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Vedendo una ragazza perfetta al 100% in una bella mattina di aprile di Murakami Haruki

Creato il 08 ottobre 2012 da Nictrecinque42 @LositoNicola

Chi segue il mio blog sa che sono un fan sfegatato di Murakami Haruki, perciò non si sorprenderà se di tanto in tanto propino una recensione di un suo libro o pubblico uno dei tanti racconti che ha scritto… Questa volta, tratto da “L’elefante scomparso e altri racconti” – Einaudi ET Euro 12,50, ospito un breve ma intenso brano dal titolo lunghissimo che dovrebbe invogliarvi ad approfondire la conoscenza di questo famoso scrittore giapponese in sentore di premio Nobel della letteratura…

Buona lettura.

Nicola

Vedendo una ragazza perfetta al 100% in una bella mattina di aprile

di Murakami Haruki

Ragazza-per-la-strada

In una bella mattina di aprile, in una via laterale del quartiere di Harajuku, sono passato accanto a una ragazza perfetta, al 100%.

Non era una gran bellezza. E nemmeno di un’eleganza strepitosa. I capelli dietro la testa le avevano preso una brutta piega dormendo, e doveva essere vicina alla trentina. Eppure già a cinquanta metri di distanza avevo capito che era la ragazza perfetta per me. Dal momento in cui la vidi il cuore prese a battermi all’impazzata e l’interno della bocca mi divenne secco come la sabbia del deserto.

Forse anche a voi piace un tipo particolare di ragazza. Quelle che hanno le caviglie sottili, per esempio, o dei grandi occhi, o delle belle mani…, non so, magari vi attirano quelle che amano mangiare con calma, lentamente, o qualche altra caratteristica del genere. Ovviamente ho anch’io il mio tipo. Mi è già successo di andare al ristorante e restare affascinato dal naso della ragazza che sedeva alla tavola accanto.

Nessuno però può dire come dev’essere quella perfetta al 100%. Prendiamo la ragazza di quel mattino, non ricordo neppure che forma avesse il suo naso. Anzi, non ricordo neppure se avesse un naso. Tutto quello che ricordo è che non era una gran bellezza. Molto strano, vero?

— Ieri sono passato accanto alla ragazza perfetta al 100%, — dico a uno.

— Ah si? — mi risponde lui. — Era molto bella?

— No, non direi.

— Allora era proprio il tuo tipo?

— Non mi ricordo. Ho dimenticato tutto, che forma avessero i suoi occhi, se avesse molto seno o no…

— Strano.

— In effetti.

— Allora cos’hai fatto? — continua lui con aria annoiata. — Le hai parlato, l’hai seguita?

— Non ho fatto nulla, — rispondo io. — Le sono semplicemente passato accanto.

Lei camminava da est a ovest, io da ovest a est. In una mattina di aprile veramente piacevole.

Avrei voluto parlarle, anche soltanto per una mezz’oretta. Chiederle di lei, raccontarle di me. E soprattutto spiegarle le complicate combinazioni del destino che avevano fatto sì che noi due passassimo uno accanto all’altra in una strada laterale di Harajuku in una bella mattina di aprile del 1981. Di sicuro tutto ciò era denso di caldi segreti, come un antico meccanismo costruito in tempi di pace.

Dopo aver parlato di queste belle cose, avremmo potuto pranzare insieme, andare a vedere un film di Woody Allen, fermarci al bar di qualche albergo a bere qualcosa. E con un po’ di fortuna, magari finire insieme in un letto.

Una tale possibilità bussava alla porta del mio cuore.

La distanza tra lei e me si era ridotta a quindici metri.
«Bene, adesso le rivolgo la parola, — ho pensato. — Ma cosa le dico?»

«Buongiorno. Posso parlarle un momento, per favore? Mi bastano trenta secondi».

Assurdo. Mi avrebbe preso per un rappresentante di una compagnia di assicurazioni.

«Mi scusi, sa se c’è una tintoria aperta ventiquattr’ore su ventiquattro, da queste parti?»

Ancora peggio. Tanto per cominciare, non avevo neanche la borsa con la roba sporca!

Che fosse meglio dirle subito tutta la verità?

«Buongiorno. Lei per me è la ragazza perfetta al 100%».

Non mi avrebbe mai creduto. E anche supponendo il contrario, era probabile che non avesse nessuna voglia di parlare con me. «Io per lei sarò pure la ragazza perfetta, ma lei per me non è affatto l’uomo perfetto», mi avrebbe risposto. In tal caso, mi sarei sentito perduto, ne sono certo. Ormai ho trentadue anni, tutto sommato invecchiare significa proprio questo.

Le sono passato di fianco davanti a un negozio di fiori. Un lieve spostamento d’aria tiepida mi ha accarezzato la pelle. Il marciapiede d’asfalto era bagnato d’acqua, ho sentito un profumo di rose. Non le ho rivolto la parola, non ce l’ho fatta. Lei indossava una maglia bianca, e nella mano destra teneva una busta bianca alla quale mancava il francobollo. Una lettera per qualcuno. A giudicare dagli occhi terribilmente assonnati, poteva darsi che avesse passato la notte a scriverla. Poteva darsi che quella busta contenesse tutti i suoi segreti.

Ho fatto pochi passi e quando mi sono voltato la sua figura era già scomparsa tra la folla.

Naturalmente adesso so benissimo in che modo avrei dovuto abbordarla, quella volta. Ma comunque sarebbe stato un discorso troppo lungo, non avrebbe funzionato. Le idee che mi vengono in mente non sono mai molto pratiche.

Ad ogni modo quel discorso cominciava con «c’era una volta…» e finiva con «non pensa che sia una storia molto triste?»

***

C’erano una volta in un posto lontano un ragazzo e una ragazza. Il ragazzo aveva diciotto anni, la ragazza sedici. Né l’uno né l’altra potevano dirsi molto belli, erano soltanto due ragazzi normali e solitari come ce ne sono ovunque. Però erano fermamente convinti che da qualche parte al mondo esistessero la ragazza e il ragazzo perfetti per loro, al 100%.

Un giorno camminando per la strada si trovarono faccia a faccia.

— Che sorpresa, ti ho cercata dappertutto, — disse il ragazzo alla ragazza. — Forse non mi crederai, ma tu per me sei la ragazza perfetta al 100%.

— Anche tu per me sei il ragazzo perfetto al 100%, — disse la ragazza. — Sei esattamente come ti immaginavo, in tutto e per tutto, mi sembra di sognare.

I due sedettero su una panchina nel parco, e parlarono, parlarono, senza stufarsi mai. Non si sentivano più soli. Trovare il compagno, la compagna perfetta, ed essere a propria volta trovati da lui, da lei, che cosa meravigliosa!

Nel cuore però nutrivano un piccolo, piccolissimo dubbio. Era giusto che un sogno si realizzasse così facilmente?

— Senti, facciamo un’altra prova, — disse allora il ragazzo in una pausa della conversazione. — Se siamo veramente perfetti al 100% l’uno per l’altra, di sicuro un giorno ci incontreremo di nuovo da qualche parte. E quando ci rincontreremo, se ci troveremo ancora perfetti al 100%, ci sposeremo subito, lì sul posto. Sei d’accordo?

— Sì, sono d’accordo. — rispose la ragazza.

Così i due si separarono.

Invece non c’era nessun bisogno di fare un’altra prova. Erano assolutamente perfetti l’uno per l’altra, al 100%. Ma le onde inevitabili del destino si presero gioco di loro.

Un inverno, entrambi si buscarono una brutta influenza che imperversava quell’anno, e dopo essere rimasti per molte settimane tra la vita e la morte, al risveglio avevano dimenticato completamente il proprio passato. Le loro teste erano vuote come il salvadanaio del giovane D. H. Lawrence.

Siccome però erano due ragazzi intelligenti e perseveranti, a costo di molti sforzi acquisirono una nuova coscienza e nuove capacità emotive, e tornarono a fare magnificamente parte della società. Furono di nuovo in grado di prendere la metropolitana, di cambiare linea, di andare alla posta per spedire una raccomandata. E sperimentarono di nuovo l’amore, al 75 o all’80%.

Intanto il ragazzo aveva compiuto trentadue anni, la ragazza trenta. Il tempo era passato a una velocità strabiliante.

Poi, in una bella mattina di aprile, lui stava camminando in una via laterale di Harajuku, da ovest a est, per fare colazione al bar, mentre lei percorreva la stessa strada da est a ovest per spedire una raccomandata. Si incrociarono a metà strada. Per un attimo un barlume dei vecchi ricordi illuminò i loro cuori.

«E la ragazza perfetta per me, al 100%», si disse lui.

«E il ragazzo perfetto per me, al 100%», si disse lei.

La luce dei loro ricordi però era troppo debole, le loro parole non erano chiare come quattordici anni prima. Si passarono accanto senza parlarsi, e scomparvero tra la folla in direzioni opposte.

Non pensa che sia una storia molto triste?

È così che avrei dovuto parlarle.


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