Il 5 marzo, dopo una lunga lotta, Hugo Chavez si spense. Non era passato neanche un anno dalla sua terza rielezione, il 7 ottobre 2012, grazie alla modifica della costituzione voluta nel 2004 per ricandidarsi una terza volta e battere con il 55,25% dei voti il governatore dell’Orinoco, Herique Capriles Radonski. La vittoria fu minore rispetto alle attese, ma dimostrò ugualmente come la maggioranza delle persone sosteneva ancora il loro Leader. Impossibilitato nel governare per sostenere le cure a Cuba, a dicembre affidò il potere al suo vice, Nicolas Maduro, che in breve tempo sopperì il presidente in tutte le funzioni diventando il candidato del partito Bolivarista nelle elezioni di domenica 14 aprile.
Figlio di un sindacalista, da giovane entrò come autista nella compagnia dei trasporti cittadini assumendo in breve tempo incarichi sindacali all’interno di essa. Negli anni ’80 si avvicinò al Movimento per il Socialismo e al loro leader José Vincente Rangel, di cui fu anche sua guardia personale. In questa fase conobbe l’ufficiale dei paracadutisti Hugo Chavez e il suo Movimento Rivoluzionario Bolivariano 200, anche se non abbiamo notizie di un suo coinvolgimento nel colpo di stato del 1992. Maggiori notizie emergono dalla fine di detenzione di Chavez e la candidatura di quest’ultimo alle elezioni del 1998. Maduro, infatti, fu tra i sostenitori della prima ora, nonché tra i fondatori del Movimento della Quinta Repubblica, partito con cui vinsero le elezioni in quell’anno.

Per quanto riveli la stima di Chavez, nel ruolo non emerge. Nicolas non conosce nessuna lingua straniera e nella crisi con la Colombia assunse una politica attendista diventando semplice portavoce delle decisioni di Chavez, di cui ricordiamo la cacciata della delegazione colombiana dal paese e il posizionamento di brigate corazzate al confine in risposta alle accuse di Uribe di sovvenzionare le FARC. In questo periodo si sviluppò la rete di solidarietà tra paesi sudamericani in chiave boliviariana, a iniziare dalla Bolivia di Morales e l’Ecuador di Correa, quest’ultima si aggiungeva la piattaforma anticolombiana dopo l’attacco dell’esercito di Bogotà alle basi FARC poste in Ecuador. Di seguito arrivarono anche gli altri paesi in cui spiccarono due colossi del continente come Brasile, ma soprattutto l’Argentina di Kirchner.

Finita l’esperienza da ministro degli esteri, la presa della vicepresidenza non è stata facile, perché le difficoltà riscontrate a Chavez portarono a comprendere come il vice sarebbe diventato l’erede del progetto bolivariano e nella “cerchia della fiducia” la gara fu tra Maduro e Diosdado Cabello, presidente dell’Assemblea Nazionale ed ex commilitione di Chavez. Tuttavia i militari sono riusciti a far pendere l’ago della bilancia verso Maduro concedendogli la vicepresidenza prima e la presidenza a interim con candidatura per la poltrona di Miraflores.

Per concludere, c’è molto interesse a vedere cosa realizzerà nel suo futuro mandato anche perché girano voci di una modifica della politica estera, con maggiori aperture verso paesi precedentemente ritenuti ostili, militari permettendo, e come gestirà le riforme sociali attuate grazie alla produzione petrolifera e alla maggiore produzione di denaro, che tuttavia sta creando un problema di iperinflazione al momento gestibile perché la spesa pubblica occupa ancora un quinto del PIL nazionale.