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#Venezia71 – The Cut: l’odissea armena di Fatih Akin

Creato il 01 settembre 2014 da Onesto_e_spietato @OnestoeSpietato

the_cut_fatih_akinThe Cut di Fatih Akin è un film che segna un taglio netto nella filmografia del regista de La Sposa turca e Soul Kitchen. Messe da parte la regia speziata a cui ci ha abituato e le piccole vicende di turchi impiantati in Germania, Akin si confronta con un gravoso fatto storico: le stragi in Armenia del 1915. Lo fa intrecciando storia e Storia, narrandoci l’odissea dei due mondi di un sopravvissuto che fugge dalla sua patria alla ricerca delle due figlie e della salvezza.

The Cut, privo di virtuosismi tecnici, è un film che stentiamo a riconoscere come diretto da Akin. Ma la scelta, saggia, è ponderata e inevitabile, poiché la vicenda narrata porta in sé una potenza tale da non necessitare d’inutili fronzoli e ridondanti abbellimenti. Una regia più classica, quindi, ma non meno personale. La fotografia definisce la composizione dell’immagine come fosse un quadro realista. Non a caso, e cito un solo esempio, le sequenze sui villaggi armeni sterminati ricordano La zattera della Medusa di Gericault con l’aggiunta di un gusto “espressionistico” alla Goya.

Un Akin quindi più pulito ma anche imponente per un film con un respiro ampio ma non epico. Ad Akin, infatti, interessa la storia di questo fabbro, uomo ma non eroe, e la determinazione con cui va alla ricerca delle figlie per anni. Diretta conseguenza: The Cut è un film di speranza e amore, per la vita in primis.

Protagonista è un Tahar Rahim (Il profeta) preciso e sincero. Il suo personaggio è privato delle corde vocali e Rahim è abile, senza mai strafare, nel comunicare un’ampia gamma di sentimenti tramite l’uso del solo volto e dello sguardo.

Insomma, è un Fatih Akin diverso, oserei migliore, che raggiunge un pubblico più ampio e sfaccettato, The Cut una di quelle storie forti che è necessario raccontare e ricordare, anche per salvare dall’oblio casi ed eventi che la Storia, spesso, rischia di dimenticare.

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