Avanti con il progetto di fusione dei comuni di Savignano sul Rubicone e San Mauro Pascoli. La commissione regionale Bilancio affari generali e istituzionali, presieduta da Marco Lombardi, ha licenziato (a favore Pd, Fds, M5s, Franco Grillini del Gruppo misto; contrari Pdl, Lega nord; astenuto Udc) il progetto di legge di iniziativa della Giunta che istituisce un comune unico tramite la fusione dei due comuni esistenti in provincia di Forlì-Cesena. Secondo quanto prevede la proposta normativa, il nuovo comune avrà decorrenza a partire dal primo gennaio 2014 e potrà contare – ha ricordato il relatore Antonio Mumolo – su ingenti finanziamenti statali per circa una decina di milioni di euro, oltre a quelli regionali. Su questo punto in particolare il progetto di legge prevede la concessione di contributi dalla Regione pari a 450 mila euro all’anno per il primo decennio e di 135 mila per ulteriori 5 anni. Previsto anche un contributo straordinario regionale, in conto capitale, di 150 mila euro all’anno per i primi tre anni.
Dopo il via libera in commissione, è previsto il passaggio in Aula la settimana prossima, quando l’Assemblea legislativa dovrà votare sulla proposta di indizione del referendum che Mumolo, nella sua veste di relatore del provvedimento, presenterà su mandato della prima commissione. Come stabilito dalla legge regionale (L.r. 24/1996) sulla fusione di comuni, prima dell’approvazione della relativa legge regionale è infatti previsto lo svolgimento di un referendum consultivo tra le popolazioni dei comuni interessati. Ed è stato proprio il referendum e il suo possibile esito il tema al centro del dibattito in commissione, che continua a risentire degli echi della recente fusione (la prima in assoluto) avvenuta in Emilia-Romagna, quella dei comuni bolognesi della Valsamoggia, dove in valore assoluto al referendum i sì prevalsero sui no (5.726 contro 5.401) e, nel dettaglio, in tre comuni su cinque.Dubbioso sul referendum Mauro Manfredini (Lega nord) dal momento che – ha detto – se anche uno dei due comuni dovesse dire di no si andrà avanti comunque. Antonio Mumolo (Pd) ha rassicurato specificando che se la maggioranza dirà di no, “sarà molto difficile andare avanti e in ogni caso spetterà all’Assemblea la valutazione sul voto”. Silvia Noè (Udc) ha sollecitato chiarezza, invitando a fare tesoro della precedente esperienza della Valsamoggia e ha invitato, “all’insegna della massima trasparenza”, a definire regole chiare per evitare di avere margini di interpretazione sull’esito della consultazione. Monica Donini (Fds) ha ricordato che le delibere dei Consigli comunali con le quali si chiede alla Regione di procedere con la fusione sono state approvate a maggioranza qualificata, pertanto “non possiamo non procedere al referendum”, rispetto al quale – ha sottolineato – “ci impegniamo a tener conto della volontà dei cittadini”. Marco Monari (Pd) ha ricordato che in Regione la maggioranza è politicamente a favore delle fusioni fin dall’inizio della legislatura. L’unico modo per fotografare la volontà popolare - ha precisato – “è quella di indire il referendum. Se prevale di un voto il no, la fusione non la facciamo”.
Luca Bartolini (Pdl) ha parlato di una “parvenza di democraticità”, mentre bisognerebbe prevedere la gestione di un eventuale dissenso, come nel caso in cui il comune con meno abitanti dovesse votare per il no. “In quel caso – ha detto – si dovrebbe parlare di annessione e non di fusione”. Ad avviso di Andrea Defranceschi (M5s) si tratta di stabilire che cosa fare se la popolazione di un comune dice di no. “È questa la domanda che esige chiarezza prima che mandiamo a votare i cittadini, con il rischio che non ci vadano perché poi sono altri a decidere”. Stefano Bonaccini (Pd) ha ricordato come la Regione Emilia-Romagna abbia fatto la scelta di indicare e favorire i percorsi delle unioni e delle fusioni: “C’è coerenza in quello che stiamo facendo”, ha detto, ricordando le disponibilità finanziarie a disposizione delle fusioni rispetto al serio problema della mancanza di risorse per garantire i servizi.