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Venezia. 69: “Paradise: Glaube” di Ulrich Seidl (In Concorso)

Creato il 01 settembre 2012 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Venezia. 69: “Paradise: Glaube” di Ulrich Seidl (In Concorso)

Anno: 2012

Durata: 113

Genere: Drammatico

Nazionalità: Austria, Germania, Francia

Regia: Ulrich Seidl

La pellicola del regista austriaco Ulrich Seidl è il secondo capitolo di una trilogia sulle virtù teologali e segue quella presentata all’ultimo festival di Cannes, Paradise: Liebe. In Paradise: Glaube la protagonista, Anna Maria (Maria Hofstatter) è una donna di mezza età ossessionata dalla religione cattolica, intenta a recitare rosari e preghiere in maniera compulsiva. Passa le sue vacanze vagando di casa in casa con una delle sue statuette di trenta centimetri raffiguranti la Vergine Maria, cercando di convertire persone per il bene dell’Austria. Una stanza della sua casa, tenuta maniacalmente in ordine, è riservata per auto flagellarsi di fronte al crocefisso e, se non intenta in questa pratica, percorre pregando in ginocchio tutta casa, naturalmente indossando il cilicio. Il suo interesse verso il Signore è anche carnale, e si palesa nell’annunciata scena di sesso con un crocefisso. Questa sua quotidianità “malata” è scardinata quando ritorna a casa dopo anni di assenza Naia (Nabil Saleh), il marito paraplegico e musulmano. Maria non è più attratta dal rapporto coniugale, accecata dalla sua missione moralizzatrice. Il marito è ormai un ospite e neanche molto gradito, nascono così scontri anche assai duri, filmati con ostentata crudeltà.

Venezia. 69: “Paradise: Glaube” di Ulrich Seidl (In Concorso)

Seidl sembra programmaticamente intento a stupirci, evidenzia il suo gusto di maciullare la carne, sfida la resistenza del pubblico con un esibizionismo voyeuristico che sfocia nel grottesco. Se voleva essere uno sguardo sulla società e le degenerazioni in cui possono esplodere i fondamentalismi religiosi, pare aver mancato il bersaglio, riuscendo più che altro a mostrare una donna affetta da gravi turbe mentali che sfociano in una vera e propria patologia. Il film ha una sua consistenza e alcune inquadrature sono di forte impatto emotivo, ciò nonostante il suo sguardo, se pur per esigenze “tematiche”, pare essere troppo compiaciuto quando la macchina da presa indugia sugli oltraggi ai simboli cristiani. Un merito della pellicola è che aprirà un dibattito e indubbiamente farà discutere, ma forse l’intento era proprio questo.

Vittorio Zenardi

Venezia. 69: “Paradise: Glaube” di Ulrich Seidl (In Concorso)
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