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Itinerario da brivido, tappe veloci da turista giapponese, oserei dire, per vedere il più possibile, ( mostro la mappa del nostro giro preparata dall'amica Camille), tranne tre notti a Tokyo si cambierà di letto ogni sera. Non mi sono preparata sui luoghi che visiteremo, lo farò in seguito e poi preferisco la sorpresa, ma per intanto e nell'attesa ho letto qua e là sul paese, la gente e le abitudini. Non parlo della "guardiana dei cessi" protagonista-vittima di "Stupore e tremori" di Amélie Nothomb perché sennò in Giappone passa la voglia di andarci, ma per esempio di "Journal de voyage au Japon" di Michel Tournier con un passaggio fulminante: "Miniaturisations. Le Japon, c'est l'anti-Canada. Au Canada tout le monde souffre de l'excès d'espace, du vertige des immensités. Au Japon le manque d'espace développe les techniques de miniaturisations. Jardin en pot. Arbres nains, jardins zen qui figurent des mers et des continents". Intrigante anche il recentissimo " Au Japon. Ceux qui s'aiment ne disent pas je t'aime" di Elena Janvier. Un libretto smilzo che si legge in un attimo, ma lì ho scoperto che in Giappone:
- non esiste la nostra magica espressione "ti amo", ma pudicamente "c'è dell'amore" come si direbbe asetticamente "fuori nevica o piove"
- il colore del lutto non è il nero, ma il bianco
- quando parli l'ascoltatore annuisce spesso ma non perchè è d'accordo, semplicemente per confermare che sta ascoltando
- se nelle piazze di Parigi o di Venezia ci sono i piccioni, a Tokyo invece scorazzano i corvi
- si fanno delle riunioni per preparare le riunioni
- non si risponde mai "no", ma un diplomatico "è difficile" che praticamente vuol dire la stessa cosa
-è sempre in vigore la pena di morte per impiccagione
-in giapponese esiste una parola intraducibile che designa lo sguardo dell'imperatore e solo il suo. Ma nessuno può vedere quello sguardo poiché è proibito guardare l'imperatore
- a differenza dei tifoni occidentali dai nomi di donna, quelli giapponesi non hanno sesso, ma solo un numero e ogni anno si ricomincia il conto dopo l'estate quando si apre la stagione dei tifoni
- alla larga dall'abbronzatura e dal sole: "il meglio del sole, è l'ombra" si legge in un romanzo giapponese di Jean Echenoz
-l'inferno noi lo immaginiamo rovente fra le fiamme, ma per i giapponesi gli inferi hanno 16 regioni, 8 di fuoco e 8 glaciali. Consoliamoci, i nomi di quegli abissi di ghiaccio sono molti poetici: loto rosso, loto blu, loto scarlatto, loto bianco.... .
Per finire un libro interessantissimo "La dimensione nascosta" dell'antropologo americano Edward T. Hall e gli amici architetti mi dicono che l'ho scoperto molto in ritardo perché è considerato un testo chiave per coloro che si occupano di urbanistica . Partendo dall'osservazione del mondo animale, lo studioso analizza quello spazio nascosto ma necessario e invalicabile di cui ogni essere vivente ha bisogno per vivere in equilibrio nel suo habitat, "Lebensraum" (spazio di vita, letteralmente) lo definisce il tedesco, e lasciamo perdere l'uso nefasto che ha fatto il nazional-socialismo di questa bellissima parola. Hall dedica molte pagine allo specifico giapponese e sottolinea come ogni civiltà abbia una maniera diversa di concepire lo spazio e la sua organizzazione. Gli abitanti del sol levante di spazio ne hanno poco e dunque lo vivono diversamente: non attraverso muri fissi, ma col gioco di pareti mobili la stessa stanza avrà più funzioni e le varie attività si concentrano al centro dell'ambiente. A seconda del momento della giornata e delle necessità la stanza potrà ingrandirsi fino a comprendere il giardino esterno o rimpicciolirsi come uno studiolo. Fondamentale secondo l'antropologo quel concetto peculiare alla cultura giapponese del "ma", lo spazio"fra", l'intervallo fra le cose, dove ogni tipo di "intervallo" ha un suo preciso significato e un nome diverso; forse per questo a Tokyo le strade non hanno un nome mentre ce l'hanno i crocevia, luoghi dell'intervallo e dell'intersezione e le case sono numerate non in base alla sequenza stradale ma alla loro anzianità. Leggere "La dimensione nascosta" fa riflettere su quanto le diverse concezioni degli spazi e dei modi di viverli testimonino di culture e mentalità profondamente eterogenee, esserne consapevoli aiuterebbe la reciproca comprensione.
E manco a farlo apposta al museo Leopold di Vienna ho appena visto una bellissima mostra dal titolo che fa subito entrare in atmosfera esotica: "Fragilità dell'esistenza".
Uno choc culturale non indifferente, dall'espressionismo intenso e materico di Schiele e Kokoschka si passa alla delicatezza di colori e soggetti, agli spazi bianchi, ai paraventi di alberi e radici; dalle donne sensuali tutte eros e thanatos di Klimt ai mandorli in fiore con l'uccellino sul ramo e una timidissima luna che sembra galleggiare nel cielo, alle maschere lignee del teatro no, alla "Grande onda di Kanagawa" della serie "36 viste del monte Fuji" di Okusai. Quando si dice..... le coincidenze!
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