Anno: 2013
Distribuzione: Parthenos srl
Durata: 104′
Genere: Drammatico
Nazionalità: Italia
Regia: Andrea Segre
Data di uscita: 17 ottobre 2013
Non nascondo che ci si aspettava un prodotto più convincente da Andrea Segre, più che altro perché la sua opera prima di fiction Io sono Li aveva felicemente stupito. Invece, purtroppo, La prima neve è una bella ricerca sulle cime dei monti realizzata anche con attori non professionisti, ma che tuttavia traballa e non si avventura troppo oltre i paesaggi mozzafiato.
Ambientata ai piedi della Val di Mocheni, la storia racconta di Dani, un rifugiato della guerra in Libia originario del Togo, che abita in una casa famiglia e lavora come aiutante di Pietro, un vecchio falegname e apicoltore. Dani ha qualche problema ad affrontare serenamente la sua condizione di ragazzo-padre di una bimba di un anno. La sua vita si intreccia con quella di Michele, il nipote di Pietro, che ha da poco perso il padre. L’amicizia tra i due, così lontani nelle esperienze ma così vicini nelle sofferenze, li aiuta a superare gli ostacoli e a recuperare un equilibrio con se stessi.
L’ambiente del Trentino è qui assolutamente una parte integrante della storia, quasi l’unica strutturata componente del film, che riempie i vuoti creati dalla flebile sceneggiatura. Le inquadrature che temporeggiano sui boschi e sui panorami aprono i polmoni e le pupille e ci fanno inghiottire un senso di libertà molto piacevole. Il tema poi del rapporto padre-figlio, che attraversa diametralmente le culture, appartiene a quella visione olistica e multiculturale che sappiamo essere cara al regista.
Tuttavia, l’avvicendarsi delle storie e dei personaggi non ci aiuta a risolvere il loro percorso: dove Giuseppe Battiston è l’allegra linea comica, la sua presenza non ha alcuna influenza sullo svolgersi degli eventi, ma rimane narrativamente fine a se stessa. E la neve, quella del titolo, appare improvvisamente come appare improvvisamente la decisione di Dani di cambiare vita.
Ciononostante, ci complimentiamo con la delicatezza dell’interpretazione di Jean-Christophe Folly, quel Dani indeciso, dagli sguardi drammatici e il volto dall’espressività morbida: un opposto pittorico azzeccato accanto al biondissimo Matteo Marchel.
Rita Andreetti