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Venezia: città in vetrina

Da Pukos
Venezia: città in vetrina

«Se non ti aspetti l’inaspettato non lo troverai», con questa definizione di Erodoto si apre una delle mostre tematiche della 14esima Biennale d’architettura di Venezia, quella firmata (al padiglione Venezia) dall’architetto e designer polacco Daniele Libeskind che cerca in un centinaio di disegni di spiegare che esiste osmosi tra città e immaginazione, ovvero che «la forma non sta scomparendo nella tecnica», dice, «ma è un prodotto dell’espressione permanente dell’essere umano».

La Biennale può essere visitata fino al 23 novembre, ingresso non proprio economico a 25 euro più 7 euro per raggiungerla: costa così ogni biglietto del vaporetto (con gli stranieri, e non solo, che strabuzzano gli occhi).

Alla biglietteria non hanno una mappa della rassegna da consegnare insieme al biglietto d’ingresso, non esiste un ufficio per l’accoglienza a cui chiedere informazioni, l’ufficio stampa latita (nonostante vi lavorino in 5), se volete una guida dovete faticare per capire dove prenotarla, inutile cercare un ristorante decoroso ai Giardini per una pausa a meno di non chiamare ristorante un posto dove servono pasta riscaldata e scotta in piatti di carta. Insomma, una vetrina internazionale come la Biennale meriterebbe più professionalità, anche perché gli stranieri comunque arrivano numerosi.

E lo meriterebbero anche gli sponsor che aprono il portafoglio: Rolex, Foscarini, Warner Music, Vede (Venice Excellence Design), HelloVenezia e perfino Jti, ovvero Japan tobacco international. In più c‘è un gemellaggio con l’Expo. Ha ragione Paolo Baratta, presidente della Fondazione Biennale: «Indifferenza e conformismi portano a passività e spengono perfino il desiderio di arte e di architettura». Bene, allora portiamo anche la Biennale a un’attenzione verso il visitatore che non sia indifferenza. Rem Koolhaas, olandese, a cui è stata affidata la direzione della Biennale di Architettura ha intitolato il suo saggio-introduzione nel catalogo «Architettura non architetti» e spiega che «l’economia di mercato ha corroso la dimensione morale dell’architettura».

Non lo hanno (fortunatamente) ascoltato. Cino Zucchi, curatore del padiglione Italia, propone saggiamente una storia di Milano attraverso gli architetti che hanno lavorato per la città oltre a un excursus sui grandi progetti realizzati in Italia (e non solo) col leitmotiv: «La vita si adatta agli spazi che si adattano alla vita». Due i luoghi della Biennale: all’Arsenale vi sono, tra gli altri, i padiglioni Italia, Venezia, Cina; ai Giardini il resto del mondo.

Cosa visitare?

1. Canada: dagli igloo a internet, cioè i piccoli insediamenti che stanno sorgendo nell’Artico canadese, dove abitano 33 mila persone in 2 milioni di chilometri quadrati, senza strade e senza vegetazione.

2. Giappone, con l’Umeda Sky Building che fa tendenza, grattacieli collegati da ponti sospesi.

3. Corea e il futuribile, con le immagini realizzate dalla Commissions for Utopia della Paektusan Academy of Architecture.

4. Paraguay con protagonista l’acqua, elemento determinante in una sorta di abbraccio con Venezia, non a caso nella lingua guarani Paraguay significa acqua che corre verso il mare.

5. Ungheria con un singolare gioco che fa diventare le spille da bucato elemento architettonico.

6. Stati Uniti, con un atlante (a cura di Storefront for Art and Architecture) sull’architettura per uffici realizzata nel mondo.

Tra le stranezze: un confessionale con video incorporato (alle Corderie dell’Arsenale), i pantografi che disegnano sulla sabbia (padiglione Israele), la new town realizzata da Derek Walker («una città più verde della campagna circostante») al padiglione inglese.

Infine alla rassegna Monditalia (alle Corderie) maxifoto dell’Aquila post terremoto, Tortona, il tempio Sikh a Fiorenzuola (Piacenza), Pescia (Torino), le discoteche della Romagna, Cinecittà, Costa Paradiso, Roma. Con una previsione, sul futuro dell’Europa, di TheTomorrow.net: «Dalla scoperta di Cristoforo Colombo l’Europa ha guardato all’Atlantico e all’Ovest, ora lo sguardo si sta rapidamente spostando verso l’Est (Russia, Turchia, India, Cina) e il Sud (Africa). Ne rimarrà coinvolta anche l’architettura».

Fonte: ItaliaOggi


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