venerdì quattordici

Quasi sera, vigilia di ferragosto.
Ci sono state le stelle cadenti l’altra sera, ma sei riuscita ad esprimere soltanto due desideri dei cinque che ti eri preparata.
Il primo era un desiderio di amore e di vita, il secondo era un progetto ma c’era anche in quello la vita e l’amore.
Gli altri tre chissà, chissà quando toccherà a loro.
Quasi sera, vigilia di ferragosto; s’è calmato il vento, tacciono i rumori della casa, si fa buio lentamente anche in cucina. Fra poco accenderai le luci e chiuderai le imposte, ma per ora rimani seduta sulla sdraio del terrazzo grande, impigrita anche stasera dalla lunga giornata afosa. Dal corpo sale l’odore acre del tuo stesso sudore, l’ odore della fatica di riuscire a fare troppo poco, quasi nulla di quello che vorresti.
Affidi a pensieri lievi quella speranza, quella voglia di rispecchiarti nei tuoi scritti perche’ loro soltanto – ti sembra – possono darti pace.
Le nuvole, verso nord, ora si fanno avanti, i cirri quasi riempiono il cielo; sono bianche e scorrono lente sul cielo azzurro, qualcuna pian piano si colora di grigio mentre altre, quelle che guardano il tramonto, sono gialle, aranciate, appena un po’ rosate.
Un enorme nembo si affaccia da Appennino, bianco, quasi luminescente; altri cirri si espandono verso le colline.
Arrivera’ un temporale, forse, stanotte.
Vorresti spogliarti di questo abito nero che ti opprime, che ti pesa, che non lascia andare quell’ altra te stessa che ora sei.
Lungo la strada si alza il vento e solleva qualche foglia caduta, secca; e’ freddo questo vento di vigilia ma ristora.
Immobile aspetti la notte, la tempesta, ma vorresti vedere il mare e non quelle colline dove si addensa il temporale.
In cucina si fa buio, sul tavolo già apparecchiato il melone e il prosciutto, la caraffa rorida colma di acqua fresca; si sparge per le stanze il profumo delle melanzane che cuociono nel forno.
Domani, ferragosto: stelle cadenti e falo’, l’ estate sta passando.

JACQUES PREVERT

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