Chi lo avrebbe mai immaginato che a distanza di 6 anni dalla prima gita al Salone del Gusto di Torino da consumatrice curiosa e consapevole, avrei partecipato a questo evento come blogger e con un invito speciale, quello arrivato dal pastificio Garofalo, per mezzo del suo progetto Gente del Fud, e con la collaborazione dell’AIFB (Associazione Italiana Food Bloggers). Manca una settimana alla partenza e comincia a salire l’emozione…quella di incontrare di persona lo chef stellato Niko Romito ed accogliere gli ospiti che lunedì 27 si siederanno all’ora di pranzo presso lo stand Garofalo raccontando loro qualche cosa in più su cozze e limone, i prodotti che verranno utilizzati per la preparazione del piatto a me associato.
In attesa di raggiungere Torino ho provato a chiudere gli occhi e sognare, stilando una lista dei 10 prodotti che vorrei trovare al Salone….
FARINA DI GRANO ARSO
L’ho inseguita per una settimana, lo scorso giugno durante la vacanza nel Salento senza riuscire ad impossessarmene. Ho costretto mio marito a parcheggiare l’auto davanti l’uscio di fornai, alimentari, piccole botteghe, negozi di specialità locali per sentirmi sempre dire che non avevano il prodotto. Mi sono accontentata di una confezione di taralli preparati con questa farina ma non è la stessa cosa… Sembra sabbia ed il suo color cenere dipende dal fatto che viene ottenuta dalla macinazione di grano duro precedentemente tostato, anche se questo prodotto nasce da lontano e dall’usanza delle popolazioni contadine più povere di raccogliere i chicchi di grano rimasti nei campi dopo aver bruciato le stoppie. Sognare non costa nulla ed io già immagino un bel piatto di orecchiette o un filoncino di pane preparato con questa farina.
ROBIOLA DI ROCCAVERANO
Amo i formaggi molli e lei…la robiola di Roccaverano, che sembrerebbe un tomino ma non lo è…nel 2008 mi ha conquistata al punto da tornare a casa con me! Formaggio a pasta cruda e bianca, senza crosta, viene prodotto nell’omonimo comune in provincia di Asti e si fregia della denominazione DOP. Si produce durante tutto l’anno con l’impiego di cagliata lattica e può essere gustata fresca oppure stagionata. Si impiega latte crudo intero di capra (delle razze Roccaverano e Camosciata Alpina) in purezza oppure latte intero fresco di mucca e/o pecora purché in misura non superiore al 50% del prodotto. Leggermente cremosa, ha un aroma che va dal delicato-acidulo di quella fresca ad uno saporito-piccante del prodotto affinato. La robiola immessa in commercio viene venduta in confezioni circolari di colore verde scuro recanti la scritta in carattere maiuscolo ‘ROBIOLA DI ROCCAVERANO’ e con in basso al centro un piccolo fiore stilizzato di colore bianco.
APE NERA SICULA
Adoro il miele che sto praticamente sostituendo ove possibile allo zucchero, soprattutto se raffinato, e quando trovo una nuova qualità non posso fare a meno di assaggiarla. Qui la novità non è tanto nel prodotto ma…nel produttore. Conosciamo le api come gialle e nere ma in realtà ne esistono di scure, grigie ed anche nerissime come quelle della specie Apis mellifera siciliana recuperata appunto in Sicilia negli ultimi decenni dal sig. Carlo Amodeo e caratterizzate da addome molto scuro, peluria gialla ed ali piccole. Queste api sono più docili di quelle comuni tanto da non rendere necessarie maschere durante la smielatura e sono molto produttive, poco risentendo degli sbalzi di temperatura. Dal punto di vista organolettico il miele prodotto da queste api non è diverso da quello prodotto con api di altre razze.
(foto Identità Golose)
PISTACCHIO VERDE DI BRONTE
Sua Maestà il pistacchio di Bronte! Il mio amore smisurato per la frutta secca lo conoscete…il mio giardino produce mandorle, nocciole e noci ma il pistacchio mi manca. Pagherei per poter avere i miei alberelli e raccogliere questi gioielli verdi per preparare gelati, sorbetti e pesto a volontà. Pur trovando nel mio supermercato di fiducia un buon prodotto quello di Bronte è insuperabile…le piante crescono praticamente nel nulla, su ripide discese tra l’Etna ed i Nebrodi, e non vengono né irrigate né concimate; poiché producono ad anni alterni, la potatura viene fatta in quelli di ‘scarico’ durante i quali le piante si riposano e raccolgono tutte le sostanze nutritive necessarie per poter esplodere l’anno successivo. A Bronte tutti lavorano nei loci (nome locale per le pistacchiere) soprattutto tra fine agosto ed inizio settembre quando si avvia la raccolta. Quest’ultima viene fatta esclusivamente a mano arrampicandosi sui massi di lava circostanti, con una mano aggrappati ai rami e con l’altra a strappare ad uno ad uno i chicchi, facendoli cadere nella tela legata al collo. Purtroppo l’offerta del prodotto siciliano non riesce a tenere il passo con la richiesta dell’industria dolciaria e salumiera che, anche per motivi economici, preferisce (ahimè) la produzione estera.
CAROTE DI POLIGNANO
Sono da sempre ‘crudista’, non nell’eccezione più estrema di questo termine (oggi tanto in voga) ma nel suo esprimere il piacere nel mangiare alimenti non panipolati, crudi, come Madre Natura ce li ha regalati….carote, cipolle, finocchi e pomodori a me fanno impazzire così come sono, con la loro nota crunchy e tutto il loro corredo inalterato di vitamine e sali minerali. Queste carote multicolori, coltivate nelle masserie che circondano il meraviglioso borgo pugliese di Polignano, le ho scoperte da poco e spero davvero di scovarle al Salone del Gusto per riportarle a casa e, se riesco, piantarle nel mio orto. Il loro colore che va dall’arancio al giallo spento, ad uno più intenso per arrivare al viola è determinato dalla particolare selezione delle sementi effettuata dai contadini; si distinguono anche per il sapore particolarmente fresco e sapido, risultato di un irrigazione condotta attingendo acqua salmastra attraverso vecchi pozzi di pietra per lo più scavati a mano.
(foto di Fagola.it)
COLATURA DI ALICI DI CETARA
E’ stato uno dei primi prodotti che ho scoperto al Salone del Gusto nel 2008 e che ho portato a casa con me. Un liquido ambrato, dal sapore deciso e fortemente salino, ottenuto dalla macerazione di alici sotto sale, conosciuto sin dai tempi degli antichi Romani e che ha reso il piccolo comune di Cetara famoso in tutto il mondo. Le alici pescate vengono decapitate ed eviscerate a mano prima di essere sistemate secondo la tecnica del ‘testa-coda’ a strati, alternate con sale marino integrale, in fusti di legno di rovere il cui volume è un terzo di quello di una botte. Terminati gli strati, il contenitore viene chiuso con un tappo sopra al quale vengono posti dei pesi. Si lasciano macerare le alici sotto il sole fino a quando un liquido inizia a fuoriuscire ed affiorare in superficie, lo stesso liquido che nel processo di conservazione delle alici viene eliminato e che in questo caso rappresenta l’essenza della colatura. Trascorsi i 4-5 mesi necessari alla produzione del liquido, lo stesso viene nuovamente versato nel contenitore ed attraversando i vari strati di alici si arricchisce di tutte le proprietà organolettiche del pesce. A questo punto viene fatto colare attraverso un piccolo forellino praticato nella botte, filtrato ed imbottigliato. Si può usare come condimento al posto del sale per verdure e piatti di pesce così come può costituire un ottimo insaporitore per un piatto di spaghetti aglio, olio e peperoncino.
(foto Terre di Lunigiana.com)
PANE DI PATATE DELLA GARFAGNANA
Come vi ho spiegato qui, si tratta del pane che più adoro in assoluto per il profumo e la sofficità della sua mollica. Non avendo però mai assaggiato l’originale spero di riuscire a farlo proprio al Salone del Gusto anche se sono certa di trovare un pane un po’ più tamugno, carco di quello che sono abituata a fare. Questo pane, conosciuto anche con il nome di garfagnino, si diffuse negli anni di carestie cerealicole per poi diventare un prodotto della tradizione dell’alta Toscana. La farina di grano tenero viene sostituita per il 15% del suo peso con patate lessate e schiacciate e nell’impasto finiscono anche semola, tritello e sale marino integrale. Si utilizza normalmente lievito madre anche se per ridurne l’acidità talvolta si aggiunge un po’ di lievito di birra. Il pane prima di essere cotto nel forno a legna viene spolverato con farina di mais.
(foto Giorgiopoeta.it)
MIELE IN BARRIQUE
Qui gioco in casa…e con molto orgoglio! Si tratta di un prodotto unico al mondo, Il Carato, miele di acacia invecchiato per 9 mesi in botti di rovere, nato dal genio e dall’intraprendenza di un giovane mio concittadino Giorgio Poeta al quale il nonno regalò per il suo diciottesimo compleanno un arnia di api. Oggi è arrivato ad averne qualche milione e produce diverse varietà di miele, tra le quali meritano menzione oltre al Carato, la Stella miele aromatizzato con anice stellato ed i mieli di Melata e di Stachys. Se cliccate il tag ‘miele’ nella parte destra del blog potete scoprire tutti i piatti che ho preparato con questo straordinario prodotto, come il raviolo di piadina dolce e i panettoncini al miele e pecorino.
ZAFFERANO DI SAN GAVINO MONREALE
Il mio nuovo amore…e perché no il mio futuro. Novanta bulbi piantati nell’orto del papà quasi per gioco e che in questi giorni ci stanno regalando delle fioriture spettacolari. I miei bulbi provengono da due diverse coltivazioni biologiche, una in Romagna e l’altra nel Montefeltro anche se i loro progenitori sono sardi e chissà che non riesca a portarne a casa degli altri per intensificare la piantagione del prossimo anno e magari farne anche una fonte di reddito.
MOSCIOLO SELVATICO DI PORTONOVO
Chiudo la mia top 10 con un prodotto delle mie Marche…uno dei pochissimi esempi di mitilo (o cozza che si dica) selvatico che si riproduce naturalmente e cresce attaccato agli scogli sommersi del meraviglioso promontorio del Conero. Fino agli anni 50 la raccolta del mosciolo ha rappresentato una fonte di reddito integrativa per i contadini che vivevano in zona, fino ad intensificarsi e diventare un vero e proprio mestiere che ha finito per coinvolgere pescatori, sommozzatori che si immergevano per controllare le colonie di mitili e poi a mano a mano i ristoratori che hanno occupato le baie di Portonovo con i propri chioschi. I moscioli vanno mangiati appena pescati, lasciati aprire su una lastra rovente posta sul fuoco oppure alla marinara, in pentola con aglio, olio, prezzemolo e pepe. Chissà che lo chef Niko Romito non utilizzi proprio il mosciolo…
Di prodotti e specialità da citare ce ne sarebbero davvero tanti…da parte mia un plauso va a Slow Food ed a Gente del Fud che lavorano affinché eccellenze e prodotti dimenticati o che rischiano l’estinzione vengano protetti e valorizzati.
Non vedo l’ora di raccontarvi al ritorno tutto ciò di nuovo che ho scoperto ed assaggiato!
Quali sono invece i vostro presidi del cuore? Oppure i prodotti che amate e che avete scoperto per caso e che meriterebbero secondo voi una vetrina al Salone del gusto?