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Velo in TV: se non ora quando?

Da Paolo

velodonneIl Marocco è oggi il solo paese arabo musulmano dove il velo è proibito nelle televisioni di Stato. È vero che l’abito non fa il monaco (la monaca in questo caso) ma è certo allora che è l’apparenza che fa il giornalista. In un contesto dove i canali televisivi degli altri paesi arabi accettano donne velate a condurre i tg o ad animare programmi, le marocchine si ritrovano private di questo diritto e completamente allontanate dalla scena mediatica. Ad oggi sono sempre più numerose le giornaliste con il velo e basta avvicinarsi all’Istituto Superiore dell’Informazione e della Comunicazione (ISIC), principale scuola pubblica che forma i futuri giornalisti marocchini, per verificarlo. Il direttore dell’ISIC, in un intervista al settimanale riformista TelQuel, nella sua edizione del 7 marzo 2012, dichiarò che “quasi un terzo delle mie studentesse indossano il velo”. Cosa ne sarà allora di tutte queste future giornaliste, una volta laureate? Si può dire che potranno optare per la carta stampata o scrivere sulle piattaforme mediatiche ma molte di loro hanno il grande sogno di entrare in un canale televisivo e come sarà possibile quindi conciliare la loro tradizione religiosa con il lavoro?  La spiegazione data per giustificare questa scelta è perlomeno curiosa: in una conferenza stampa, un responsabile dei media pubblici affermò quanto segue: “Una donna con il velo è meno bella e rappresentativa di una donna che non lo indossa”. Risposta direi offensiva ancor più se si guarda le giornaliste di Al Arabia o Al Jazeera che sono donne piacevolissime da guardare oltre ad essere delle brave professioniste. Vista dal di fuori questa politica adottata dai patrons della televisione nazionale è contradditoria e fuori luogo dal momento in cui il governo filo islamico in carica ha nominato ministro una donna velata. Perchè lei si e le altre no?  E perchè il governo non ha pensato di rimediare a questa situazione? Ci ha pensato, ma solo in forma teorica: davanti alle accuse e alle denuncie delle giornaliste velate, il ministro della Comunicazione, Mustapha El Khalfi, ha affermato che “nessuna discriminazione e nessun giudizio bastato sull’abito di una giornalista dovrà essere ammesso implicitamente o esplicitamente nei luoghi di lavoro o durante l’esercizio delle attività professionali”. In realtà niente è stato fatto. Le giornalste marocchine continuano a soffrire nel quotidiano di una discriminazione dovuta al fatto di indossare un velo islamico che nasconde i capelli e il collo.

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