In concorso alla 70esima Mostra d’Arte Cinematografica la sua nuova prova da regista tratta dall’omonimo romanzo di Cormac McCarthy
Scott Haze in una scena del film
Con quella sua aria di chi si è appena alzato dal letto e il sorriso da spot pubblicitario, James Franco non sembra il tipo d’attore in grado di realizzare un’opera che possa sconvolgere lo spettatore. Invece il poliedrico artista nato a Palo Alto possiede un ricco background artistico e culturale, che lo ha portato ad adattare per il grande schermo Child of God, uno dei romanzi più duri e inquietanti di Cormac McCarthy, il leggendario scrittore americano autore di capolavori come Non è un paese per vecchi e La strada, libro sulla vita del serial killer Lester Ballard, ispirato a Ed Gein, lo stesso assassino da cui hanno preso spunto i film Psycho e Non aprite quella porta. Presentato alla alla 70esima Mostra d’Arte Cinematografica, Child of God ha scosso la stampa internazionale con la sua rappresentazione asciutta di situazioni molto crude. Interrogato sul perché abbia voluto mettere in scena una storia così scabrosa, James Franco ha risposto: «La cosa che più mi ha colpito del romanzo è la descrizione della solitudine. La solitudine, l’alienazione e l’isolamento dalla società sono temi che mi affascinano. Quando hai a che fare con l’arte a volte capita di essere letteralmente fulminato da qualcosa che vedi o leggi e che magari ti colpisce senza che tu sappia perché. Sono un grande ammiratore dell’opera di McCarthy e volevo realizzare questo film già sette, otto anni fa». L’amore di Franco per la letteratura è ormai un fatto noto, amore che, come ha ammesso in prima persona, fa migliorare le sue prestazioni: «Amo usare libri dei miei autori preferiti per le mie opere: McCarthy e Faulkner sono tra le mie maggiori fonti di ispirazione. Portare sullo schermo un’opera di questi scrittori alza il livello del mio lavoro perché voglio rendere giustizia alla grandezza dell’opera. In un certo senso si instaura una forma di collaborazione tra me e loro, e io collaborando do il meglio di me. Se sono ispirato da un autore che rispetto do tutto me stesso».Scott Haze e James Franco a Venezia 70
Nel difficile ruolo del protagonista c’è Scott Haze, attore poco conosciuto che ha saputo dare una fisicità sorprendente al personaggio sottoponendosi a modificazioni fisiche drastiche, come ha rivelato durante la conferenza stampa: «Per prepararmi al ruolo sono stato in isolamento in un bosco del Tennesse per tre mesi: ho perfino dormito in una grotta. Per rendere il deperimento mentale e fisico del protagonista ho perso quasi venti chili: è stata un’esperienza difficile. Il mio approccio a un personaggio così estremo è stato quello di guardarlo con compassione, in modo da potermici relazionare. Lester è un personaggio complesso: non è il solito maniaco, è vero, è un assassino, ma è anche una persona profondamente sola e incapace di inserirsi nella società. Per rappresentarlo mi sono ispirato al Joker di Heath Ledger e a Robert DeNiro in Taxi Driver». Haze ha inoltre rivelato che Franco è stato un ottimo regista, proprio perché nasce come attore: «Con James non c’è stato un momento in cui sono stato preoccupato: è stata la mia migliore esperienza lavorativa come attore. Siccome anche lui è un attore, James sa cosa vuol dire affrontare un ruolo così difficile: per aiutarmi mi ha dato completa libertà». Pubblicato su BestMovie.