> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" height="200" width="600" alt="Vecchio Logan: vignetta nera su fondo nero. L’arte del supereroe è morta? >> LoSpazioBianco" class="aligncenter size-full wp-image-55601" />
Il fumetto è sicuramente un’arte in continuo mutamento. I supereroi hanno dominato negli USA per decenni; ora nuovi stili e nuove tendenze si ergono imponenti gettando la propria ombra su di loro.
Infinite versioni di universi alternativi e miniserie che calano gli storici personaggi dei comics in epoche e contesti inusuali sono sicuramente segno di una crisi e di una necessità di rinnovamento. Sempre più spesso dei supereroi si sfrutta la fama mediatica per farne icone facilmente riconoscibili per carattere e abilità, ma da utilizzare per raccontare storie molto diverse dai canoni del comic classico.
Esempio estremo è la miniserie 5 Ronin di Peter Milligan, in cui i riferimenti ai personaggi originali di Wolverine, Psylocke, il Punitore, Hulk e Deadpool sono più che altro evocativi.
Il lettore trova in loro una piacevole familiarità, ma la narrazione rivela storie di samurai del medioevo giapponese che non hanno (volutamente) nessuna relazione con il contesto supereroistico, tanto che i protagonisti sono privi anche dei loro caratteristici poteri, qui presenti solo in forma ‘metaforica’ (Psylocke è brava a intuire il carattere degli uomini, Wolverine, uno dei kagemusha di un signore feudale, appare ‘immortale’ dopo la morte di quelli che sono in realtà solo suoi sosia).
Il “superuomo di Nietzsche” ha dunque ancora senso nella letteratura disegnata del nuovo millennio? In Wolverine: Vecchio Logan di Mark Millar e Steve McNiven si trova forse la risposta.
Calato in una desolata disperazione ‘mccarthyana’, punteggiata da elementi tipici del folklore horror american style, questa apocalittica visione di Wolverine tratteggia un mondo dove i supereroi sono scomparsi e gli USA sono dominati dai supercriminali e dalla darwiniana legge del più forte.
Un Wolverine vecchio e stanco è uno dei pochi sopravvissuti. Anch’egli, segnato dagli eventi, ha dovuto rinunciare al suo ruolo di eroe, per dedicarsi solo alla sopravvivenza propria e dei suoi cari, motivo che lo spingerà a un viaggio on the road per gli Stati Uniti.
Il disegno di McNiven media in modo eccellente tra l’estetica supereroistica alla Andy & Adam Kubert e la costruzione realistica delle ambientazioni con notevole dovizia di particolari, che immergono con efficacia il lettore nel contesto drammatico della vicenda
Wolverine: Vecchio Logan si rivela,
È proprio la riflessione sul ruolo del supereroe nel mondo/fumetto contemporaneo a essere il cuore dell’opera.
Millar e McNiven ci mostrano i dubbi e le incertezze verso il futuro di un’America in crisi e ci offrono la rappresentazione di un eroe costretto a riscoprire se stesso. Dopo molte sofferenze e drammatiche delusioni come un vero supereroe, Wolverine trova il modo di affrontare problemi troppo grandi per qualunque uomo (e superuomo).
Così anche in questo mondo futuro (specchio delle paure del nostro presente), dove sembra esserci spazio solo per antieroi e personaggi oscuri disposti a scendere a patti con la propria etica, Millar ci mostra che l’eroe deve comunque lottare.
Come il protagonista di Io sono leggenda, in un mondo popolato da mostri, il Wolverine-supereroe si trasformerà nell’incubo dei supercriminali.
L’eroe dal fattore rigenerante diventa simbolo di una rinascita.
Il supereroe è cambiato, ma è rimasto tale.
Il responso sembra chiaro: “I supereroi sono morti, lunga vita ai supereroi!”.
Abbiamo parlato di:
Wolverine: Vecchio Logan
Mark Millar, Steve McNiven
Traduzione di Luca Scatasta e Gino Scatasta
Marvel Italia
208 pagine, brossurato, bianco e nero – 17,00 €
ISBN: 9788865896662
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