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Vedo non vedo

Da Mapo
Vedo non vedo
"Faccia attenzione, per i primi giorni le sembrerà che il pavimento sia un po' più in alto rispetto al solito".La commessa che mi ha appena venduto il mio primo paio di occhiali da vista della mia vita ha un sacco di lentiggini, nascoste dietro un paio di Rayban stile "Arisa" e qualche difetto di riempimento nello smalto colorato sulle unghie.Dettagli che, prima, semplicemente non vedevo. Ascolto a malapena quello che mi sta dicendo mentre apro la porta a vetri del Salmoiraghi e Viganò di piazza San Babila. Ed eccomi nel quotidiano caos di corso Vittorio Emanuele. Caos che, in una miriade di dettagli che prima non notavo e adesso non faccio altro che notare, appare quantomeno decuplicato. Decido per il centro del corso, lontano dalle vetrine affollate da gente in cerca dell'occasione prima di rientrare a casa. Laggiù, lontano, scorgo il Duomo. Dicono ci fosse anche prima. Mi fido. Ora però ne vedo le statue dall'espressione arcigna, i blocchi di marmo appoggiati uno sopra l'alto dal contorno preciso e le guglie illuminate dall'ultima luce della giornata. La Madonnina scintilla su quella più alta. Lontana e ora nitida, quanto mi è mancata nel corso di tutti gli ultimi anni quando, anche strizzando gli occhi a più non posso riuscivo a malapena a vedere il grifone che teneva tra le mani. Perchè c'era il grifone, vero?Continuo la passeggiate guardando la gente in faccia, ora a destra e ora a sinistra. Nel mondo ci sono un sacco di brufoli in più di quelli che credevo, un tipo ha una macchia di caffè sulla cravatta rosa che, a dirla tutta, è di una fantasia terribile. Una ragazza lontana butta un passo avanti all'altra le sue scarpe zebrate, mentre un bambino lascia la mano del padre e sorride, gonfiando bolle di sapone. Ne vedo la curvatura e le sfumature, che si riempiono di colori quando il sole le illumina. Se non sbaglio il ragazzo in canottiera dall'altra parte della strada sta leccando un gelato panna, menta e amarena e la pensilina del tram avvisa i pendolari all'uscita dal lavoro che il 3 arriverà tra 8 minuti. E non l'8 tra 3. I numeri appaiono chiari come non mai, leggibili come se fossero scritti sul libro che tengo tra le mani. Ne vedo quasi tutti i LED rossi. Risaltano sullo sfondo nero, anche a metri di lontananza. Dall'altra parte della piazza c'è uno fermo in motorino. Ha un cellulare infilato nel casco e si sta mettendo le dita nel naso, in particolare l'indice della mano sinistra. Quando partirà, al verde, dovrà fare attenzione a quella buca lasciata scoperta da un paio di sanpietrini che sono venuti via.Guardo, vedo, scruto e osservo.Nel frattempo mi assale un senso di nausea, il pavimento comincia a diventare pericolosamente alto e la gente intorno sembra guardarmi come un cretino. Non li vedessi ci passerei sopra, ma ora che vedo le loro espressioni tra le pieghe del volto la cosa mi infastidisce. Sperando che non sia per la montatura, nera ma un po' appariscente, decido comunque di togliere gli occhiali. Ripiombo nella nebbia e attraverso la strada, per vedere quanti minuti mancano all'arrivo del tram. Sembra un 3, ma non ci giurerei.

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