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Venezia 69: "The Iceman" di Ariel Vromen; "Enzo Avitabile Music Life" di Jonathan Demme; "Izmena" ("Betrayal") di Kirill Serebrennikov; "Superstar" di Xavier Giannoli
Creato il 30 agosto 2012 da Luca OttocentoGeneralmente, nei festival cinematografici, i primi giorni di programmazione non offrono le opere migliori tra quelle selezionate. Questa sessantanovesima edizione veneziana, che ha avuto formalmente inizio ieri sera con la cerimonia di apertura seguita dalla proiezione di The Reluctant Fundamentalist di Mira Nair, non fa eccezione. Tra i film che sinora ho avuto modo di vedere (essendo arrivato al Lido ieri pomeriggio, ho perso la proiezione stampa mattutina del film della Nair), ce ne sono però stati due rivelatisi per differenti motivi interessanti, entrambi fuori concorso: The Iceman di Ariel Vromen e Enzo Avitabile Music Life di Jonathan Demme. Deludenti invece le prime due pellicole del concorso, Izmena (Betrayal) di Kirill Serebrennikov e Superstar di Xavier Giannoli. Qui sotto trovate le brevi recensioni dei quattro film. Nei prossimi giorni, dedicherò le classiche recensioni più lunghe che siete abituati a leggere su questo blog ai film per cui si rivelerà necessaria un’analisi più approfondita.
The Iceman di Ariel Vromen
Ispirato a una storia vera, il vibrante dramma dell’israeliano Vromen narra le vicende di Richard Kuklinski (Michael Shannon), uomo dal passato tormentato e spietato sicario al servizio della mafia italo-americana. Fingendosi alla moglie (Winona Ryder) e alle due figlie un abile speculatore finanziario, egli guadagna molti soldi e garantisce alla famiglia un elevato stile di vita uccidendo senza scrupoli per conto del boss Romy Demeo (Ray Liotta). Le cose si complicheranno nel momento in cui l’attività di Kuklinski inizierà a mettere seriamente in pericolo l'amata famiglia. Pur non brillando particolarmente per originalità e profondità (non scava mai davvero a fondo nella complessa psiche del personaggio principale), l’opera è solida, ben scritta (la sceneggiatura è firmata dallo stesso regista con Morgan Land), non perde mai di ritmo ed è ottimamente interpretata da tutti gli attori principali. Oltre alla maiuscola prova di Michael Shannon, sono convincenti anche le interpretazioni di Winona Ryder, Ray Liotta e Chris Evans. Da notare inoltre i due piccoli ma intensi ruoli affidati a James Franco e Stephen Dorff.
Enzo Avitabile Music Life di Jonathan Demme
C’era molta curiosità per il nuovo documentario di Jonathan Demme dedicato ad Enzo Avitabile, eccellente musicista napoletano in grado di esprimersi con estrema facilità attraverso i più disparati generi musicali (funk, jazz, musica per orchestra, musica popolare). Il regista statunitense noto al grande pubblico soprattutto per i pluripremiati Il silenzio degli innocenti (1991) e Philadelphia (1993), che negli ultimi anni ha costantemente e felicemente alternato la produzione di film di finzione a quella documentaria (si pensi a The Agronomist, Jimmy Carter Man From Plains, New Home Movies from the Lower 9th Ward o ai lavori su Neil Young), firma un appassionato ritratto che si distingue per la propria immediatezza e sincerità. Pur non essendo forse all’altezza dei migliori documentari di Demme, Enzo Avitabile Music Life ha il grande pregio di raccontare (peraltro in modo godibile e piuttosto affascinante) il poliedrico talento di uno sperimentatore ancora poco noto nel contesto italiano.
Izmena (Betrayal) di Kirill Serebrennikov
Nonostante la regia e la fotografia siano di notevole fattura (assai suggestivi, ad esempio, i molti lunghi movimenti di macchina) e le interpretazioni del cast di buon livello, la prima pellicola in concorso vista quest’anno al Lido risulta sul piano narrativo pretenziosa e irritante per come gioca, a sproposito e in modo insistito, con espedienti quali l’ellissi temporale e il non detto. I rapporti tra i personaggi sono nel complesso sviluppati in modo piuttosto approssimativo e poco credibile, con risultati che non di rado sfociano nel ridicolo. Inutile soffermarsi sulla trama di un film la cui sceneggiatura, scritta a quattro mani da Natalia Nazarova e dal regista Serebrennikov (lo stesso di Playing the Victim, vincitore al festival di Roma del 2006 ma ancora inedito in Italia), lascia ampiamente a desiderare. Basti dire che di questo confuso, ridondante e inconcludente dramma sull’attitudine degli esseri umani al tradimento non si sentiva affatto il bisogno.
Superstar di Xavier Giannoli
Un uomo solitario dalla vita monotona diviene improvvisamente famoso. Ovunque si diriga e qualsiasi cosa faccia, in metropolita, al supermercato o per strada, viene riconosciuto dalla folla che lo insegue per avere un autografo o per scattare una foto in sua presenza. Nel giro di poche ore il suo volto è su tutti i giornali e siti nazionali. Sui vari social network impazzano commenti, video e foto che lo riguardano. Recentemente sviluppata con leggerezza e ironia da Woody Allen in To Rome with Love, nell’episodio più riuscito del film che vedeva protagonista Roberto Benigni, l’idea della persona qualunque che, senza alcun motivo, si ritrova ad essere considerata dalla massa come fosse un personaggio famoso del mondo dello spettacolo, viene riproposta in Superstar dal regista francese Giannoli. Qui però, tra battute più o meno divertenti, il film per le sue (di gran lunga eccessive) due ore circa di durata ruota attorno al tema della celebrità improvvisa, nonché dell’invasività e della ferocia del mondo dei media, senza riuscire in alcun modo a proporre una riflessione sulla questione che risulti stimolante e non banale.
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