Il 26 febbraio 1983, dopo un’estate in cui i killer mafiosi uccisero 21 uomini in appena 14 giorni nel “triangolo della morte” (Casteldaccia, Bagheria, Altavilla Milicia), si svolse la prima marcia antimafia da Bagheria a Casteldaccia lungo la strada dei valloni. Trent’anni dopo, con meno capelli, qualche chilo in più, ma la stessa voglia di gridare contro la mafia, gli organizzatori di allora si sono ritrovati su quelle stesse strade. Ecco il resoconto dello scrittore Giorgio D’Amato.
Mignazza, penso io, questa idea è bella forte: ci eviteremo i discorsi retorici dei politici di turno che come conoscono loro la ricetta dello stufato di cavoli manco mia nonna ai tempi di fame e guerra mondiale. Se i politici non possono parlare, si suppone che non ci saranno. Macchè: il nuovo politico, quello dell’era di facebook, non gliene frega niente di parlare in pubblico, lui in mezzo alla gente ci va per farsi fare le fotografie, che poi le mette su facebook e dimostra impegno sociale. E così sarà.
Il fiume di studenti che arriva in piazza trova un palchetto conzato come una cassata tricolore: alle spalle lo stendardo con la scritta Trent’anni di marcia antimafia, e sul palchetto il presidente della provincia e una bella manata di sindaci che quelli che conosco sono tutti di militanza o provenienza PDL.
Sono proprio belli: il presidente della provincia in mezzo, i sindaci ai lati. E sono generosi nel donare sorrisi paterni agli studenti che leggono cose belle contro la mafia (dieci e lode alla ragazzina che conclude il suo intervento tirando fuori un fazzoletto rosso). Li guardano come se fossero figli loro. Che io invece guardo a loro e mi pare di leggergli nel pensiero, e nel pensiero gli leggo quella frase che certe volte è scritta nei muri dei cimiteri: eravamo come voi, sarete come noi.
Mah! Certe scenette non si possono taliare: mia nonna – quella della pasta e cavoli – direbbe che c’è da restare allibiti (idda non aveva le scuole basse, alluccuti non lo diceva). Alcune professoresse con cui ho parlato dice che rimasero sconcertate però sopportarono.
Uno con la bicicletta si è messo a gridare “Giù i politici dal palco” – mignazza come gridava! Manco dieci secondi e già aveva otto carabinieri alle sue spalle. Allora la moglie di questo con la bicicletta è andata a dire ai carabinieri: lasciatelo stare, è ddu cretino di mio marito, scrisse un libro contro la mafia e non gli bastò per sfogarsi, deve fare a tutti i costi il pulcinella.
Comunque la giornata è finita come trent’anni fa: è arrivata ora di pranzo e tutti se ne sono andati a mangiare. Quello con la bicicletta ha incontrato Vito Lo Monaco, che veramente veramente lo aspettava al varco, e gliel’ha chiesto: “Ma una cosa dal basso non si poteva fare? Solo le scuole, senza le istituzioni”. Iddu rispose di no, che le istituzioni ormai ci vogliono.Della marcia di trent’anni fa rimangono il ricordo e gli ucci ucci sento odor di mafiosucci che i ragazzi gridavano girando per le vie del paese di Casteldaccia, di quella di quest’anno resteranno le fotografie su facebook di uno stendardo, di un po’ di studenti che leggono e dei politici PDL tra lo stendardo e i lettori. E magari magari pure qualche foto di studenti che hanno marciato credendoci vero, che meno male che la maggior parte di loro non lo sapeva di che partito erano quelli che si trovavano sul palco, sennò alla marcia manco ci andavano.
Le foto sono tratte dal servizio di Marina De Santis