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Venti chilometri di passione-Capitolo 20
Creato il 25 luglio 2014 da Lorenzo Zuppini @lorenzozuppiniQuell’anno riuscimmo ad organizzare un capodanno migliore dell’anno prima, ovvero decidemmo di andare a casa in montagna di un’amica di Giulia che già io avevo conosciuto l’anno prima al mare. Si chiama Francesca, ha gli occhi scuri, le ciglia che gli conferiscono molta profondità e il viso pulito, con pochissimo trucco. Io portai con me Lorenzo, con Giulia e Francesca c’erano altre quattro loro amiche, due delle quali già conoscevo.
Il 30 dicembre partimmo io e Lorenzo con la macchina di mio padre alle 7 in punto, faceva un freddo cane a quell’ora ed eravamo carichi di bagagli come se avessimo dovuto star fuori per settimane. Andammo a Pietrasanta a prendere Giulia e poi di gran carriera in Piemonte, a Santa Maria Maggiore. Arrivammo perfino un’ora prima della padrona di casa ed appena arrivò andammo a consumare un ottimo pranzo in paese. Iniziammo a bere un po’ troppo presto forse, ed infatti quella giornata e quella sera furono molto movimentate.
Il giorno dopo io con Lorenzo e Francesca andammo a sciare una mezza giornata, ed io fui quello che si divertì meno in quanto a metà di una pista mi si ruppe lo sci destro e quindi finii in anticipo, per fortuna gli altri due avventurieri ebbero pietà e non mi abbandonarono per troppo tempo.
Pranzammo ad un rifugio, mangiammo riso con salsiccia e uova e bevemmo del vino, molto vino. Alle 4 di pomeriggio inziò a fare buio e allora tornammo in paese per fare un giretto tra le vetrine illuminate per quelle strade estremamente curate con la neve ordinatamente accatastata sui bordi. Ricordo che una via del centro aveva la stessa pavimentazione che ha casa mia alle Focette, mi sentii ancora più contento d’esser lì.
Le strade ordinate e ordinatamente addobbate per Natale mi mettono di buon umore e se ci unisci anche un po’ di vino, un bel po’ di vino, trovi la persona più contenta di sempre.
È già passato più di un anno da quei due giorni perfetti passati con la persona perfetta, è sera e sto ascoltando Piazza grande cantata da Dalla e De Gregori. Malinconia e stupore per questi due… credo che non sarà una bella serata, ma almeno così posso sbatacchiare ciò che mi tormenta e mi lusinga la mente su di un foglio, anzi schermo, e magari ne diminuirà il tragico effetto… Rubo l’amore in piazza grande!
Quando tornai con Lorenzo e Francesca a casa di quest’ultima trovai Giulia con le altre sue amiche chine sul tavolo di cucina intente nello studiare delle carte, suppongo, riguardanti un esame imminente che avrebbero sostenuto al nostro ritorno. Al nostro brutto e stupido ritorno alla vita normale, quel maledetto momento in cui ti senti depresso come un bambino e ti viene da fare lo scontroso con chiunque, apparte le nonne per quel che mi riguarda. Giulia aveva i capelli disordinati e raccolti sulla nuca con un elastico mal messo, e aveva un felpa e un paio di miei pantaloni di tuta della Fruit of the loom, l’unico paio che non le stessero esageratamente larghi. Era riuscita a studiare tutto il pomeriggio e quando ci penso mi viene da assumere un’espressione incredula e divertita, se poi penso allo scarsissimo impegno che metto io nei miei studi, invece mi sento terribilmente in colpa.
Adesso sto ascoltando Canzone cantata sempre da Dalla e De Gregori, in uno di quei loro concerti chiamati Work in progress… la serata sta davvero prendendo una brutta piega. Stare lontano da lei non si vive, e stare senza di lei mi uccide.
Bevemmo ancora, soprattutto io e Lorenzo ed iniziammo la cena.Ero talmente ubriaco che passai la serata a maniche corte con quindici gradi in casa. Per un periodo della cena io e lui pasteggiammo con long drinks che ci preparavamo sul momento, suscitando lo stupore e il disgusto di quasi tutti, poiché Giulia disapprovava e basta, a certe cose si era abituata. E Giulia cucinò molto e bene, e devo dire che pure lei aveva bevuto un po’, ma non troppo.
A mezzanotte quando iniziò il contro alla rovescia e noi maschi ci armammo di fuochi d’artificio dovevamo ancora iniziare a consumare il secondo, infatti finimmo la cena verso l’una e mezzo del mattino.
Contravvenendo alle disposizioni della padrona di casa io mi fumai a tavola anche un paio di sigarette, o come le chiamano loro milanesi un paio di sizze. Perché il loro accento fa venire in mente una persona raffinata e spocchiosa? Forse perché si pensa che lassù siano tutti così e quindi si associa il loro modo di parlare con queste due caratteristiche… a modo mio, quel che sono l’ho voluto io!
Terminammo i festeggiamenti in un piccolo disco pub del posto, litigammo ferocemente con dei ragazzi ma poi, non so come, tornammo a casa incolumi e felici ed ubriachi. Dormimmo nel divano letto in salotto io, Lorenzo e Giulia, mentre la sera prima ci dormii solo con lei. Ad un certo punto sentimmo un pauroso craaacke scoprimmo che quella specie di letto non era fatto per sostenere tre persone, quindi io e Lorenzo dormimmo per terra in un sacco a pelo e lasciammo in pace Giulia nella parte del letto rimasta intatta. Fu una decisione cavalleresca ma avventata, visto che la mattina dopo mi sorbii i seicento chilometri per tornare a casa.
Portammo Giulia a Pietrasanta dai suoi genitori, salimmo in casa e la Piera mi diede il loro regalo e io gli diedi il mio. Loro mi regalarono un plaid enorme bianco e rosso e con disegni natalizi, me ne innamorai. Io gli regalai un libro di cucina specializzato in piatti toscani, accompagnato da un biglietto. Ci scrissi: con la speranza che questa “ventata” di toscano porti solo del bene, vi auguro un buon Natale e un felice anno nuovo. Un abbraccio, Lorenzo. Se ci penso adesso mi commuovo, e non so perché, e le canzoni che mi stanno accompagnando in questa tragicomica serata non aiutano affatto. Io mi sono affezionato fin troppo a Piera e ad Umberto, davvero troppo.
Dopo questi divertenti e romantici e familiari eventi arrivammo immediatamente al mio compleanno, dopo che io ebbi sostenuto tre esami e Giulia anche di più. Ci vedemmo ovviamente dopo la data precisa della mia festa, e passammo due giorni indimenticabili a casa sua a Pietrasanta, non da me alle Focette. Pochi chilometri di distanza tra le due, situate nel solito magnifico ed immenso ed intramontabile posto ma, al contempo, per me una differenza abissale. Ho già spiegato cosa sia per me la casa alle Focette e come Pietrasanta abbia invaso il mio cuore, ed infatti quel piccolo appartamento, perfetto nella sua semplicità ed impeccabile nel suo ordine, per me è un nido.
Facemmo, in quei due giorni, almeno due volte la spesa, e Giulia comprò la verdura non al supermercato ma dal fruttivendolo sotto casa sua, e in poche volte come in quelle ho desiderato veramente con tutto me stesso che il nostro amore potesse durare per sempre e che quelle stesse situazioni potessi viverle per altri tanti e tanti anni, magari accompagnato da dei figli, magari una bambina perfetta come Giulia e un maschietto scapestrato com’ero io da piccolo.
Dormimmo nel suo letto, poiché se ne può estrarre uno dal sotto così da formare un assai precario letto matrimoniale che poi però si divide durante la notte lasciando in mezzo a sé una sciagurata apertura larga non più di quindici centimetri.
Facevamo colazione a letto o davanti alla tivù, e poi pranzavamo e Giulia imitava delle ricette di Julia Child, la protagonista di quel fantastico film intitolato Julie e Julia con la spettacolare Maryl Streep.Il secondo giorno organizzò in casa una caccia al tesoro per farmi trovare dei piccoli regali che componevano l’intero regalo per il mio compleanno. Ridevo durante il gioco e Giulia non resisteva dal darmi consigli così da poter vedere la mia faccia compiaciuta e soddisfatta. Alla fine mi fece trovare un foglio con incollata sopra l’intervista ad una donna politica che io apprezzo molto, e sull’altro lato del foglio Giulia ci scrisse l’”Attestato di partecipazione alla caccia al tesoro”. Eravamo seduti al tavolo di cucina, io a capotavola e lei alla mia destra. Lessi quello scritto, l’inconfondibile scrittura rotondeggiante della mia bambola e mi sciolsi in un pianto, profondo e liberatorio. Ne avevo bisogno, perché in due giorni Giulia è capace di viaggiare a giri così alti da farti rimanere senza fiato, quasi inespressivo e l’unico modo immediato e diretto che hai per farle capire che ha fatto centro un’altra volta è piangere.
Le misi la mia testa tra il collo e la spalla, come sempre d’altronde, e lei mi strinse a sé. Senza muscoli ma con una forza disumana. Dio quanto l’amavo.
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