Lungo interrogatorio ieri per il governatore della Puglia Nichi Vendola. Il leader di Sinistra, Ecologia e Libertà, infatti, è stato sentito per ben sette ore, dalle tre di pomeriggio alle dieci di sera, in merito ai fatti che lo vedono indagato con l’accusa di concorso in concussione. Secondo l’accusa, infatti, Vendola avrebbe fatto pressione sui direttore dell’Arpa, Giorgio Assennato, per limitare il giudizio negativo dell’ente nei confronti delle emissioni dello stabilimento siderurgico di Taranto, l’Ilva.
A Vendola viene contestato in particolare il comportamento tenuto in occasione di una riunione del 15 luglio 2010, alla presenza di diversi dirigenti regionali e politici, oltre a uomini e tecnici dello stabilimento Ilva, senza però la presenza di Assennato. In una telefonata intercettata, Girolamo Archinà, vicino alla famiglia Riva, ha rivelato che Assennato “è stato fatto venire al terzo piano però p stato fatto aspettare fuori… come segnale forte”. Alla riunione si sarebbe discusso tra l’alto proprio di emissioni inquinanti dell’Ilva, con Vendola che apparentemente si arrabbiò per i dati sul benzopirene rilevati dall’Arpa.
Archinà ha mostrato poi una mail nella quale il governatore della Puglia ribadiva come “in nessun caso l’attività produttiva dell’Ila avrebbe dovuto subire ripercussioni”.
Accuse forti, che tuttavia sono sempre state negate da Vendola, che nel lungo interrogatorio ha cercato di ricostruire l’intera vicenda e di chiarire il significato di documentazione e intercettazioni. E ribadisce: “io ho sempre fatto il mio dovere. Anche più del mio dovere. Io, Taranto non l’ho mai abbandonata”.
Anche il presidente dell’Arpa Assennato aveva chiesto di essere ascoltato, ma il suo interrogatorio è slittato a causa del dilatarsi dei tempi di quello di Nichi Vendola. Ma nella memoria difensiva depositata dallo stesso Assennato, il presidente dell’Arpa ribadisce di non aver mai ricevuto pressioni.
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