Precario, agg. e sost. m.
Questo è uno dei non rari casi in cui l’etimologia è tutto, basta da sola a raccontare una parola. Questo aggettivo ha la stessa radice di preghiera: deriva infatti dal latino prex, precis e significa propriamente ottenuto con preghiere, concesso con grazia. In seguito ha assunto il significato attuale ed è diventato sinonimo di incerto. Precario è ciò che da un momento all’altro può subire un cambiamento, in genere in negativo; quando vi dicono che una situazione è precaria, vuol dire che è destinata, inesorabilmente, a peggiorare.
In questi ultimi anni precario – e naturalmente anche la forma femminile precaria – sono poi diventati sostantivi; precario indica una persona che ha un rapporto di lavoro temporaneo, senza garanzie di continuità e di stabilità, in genere legato a un contratto a termine. E qui, con tutta evidenza, torna il significato etimologico del termine, perché si tratta in genere di un lavoro concesso con grazia e ottenuto con preghiere.
In questi anni i teorici dell’ultraliberismo, dall’alto del loro sapere accademico – e comunque garantiti dalla loro bella cattedra a tempo indeterminato – ci hanno spiegato, con dovizia di particolari, che questa precarietà non deve essere considerata negativamente, ma anzi deve essere apprezzata, specialmente dai giovani, che la devono vivere come una grande opportunità loro concessa.
Le giovani e i giovani devono ringraziare di non essere più prigionieri di un lavoro fisso, a tempo indeterminato – la “sciagura” capitata ai loro genitori – e di avere la possibilità di cambiare molti lavori durante la loro vita. Questa precarietà, questo stare sempre sul filo, serve a mantenerli sempre giovani, come una sorta di elisir di lunga vita. Per questo motivo si cerca ora di estendere la precarietà, di metterla a disposizione anche di altre generazioni, fino agli anziani, proprio con questo spirito terapeutico, per farli tornare ad essere giovani.
Proprio grazie a questi nuovi contratti – che una volta chiamavamo atipici, ma che adesso sono diventati molto tipici – i giovani non devono più sobbarcarsi onerosi mutui, non devono più avere la preoccupazione di acquistare casa, non devono più avere il pensiero di costituire una famiglia e di avere figli, con tutte le complicate e costose conseguenze di questa antica istituzione, figlia del Novecento. La precarietà favorisce l’amore libero e non è certo un caso che una parte di questi teorici dell’ultraliberismo si siano formati proprio nel Sessantotto, ai tempi della libertà sessuale.
Un altro grande vantaggio dei precari è quello che non si ammalano mai, diventano immuni a qualsiasi malattia, dal raffreddore alla malaria, visto che i loro contratti non prevedono che uno di loro si ammali. E vedete quindi quali benefici questa precarietà porti alla salute pubblica.
E il precario, proprio in forza della sua duttilità e della sua flessibilità, sa fare di tutto, non ha bisogno di formazione. Mi hanno raccontato di un posto di lavoro in cui tutti i dipendenti sono apprendisti e non c’è nessuno che insegni. Non so voi, ma a me questa cosa ha entusiasmato: finalmente vedo realizzata una forma di socialismo utopico.
Il precariato, come vedete, è una bella cosa, sono proprio fortunati i giovani d’oggi a vivere in un mondo così. Bisogna dunque favorire il lavoro precario e per fortuna il nuovo governo, così attento ai problemi dei giovani, ha deciso di affrontare fin da subito il tema. Senza tentennamenti.
Infatti, a causa di una norma liberticida, chi assumeva doveva spiegare per quale motivo il lavoratore veniva assunto a tempo determinato e non a tempo indeterminato, doveva giustificarsi. Vedete la bizzarria: è come chiedere a san Gennaro perché ha fatto la grazia a Ciro e non ad Antonio. Ora finalmente questa causale non serve più: il datore di lavoro ha la possibilità di assumere a tempo determinato e non deve dare nessuna giustificazione; ci mancherebbe altro.
Renzi è riuscito a fare quello che Monti e Fornero avevano solo cominciato, senza convinzione. E non solo. In cambio di questa riforma il governo ha graziosamente offerto 80 euro mensili in busta paga a chi lavora già. Vedete il genio dell’uomo, non per niente nato nella terra di Leonardo: chi lavora già riceve un premio affinché chi non lavora ancora non possa mai avere un posto fisso.
Il precario è quindi qualcuno che sa di dover cominciare a pregare: prima prega il datore di lavoro, chiedendogli di essere assunto, poi prega di essere pagato – come ho spiegato nella definizione di “retribuzione” non è affatto scontato che chi lavora sia anche pagato – e infine, alla scadenza del contratto, prega di essere riassunto. Una persona così disposta alla preghiera sarà sicuramente un ottimo lavoratore. E se non sarà riassunto, un altro al suo posto avrà quell’opportunità e lui potrà cominciare una nuova avventura in una nuova azienda.
Ora et labora.