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Verrai a trovarmi d’inverno – la bandella (di Concita de Gregorio)

Creato il 02 marzo 2011 da Cristiana

“Dell’ordinaria gestione del dolore di cui ciascuno di voi sa, per quanto lo si occulti e non si nomini, la famiglia di cui racconta Cristiana Alicata in questa storia, è una specie di almanacco virtuoso. Una sorta di apologo esemplare su come, dalle assenze e dalle perdite, sempre fioriscano la forza, la sorpresa, l’incontro, la conoscenza di sé e del mondo. Per quanto tardi accada, faticosamente, inaspettatamente, seguendo vie tortuose e non proprio desiderate, non esattamente quelle che potendo scegliere avreste scelto, va così: vince la paura chi la attraversa, sconfigge il dolore chi sa guardarci dentro. Si illumina chi ha imparato a vivere al buio e ha pensato, persino, che fosse quella la regola. Una luce fioca alla quale abituare lo sguardo come nelle case di Pantelleria, così scure che accecano.

È poi una storia di sentimenti delicatissimi e fragili, di normalità di confine tutta da conquistare, di nomi da restituire alle cose e agli eventi, da nominare per la prima volta o rinominare da capo. Una famiglia esemplare cresciuta sulle rovine di due famiglie impossibili, famiglie mai nate, abortite prima di esistere. Due uomini, i loro figli bambini. Due fratelli che non sono fratelli, due amici che non sono amici, due donne che hanno partorito i figli e non possono essere madri, un bisogno di amore che il ragazzo Mattia chiama amore, un amore che non si può dire perché la ragazza Elena non sa, la ragazza Viola che non vuole e non può.

Nella tranquilla scansione dei giorni, in un ristorante che apparecchia ogni sera, crescono come se il mondo fosse cominciato in quella cucina e lì finisse i due bimbi come fratelli, figli di soli padri e di un tempo vicino ma remoto, rovente e devastante. Come un’onda che avanza e sempre si ritrae arrivano nel presente schiume di una giovinezza vissuta a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, dopo il ’68 ma prima del ’77, una foto in bianco e nero, una parola, una folla a un funerale che parla di un’epoca sepolta con le sue macerie e sacrificata persino nella memoria, per dar luce a un presente possibile. Il presente concreto dei giorni. Dei figli da crescere, della vita da vivere. I bambini diventano ragazzi e poi uomini e donne. Scoprono cose di sé e della loro storia, scoprono come tutto sia irregolare eppure semplice, come chi detta la regola sia lo sguardo degli altri.

L’amore, per esempio. Di un fratello per una sorella, di una donna per una donna, di un uomo per un figlio o per un altro uomo. Del confine labile fra i sentimenti, e del baratro che si apre quando anziché viverli per come si presentano occorre nominarli. Eppure la famiglia di Aldo e Giovanni, un così complicato assemblaggio di orfanità, è una meravigliosa famiglia capace di dare casa – una sola casa – a ciascuno.

E la fuga nell’isola – il luogo da cui fuggire e dove scappare, dove si può vivere solo in una somma di solitudini – è il viaggio che ciascuno di noi ha fatto o farà, speriamo, prima o dopo. Il viaggio che ammala e guarisce. Se ne torna con una cicatrice sul volto, o nell’anima, che sbiancapoco a poco. E non sparisce mai, certo, diventa parte della storia e ricorda ogni minuto, mentre si dilegua, che da quello schianto contro il muro bisognava uscire vivi per averla in volto e nel cuore. Per sapere esattamente, scorrendoci sopra con un dito, la vita com’è e come può diventare.”

CONCITA DE GREGORIO

VERRAI A TROVAMI D’INVERNO
Cristiana Alicata, pp. 288, 14,00 euro


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