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Verso il Futuro: la letteratura e la competenza emotiva.

Da Psiconauta

futuroL’inizio di questo millennio, a partire dall’11 Settembre 2001, ci ha riproposto eventi tragici con i quali l’umanità, con leggerezza ed inquietante approssimazione pensava di non aver più nulla a che fare una volta chiuso il secolo precedente: disastri ecologici, terrorismo, guerre motivate dall’economia. Il progresso, termine che ha sempre suscitato moti di ambivalenza, è una costruzione tutt’altro che solida ed immanente ed il mondo vive ancora in una condizione di circolarità storica per la quale sembra impossibile uscire dal continuo riprodursi di eventi già vissuti, sofferenze di massa già sperimentate. L’uomo con angosciosa fatica tenta di dare senso al riproporsi del dolore e spesso le reazioni, potremmo dire i meccanismi di difesa, sono la chiusura, la negazione, la fuga e la disperazione. In questi primi anni del nuovo millennio si sente forte l’esigenza di motivi di coesione sociale, di luoghi fisici e metaforici che possano rappresentare punti di appoggio per l’uomo, sempre più connesso con i suoi simili, ma anche sgomento e solo, poiché sempre meno confortato da tutte le opzioni ideologiche o religiose che la scienza ha progressivamente giustiziato. E’ dato certo che il pensiero positivo generi felicità con modalità più lente e difficili del mito o della superstizione in particolare quando una carenza di riflessione e di pensiero sono presenti. In particolare qualsiasi approccio filosofico al processo di modernizzazione del ‘900 da Weber a Habermas (modernizzazioneo come processo di razionalizzazione), da Durkheim a Luhmann (la differenziazione funzionale), da Simmel a Ulrich Beck (il processo di individualizzazione), da Marx alla scuola di Francoforte (potremmo dire di reificazione e mercificazione capitalistica), ha sempre avuto la pecca di non comprendere che il progresso non si lascia mai ridurre a uno sviluppo lineare e continuo, dal momento che esso è stato segnato storicamente da discontinuità, eterogeneità, rotture e capovolgimenti. Gli errori dell’uomo moderno hano, a mio parere, a che fare con un evidente processo di accelerazione psichica, potremmo dire sociale, la cui conseguenza non è l’incapacità di ricordare i propri sbagli ma bensì di non avere lo spazio mentale per entrare in contatto criticamente con essi. La sensazione che il tempo sia divenuta una risorsa scarsa, che qualunque evento interno od esterno a noi abbia una durata temporale eccessiva, che dobbiamo correre sempre più in fretta, per non perdere il treno che ora sta passando e che se preso ci porterà verso un futuro diverso e migliore, segna ab origine l’esperienza temporale della modernità e la percezione della sua forte discontinuità rispetto al passato. Attualmente l’essere umano ha accesso facile a tutta la sua storia sia come individuo (vd. Facebook), sia come specie (vd. Wikipedia) per cui il vecchio adagio che ci ammoniva “chi non ricorda i propri errori e destinato a ripeterli” è desueto, addirittura retorico. La partita con il futuro e con la nostra possibilità di stare nel mondo come singoli e come specie, si gioca sulla competenza emotiva, ovvero su cosa fare della nostra memoria “aumentata” e costantemente consultabile per evitare di fare quello che Freud attribuiva all’umanità nevrotica: ripetere e rieditare i propri sbagli. Quando una persona prova un sentimento, ma non sa comprenderlo, non ne sa dare un nome, vive uno stato di angoscia dovuto al non sapere di cosa stia soffrendo e il perché stia male. A poco servono le nostre memorie. Però abbiamo quell’immenso patrimonio, che si chiama letteratura. Un patrimonio dal quale possiamo imparare che cosa sia il dolore ed il piacere, che cosa sia la gioia e l’odio, che cosa l’amore, la noia, il suicidio, lo spleen; la letteratura è una cura per le idee e porta a quella “capacità panoramica” di cui scriveva Platone che permette di riappropriarci in maniera consapevole delle nostre memorie conservate con digitale perfezione dal web e che sono utili solo all’Uomo emotivamente competente.


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