Lobbista, sost. m. (e, seppur raramente, f.)
Questa è una parola entrata da poco nella nostra lingua ed è un calco dell’inglese lobbyst. Il termine lobby deriva dal latino tardo laubia – peraltro è la stessa etimologia dell’italiano loggia, e questa parola già provoca a noi italiani un brivido lungo la schiena – e significa propriamente loggia, tribuna, e quindi, per estensione, la tribuna del pubblico nelle aule parlamentari. Il lobbista è chi, pur non avendo una carica pubblica e quindi non sedendo nelle sedi deputate, è capace di avere un ruolo – e un potere, spesso considerevole – nella vita pubblica, condizionandola. Immagino che Primo Greganti possa essere definito un lobbista e forse non disdegnerebbe questo appellativo.
Non ho conosciuto personalmente Greganti, immagino soprattutto per ragioni anagrafiche: quando io ho cominciato a lavorare nel partito lui era già stato arrestato, la prima volta. Altrimenti, visto il lavoro che facevo in quegli anni, credo proprio che avrei avuto la probabilità e l’occasione di incontrarlo. Sinceramente non so se sia uno che “lavorava” in proprio o uno che agiva esclusivamente in nome e per conto del partito.
Ricorderete che all’epoca di Mani pulite i giornali che non ci erano amici – ma anche qualcuno che fingeva di esserci vicino – lo presentò come una sorta di campione della fedeltà al partito: il “compagno G“, come cominciarono a chiamarlo, venne descritto come quello che, trovato con le mani nella marmellata, fece il sacrificio di prendersi tutta la colpa, senza tirare in ballo il partito, come fecero invece i suoi “colleghi” che svolgevano lo stesso lavoro per la Dc e soprattutto per il Psi. In qualche modo Greganti divenne perfino un personaggio positivo, in quel mare melmoso di traditori e delatori.
La verità non la so e probabilmente, come dicevano gli antichi, sta nel mezzo, perché Greganti in quegli anni – e anche molto recentemente, a quanto pare – operava in una zona grigia dove è molto difficile individuare le responsabilità personali e distinguere tra cosa è lecito e cosa non lo è.
Come dicevo, in quegli anni non ho conosciuto Greganti, ma ho conosciuto diverse persone che facevano un lavoro simile al suo, che oggettivamente non è facile da definire. Sono persone che stanno al centro di reti di relazioni, che conoscono moltissime persone, che favoriscono incontri e faciltano affari, sono appunto quelli che negli Stati Uniti chiamano lobbisti e che noi non avevamo una parola per definire, per cui ci siamo affidati a questo termine inglese.
Il problema per queste persone non è propriamente la loro onestà o la loro disonestà – anche se ovviamente questa distinzione è determinante per la loro fedina penale, oltre che per la loro coscienza, quando ce l’hanno – ma il fatto che lavorano nel ventre molle della nostra società, dove c’è perfino più incompetenza di quanta sia la disonestà, che pure è tanta e diffusa. Il Gatto e la Volpe sono certamente due ladri e due imbroglioni, ma non andrebbero probabilmente molto lontano se non trovassero qualcuno disposto a credere che le monete possano moltiplicarsi, semplicemente piantandole per terra.
I lobbisti nostrani vivono proprio grazie a questa incapacità diffusa, ad esempio nella pubblica amministrazione, ma anche in gran parte del tanto decantato privato. Prosperano grazie alla mediocrità di persone che, pur avendone la funzione e la responsabilità sulla carta, non sanno prendere una decisione da soli e quindi si affidano a qualcuno che pensano possa aiutarli, colmando le loro lacune. Si alimentano in una rete di favori reciproci, per cui tutti tendono a fare le stesse cose e soprattutto a non scontentare nessuno. Il problema non è tanto incontrare questo o quel personaggio – anzi avere l’opportunità di conoscere più persone o più offerte può essere utile e quindi il lavoro di questi “facilitatori” di incontri può davvero servire, in molte occasioni – ma capire chi sia quello che ti sta di fronte e soprattutto se ti proponga una soluzione e un’opportunità o una fregatura e un un imbroglio. Troppo spesso chi decide accetta la proposta del lobbista di turno, solo perché non sa che pesci pigliare e si affida al primo che passa, magari consigliato da qualche amico. O da un amico degli amici.
Si può anche decidere di incontrare il diavolo – a volte è inevitabile – l’importante è non acquistare da lui le pentole.
Ecco i lobbisti vivono in questa mediocrità incompetente ed arrogante, fatta di meschinerie, indecisioni, rinvii, furberie, prevaricazioni, che è il brodo di coltura della nostra società, il vero carattere orginario del nostro paese. E naturalmente in questa mediocrità è più facile essere disonesti. Ovviamente gli stessi lobbisti condividono con la classe dirigente di questo paese – di cui fanno parte a tutti gli effetti – questa stessa mediocrità e di questo tutti paghiamo le conseguenze. A suo modo aveva ragione Craxi quando definì Mario Chiesa un “ladro di polli”: spesso questi non sono neppure capaci di rubare.
Mi pare significativo il caso di Expo2015, i cui vertici, uno dopo l’altro, vengono inquisiti ed arrestati, insieme alla rete di faccendieri, lobbisti, consulenti vari, che hanno messo le mani sui tanti soldi che girano intorno a quel progetto. Di Expo mi è già capitato di parlare, alla voce retribuzione, per il fatto delle persone non pagate o sottopagate che lavoreranno all’evento. Leggiamo con soddisfazione che ora questo problema è stato parzialmente risolto, visto che alcune persone che lavorano intorno a quella manifestazione, per quanto non giovanissimi e di prima esperienza – come il compagno G – sono stati retribuiti. Indubbiamente Expo è davvero la vetrina di quello che è capace di offrire il nostro paese, non capisco perché trovi tanti detrattori.
Scherzi a parte, evidentemente anche la politica condivide questa crisi, se in questi anni non ha avuto la capacità di sviluppare anticorpi per immunizzarsi da personaggi come Greganti. E anche noi non siamo riusciti ad essere quell’eccezione che pure ci vantavamo – o ci illudevamo – di essere. Greganti e quelli come lui stavano al nostro fianco, a volte ci davano una mano, spesso si approfittavano di noi e noi non abbiamo fatto abbastanza per allontanarli. Fino a che la mediocrità non ci ha travolto. Anzi a lei ci siamo arresi, consegnando le chiavi – e le casse – del partito al compagno R.
E adesso il diavolo non ha neppure più bisogno di noi per piazzare le sue pentole; anzi ha cominciato a produrre anche i coperchi.