano (CTV) fino agli altri media più o meno collegati con Roma, tutto dovrà essere rivisto da Mc Kinsey & company per un lavoro che potrebbe concludersi entro pochi mesi. Intanto, con un occhio puntato al mercato internazionale, il Ctv ha cominciato a produrre un settimanale d’informazione sulla Santa Sede in HD.
In questa complessa transizione bergogliana, si delineano sempre di più anche ruoli specifici. E non può passare inosservato che l’Opus Dei, guidata dal prelato Javier Echevarrìa, sta sostenendo a pieno regime lo sforzo riformatore di papa Francesco. Gli uomini de la ‘Obra’ si muovono con discrezione e, secondo una nota vulgata opusiana, “ciascuno risponde personalmente di quello che fa”, non c’è insomma un agire a nome dell’Opus Dei. Sta di fatto che monsignor Lucio Ángel Vallejo Balda, amico della Prelatura fondata da Escrivà de Balaguer, ricopre l’incarico di Segretario della commissione incaricata della riforma amministrativa ed economica, e allo stesso tempo è anche Segretario dell’Apsa, cioè dell’Amministrazione del patrimonio della sede apostolica. E’ un monsignore in carriera con un passato di amministratore di bene ingenti nella diocesi spagnola di Astorga. Nei piani della riforma in corso, l’Apsa – di recente coinvolta in gravi indagini giudiziarie da parte italiana – dovrà diventare una sorta di ministero del tesoro-economia vaticano senza svolgere più alcuna attività finanziaria. L’Apsa controlla fra l’altro un patrimonio immobiliare che si reputa ingente ma di cui non si conosce la sostanza reale.
Sarà dunque monsignor Vallejo il prossimo ministro dell’economia della Santa Sede? Vedremo. Intanto la commissione di cui è membro ha fatto il contratto a “McKinsey”, “dopo procedura formale di gara” come recita il comunicato ufficiale; la società in passato ha annoverato nelle sue fila Ettore Gotti Tedeschi, ex presidente Ior, Opus Dei anche lui, caduto poi in disgrazia per i contrasti con il cardinal Bertone. Ancora va citata Francesca Chaoqui, anch’essa membro della stessa commissione riformatrice e giudicata vicina all’Opus Dei, diventata nota per tweet ‘scandalosi’ contro Bertone e Tremonti e per qualche foto un po’ troppo sexy. Ma soprattutto conta il suo lavoro per la Ernst & Young, altro big della consulenza ingaggiato dal Vaticano. Ancora un altro esponente dell’Opus Dei, monsignor Juan Ignacio Arrieta, coordina l’altra commissione riformatrice, quella che si occupa dello Ior. L’impronta a stelle strisce in Vaticano, per altro, si vede anche nel ruolo che hanno i Cavalieri di Colombo - che pure finanziano i sacri palazzi - il cui leader, Carl Anderson, è il segretario del board laico dello Ior considerato fra i ‘defenestratori’ di Gotti Tedeschi. Va ricordato che i Cavalieri possono contare su forti rapporti con alcuni cardinali americani. Bergoglio fino ad ora è riuscito, dietro le quinte, a tenere in mano le fila di ogni cosa, ma rivalità e conflitti si possono sempre aprire.
La Compagnia di Gesù, intanto, è tornata a svolgere il ruolo di cavalleria del papa. La ‘Civiltà cattolica’ sotto la guida di padre Antonio Spadaro, è diventata strumento essenziale della campagna pro-Bergoglio; l’importante intervista rilasciata da Francesco alla rivista e diffusa in contemporanea da tutte le testate dei gesuiti del mondo senza fuga di notizie, la dice lunga. Padre Federico Lombardi, gesuita anch’egli, è da tempo alla guida della Sala stampa della Santa Sede e della radio vaticana, mentre gesuiti di rango sono nella Congregazione per la dottrina della fede. Tuttavia è nel suo complesso che la Compagnia guidata dallo spagnolo Adolfo Nicolàs, anch’essa come l’Opus senza darlo troppo a vedere, sostiene la novità del papa argentino e il suo programma riformatore.
link articolo originale: http://www.linkiesta.it/papa-multinazionali