Che a Pupi Avati piacesse cimentarsi nell’horror lo sapevano tutti. Io, fino a poco tempo fa, dei suoi avevo visto solo Il Nascondiglio con Laura Morante, che mi aveva spaventato tantissimo, ma credo sia dovuto al fatto che a me viene un infarto pure se il vento fa sbattere una porta.
Qualche giorno fa, però, ho avuto l’occasione di guardare il trailer del suo ultimo lavoro del terrore e devo dire che gli è riuscito benissimo: inquietante, criptico e carico di tensione, il nuovo spot del Frecciarossa 1000 porta Avati una spanna sopra a Dario Argento.
Lasciate quindi che vi racconti nei dettagli la trama di Frecciarossa 1000. Così bello che non vorresti scendere mai.
È l’estate del 1931. I piccoli orfani stanno per andare in vacanza a Cervia, dove vedranno il mare per la prima volta nella loro vita. Lo si intuisce dalla suggestione di quello sciame di ragazzetti che entrano in mare in una specie di D-Day al rovescio: una pennellata, o se preferite una secchiata, di indizio.
La direttrice dell’orfanotrofio spinge i bimbi all’interno dei vagoni di un treno merci come retine di patate, ma mica li conta: tanto li pagano al chilo, mica al pezzo! Stipato l’ultimo scompartimento, la direttrice serra la porta stagna in modo che in caso di incendio non rimanga che la cenere per concimare, e il treno se ne parte.
In conseguenza a questo comportamento scellerato che omette l’appello, uno dei piccini, che noi chiameremo Alberico, è rimasto a terra. Con onestà, è difficile trattenere le lacrime: gli altri bambini lo salutano, sembrano felici che il loro compagno sia stato dimenticato a terra, ma come si può gioire per le disgrazie altrui?
E Alberico rimane lì, con quel berrettino da fornaretto appoggiato in testa, una bretellina calata della salopette nera a calzoncini corti che in confronti Nicki Minaj si copre. Li guarda scoparire sul loro treno a carbone, reggendo la valigetta da migrante nella destra e un portapranzo in cuoio nella sinistra, ma è così piccolo ‘sto portapranzo che dentro ci saranno al massimo quattro noci e un uovo sbattuto.
Si rabbuia di rancore, Alberico. Io vi perdono, ma ci rincontreremo, sembra dire.
“Vedremo se riderete ancora dopo che vi avrò uccisi tutti!”
Ma non si muove, non protesta, non urla alla direttrice che lui è una patata mancante; rimane come uno stoccafisso davanti all’inevitabile. Alle sue spalle, sopraggiunge il Frecciarossa 1000, che nelle intenzioni dei creatori è il futuro che arriva mentre Alberico guarda il passato che se ne va, ma finisce per essere una metafora che dice se perdi il treno nel 1931, il prossimo arriva nel 2015 e se non stai accorto e perdi pure quello, facile che quello dopo ancora sia un’astronave nel 2099.
Alberico si volta e ammira il treno, finché un loschissimo macchinista sbucato dall’ombra gli chiede:
«Vuoi salire?!»
Sebbene quello sguardo da Willy Wonka degli autoferrotranvieri spaventerebbe chiunque, Alberico accetta l’invito impassibile, coerente con la peggiore freddezza da criminale psichiatrico. Si spalanca la carrozza 8: Alberico, a bretelle finalmente riunite, sale a bordo, spingendo coi ginocchietti la sua valigia lisa attraverso il lussuoso vagone. Non c’è alcun altro passeggero, da nessuna parte, probabilmente perché si tratta del treno che porta nell’aldilà. La dimensione sovrannaturale si evince dal fatto che nella carrozza l’addetta abbia lo stesso berretto di Alberico e che lo saluti senza dopo aggiungere «Mi dispiace, siamo chiusi» né «Mi sono rimasti solo i Tuc.»
Alberico supera la sala conferenze e le poltronissime Vip mentre l’universo circostante si smaterializza e tutto l’ambiente si agita in modo insopportabile.
L’omaggio di Pupi Avati a Shining
«Vieni!»
Lo invita il macchinista. Non andare, Alberico! È un tranello!
Ma Alberico, che non prova emozioni superflue come la paura, ci va, camminando a mo’ di anatroccolo ingrigito reggendo i suoi miseri bagagli, subito arpionato dal braccio dell’uomo.
«Vuoi che li raggiungiamo?»
E in che modo pensi di fare, pezzo di deficiente, li segui a vista e poi li tamponi finché non si fermano? Che poi, parliamone, sei arrivato quando il treno coi bambini era già bello che andato, quindi chi, esattamente, vorresti raggiungere?
«No, non voglio scendere più.»
Risponde Alberico, con una faccia che lascia intendere che se lui dice che non si scende, non si scende e che quello sarà il viaggio finale di entrambi, in un modo o nell’altro.
“Guarda bene la mia faccia, perché sarà l’ultima cosa che vedrai!”
«E allora facciamolo fischiare!»
Replica senza alcun collegamento il macchinista, mentre notiamo dal labiale che sta parlando al contrario come le creature demoniache – d’altronde per non spaventarsi davanti al bambino più inquietante dal 1931 in poi bisogna essere fatti di una certa pasta.
Alberico (che, come ormai abbiamo capito, è la Morte) si appropria subito dei comandi, fischia in modo irritante e tamarro e lancia il treno a velocità suicida.
“Prendi questo, lungomare di Cervia!”
Si staccheranno dai binari e punteranno in direzione dell’universo extraterrestre, dove soffocheranno orribilmente in mancanza di ossigeno (sì, anche la venditrice di Tuc in carrozza 3).
I detriti del treno piomberanno sulla spiaggia di Cervia nel 1931, uccidendo tutti gli orfani della colonia, impegnati nei loro italici esercizi. Tra loro, c’era un bambino che se fosse cresciuto sarebbe stato padre di un pezzo grosso di Trenitalia. Secondo gli astri, il figlio dell’orfano in colonia avrebbe dovuto, nel 2015, discutere dello spot con Pupi Avati. Sarebbe stato perplesso sin dall’inizio e poi, dopo averlo visto, avrebbe urlato «Cos’è sto schifo?» inducendo tutti a riconsiderare la realizzazione dell’idea e, perché no, l’IDEA STESSA. Ma Alberico, in quanto Morte, conosceva in anticipo il futuro e ha fatto in modo che, al disintegrarsi del treno, una poltrona della saletta conferenze piombasse proprio sul futuro padre del pezzo grosso di Trenitalia, in modo da poter essere all’infinito protagonista di uno spot all’insegna del disagio emotivo, in un loop temporale che si esprime nella messa in onda continua e che è la vera essenza dell’horror e per questo credo siamo davanti a una pietra miliare del genere.
Si dice che le molecole di Alberico siano ricadute nell’atmosfera, rendendo i volpini di Pomerania isterici e malvagi e portando astenia negli impiegati delle biglietterie Trenitalia.
Eggrazie che i compagni erano contenti che fosse rimasto in stazione.