Prorogare, v. tr.
Questo è uno dei verbi più squisitamente italiani, una parola che racconta meglio di altre il nostro paese.
Come al solito, partiamo dall’etimologia. Il verbo latino, da cui deriva senza modifiche quello italiano, è composto dal prefisso pro e dal verbo rogare, che significa interrogare. Secondo l’autorevole dottrina di Ottorino Pianigiani, anticamente il suo significato era
interpellare il popolo unito in assemblea se doveva ad alcuno essere differita qualche incombenza.
Ben presto “lor signori” hanno smesso di chiedere il parere del popolo unito in assemblea e hanno cominciato, con sempre maggiore frequenza, a prolungare oltre il termine stabilito quello che a loro conveniva.
Dalla fine del 2005 sentiamo parlare di decreto Milleproroghe, un’invenzione tutta italiana, l’espressione più autentica e geniale del made in Italy. In quell’inverno del nostro scontento era presidente del consiglio Silvio Berlusconi e il governo ritenne necessario intervenire urgentemente per prorogare al 2008 la “completa conversione del sistema televisivo su frequenze terrestri dalla tecnica analogica alla tecnica digitale“.
Per non dar adito alle solite polemiche dei comunisti, che allora dicevano che Berlusconi si occupava unicamente dei propri interessi televisi, il governo aggiunse un bel po’ di altre proroghe - anche se non proprio mille – visto che evidentemente non aveva avuto il tempo di occuparsi di altri temi parimenti importanti, come l’obbligo di dotare i camion e i rimorchi delle strisce retroreflettenti, la cui introduzione fu posticipata di un anno, e il rinnovo del consiglio dell’Istituto storico del Risorgimento, i cui membri, nominati dal secondo governo Salandra, furono parimenti prorogati.
L’idea fu talmente geniale da spingere tutti i successivi governi – Prodi, ancora Berlusconi, infine Monti – a chiudere ogni anno la propria attività amministrativa, proprio negli ultimi giorni di dicembre, con un decreto Milleproroghe, per sistemare tutte le cose urgenti non fatte nel corso dell’anno.
come Coppi e Bartali: non si è mai capito chi ha passato il Milleproroghe
E anche Letta non ha voluto essere da meno e ha varato il suo bel Milleproroghe, il primo di una lunga serie, temo.
La cosa curiosa è che con il passare degli anni e dei governi questo decreto è diventato sempre più corposo, finendo per diventare una sorta di piccola finanziaria. Il Milleproroghe è diventato la coperta di Linus dei presidenti del consiglio, la rete di protezione dei governi.
Con quanta maggior tranquillità i nostri ministri hanno potuto – e possono – svolgere il loro ingrato e gravoso compito, sapendo che comunque, a fine dicembre ci sarebbe stato il Milleproroghe. E l’oscuro deputato poteva – e può – sempre sperare che la leggina per finanziare la sagra del suo paese sarebbe finita nelle pieghe del Milleproroghe. E l‘intrallazatore – così si chiamano in Italia i lobbisti – è tranquillo, tanto sa che c’è il Milleproroghe, che nessuno legge e in cui può infilare di tutto.
E’ come se il 30 dicembre il presidente del consiglio in carica – chiunque sia – in carica urlasse: pace libera tutti. Appena in tempo per andare a casa a mangiare le lenticchie, che portano tanta fortuna.
p.s.
ho scoperto solo adesso che tra le mille proroghe previste dal governo c’è il “completamento dell’attività del commissario per interventi infrastrutturali nelle zone colpite dal terremoto del 1980″…