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Venezia 70: “Zoran, il mio nipote scemo” di Matteo Oleotto (Settimana della Critica)

Creato il 03 settembre 2013 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Venezia 70: “Zoran, il mio nipote scemo” di Matteo Oleotto (Settimana della Critica)

Anno: 2013

Durata: 103′

Genere: Commedia

Nazionalità: Italia, Slovenia

Regia: Matteo Oleotto

Zio Paolo Bressan è un friulano DOC, sia perché lo è l’attore che lo impersona, Giuseppe Battiston, sia perché il vino gli circola ormai nelle vene. Uomo di mezza età sciupato, beone, bugiardo e traditore, pare investire le sue giornate per arrivare il prima possibile a sera e sedersi al tavolo della Osmiza (specie di agriturismo a gestione molto famigliare, che rimane aperto per breve tempo e si occupa della vendita dei soli prodotti autonomamente coltivati).

La morte della quasi sconosciuta zia slovena Anja gli affibbia in custodia temporanea il nipote Zoran (Rok Prašnikar): un ragazzetto dalla storia un po’ infelice, che pare uscito da un film di Fellini, che straparla in auliche terminologie, si veste come un anziano zitello e non guarda mai negli occhi nessuno. Inutile dire che la vita io-centrica del protagonista si trova interdetta dalla presenza di un parente che gli pare più che altro una palla al piede; questo fino a quando non si svela la sua natura geniale, il suo talento nascosto, nelle freccette. In realtà, queste freccette sono solo un pretesto per tentare una svolta nella vita di entrambi e trascinare il pubblico in una storia di adolescenti (uno anagraficamente adolescente, l’altro cerebralmente di quell’età), che a loro modo scoprono come vivere a contatto con gli altri, come gestire l’affetto e gioire delle esperienze.

L’esordio dell’attore e aiutoregista friulano Matteo Oleotto, che come Hitchock si concede un cammeo di spalle nel proprio film, non è una commedia priva di seconde letture: c’è una critica ad un certo tipo di società rinchiusa mentalmente e geograficamente nella provincia e della sua dipendenza dal vino, che va oltre la faccenda culturale. C’è anche quella sensazione di insufficiente serenità, creata dalla precarietà e dalla dipendenza misera dal lavoro, che rende i rapporti umani l’unica ancora di salvezza dalla disperazione.

Ecco quindi che Battiston affronta un ruolo invadente del film, per il quale riesce a non contraddire mai se stesso; esilarante per il suo cinismo, si aggancia in simbiosi perfetta con il nipote sempliciotto. La performance di Rok Prašnikar, poi, è la controprova di come la tradizione slovena in fatto di attori, sia una garanzia di successo.

Seppure sia una commedia, seppure gli italiani ultimamente nel fare commedie intelligenti non se la cavino benissimo, qui Matteo Oleotto, Daniela Gambaro, Pier Paolo Piciarelli e Marco Pettenello lavorano sulla struttura narrativa e sulla profondità dei personaggi, rifuggendo la risata facile e banale in favore di una ironia affilata e non scontata. Le pennellate di Carso, poi, che si intravedono negli esterni, completano la visione di quella orgogliosa regionalità, celebrata ad alto livello etilico da botti e damigiane di vino, che fa piacere poter osservare sul grande schermo.

Rita Andreetti


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