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Velenitaly, l'olio italiano e il futuro del giornalismo indipendente

Da Distesa
Nel giro di pochi giorni Intravino ha lanciato un appello a difesa di Maurizio Gily per la vicenda della famigerata copertina de L'Espresso "Velenitaly" (qui) e un attacco al New York Times per la sua inchiesta sull'olio extravergine d'oliva "italiano" (qui).
Cosa hanno in comune queste due uscite del popolare blog? Un attacco a quella che viene definita una informazione scorretta; una sorta di crociata contro il cattivo giornalismo eno-gastronomico (dove ovviamente, fra le righe, quelli buoni, puliti e giusti sarebbero solo - per definizione - i bloggers in questione, bravi a cogliere in fallo i colossi dell'informazione).Personalmente avevo dedicato a Velenitaly un post provocatorio (qui) su questo mio blog. Letto il pezzo sull'olio di oliva mi è sembrato di ripercorrere la stessa strada un'altra volta, immerso in una certa visione del mondo per cui guai a chi tocca il "Made-in-Italy", qualunque esso sia ed a qualunque costo. Con lo stesso disagio che avevo provato ai tempi della celeberrima inchiesta di Report sul vino italiano.Ora il disagio aumenta.Che il mondo del vino e dell'olio italiani sia ancora pieno di gente che sfrutta il concetto di "made in Italy" per speculare su prodotti cattivi e dall'origine incerta, quando va bene, o illegali, quando va male, noi agricoltori lo sappiamo fin troppo bene. Basta guardare i prezzi e assaggiare il contenuto di certi prodotti DOC o DOP distribuiti nella grande distribuzione oppure venduti in larghe quantità all'estero. Prodotti che magari non uccidono la gente - come erroneamente enunciato da L'Espresso - o che viaggiano sul filo delle direttive di legge - quelle in cui è inciampato il New York Times... Prodotti, però, che uccidono le Denominazioni di Origine e rischiano di uccidere il lavoro artigianale di migliaia di agricoltori italiani. E allora, come agricoltore produttore di vino e di olio originariamente italiani, a me piacerebbe che il giornalismo "indipendente" non scadesse in queste polemiche piccole, in qualche modo autoreferenziali, quasi da casta o corporazione/Ordine dei giornalisti... A me piacerebbe che il giornalismo indipendente si schierasse definitivamente e scendesse in campo a viso aperto in quella che - a tutti gli effetti - è la battaglia del secolo per i contadini di tutto il mondo: quella per la sopravvivenza. Si schierino i blog, i giornalisti free-lance, i vari neo-comunicatori: con certe industrie dell'alimentazione che stanno distruggendo l'agricoltura italiana o con i contadini-artigiani che provano una nuova resistenza. 
PS Ovviamente questa resta una mia opinione personale, esattamente come lo era - pur di segno differente - quella di Maurizio Gily. Sarebbe il caso che in questo disgraziato paese la si smettesse di querelare per ogni sciocchezza e ad essere perseguiti per delle opinioni, anche se espresse in modo forte e deciso.          

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