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Sarà l'anno zero per le "Nuove proposte" del Festival di Sanremo? Da un punto di vista meramente organizzativo, pare proprio di sì. Dopo tanti, troppi anni di semiclandestinità, con le voci emergenti della nostra canzone costrette a cantare a orari da vampiri, compresse fra i big in gara e i cosiddetti superospiti (molti dei quali fuori luogo e fuori contesto), Carlo Conti ha deciso di restituire centralità al vivaio della kermesse rivierasca: gli otto giovani apriranno addirittura le serate, esibendosi in "prime time". Incredibile ci sia voluto così tanto tempo per arrivarci, quando era evidente l'assurdità di una collocazione in palinsesto così penalizzante; curioso che ad assumersi il rischio di questa scelta sia stato il più rassicurante dei presentatori attualmente su piazza. Ma in effetti, di quale rischio stiamo parlando, se per tanti anni, soprattutto negli Ottanta, toccò proprio agli esordienti far da apripista alle serate festivaliere, senza che ciò causasse alcuna incrinatura all'edificio sanremese?MEGLIO DEL PREVISTO - Sul piano della qualità, debbo dire di aver rivisto in parte i miei giudizi, che al primo impatto con gli otto brani in concorso non erano stati particolarmente lusinghieri. Ora, dopo aver metabolizzato le opere attraverso diversi ascolti, non si può non rilevare che qualcosa di buono ci sia. Come livello complessivo, mi pare di percepire un arretramento rispetto all'edizione 2014: non vedo all'orizzonte progetti solidi e personalità svettanti come fu nel caso di Zibba, The Niro, Diodato e anche Filippo Graziani, ma non mancano i talenti su cui si può lavorare con pazienza, cercando di portarne qualcuno al successo vero. ARRANGIAMENTI MODERNI, IDEE ANTICHE - In linea di massima, si nota una grande ricercatezza negli arrangiamenti, talmente ben fatti da mascherare idee di base non sempre (anzi, raramente) originalissime. Quasi tutti i concorrenti strizzano l'occhio alla tradizione italiana, ma hanno almeno il merito di leggerla in chiave abbastanza moderna. Manca, allo stato delle cose, il personaggio in grado di aprire un capitolo autenticamente inedito nel panorama, tutto sommato stagnante, del pop nostrano. Nessuna scopiazzatura, intendiamoci, ma un sostanziale rivolgersi a modelli di fresco successo. Non è un modus operandi particolarmente produttivo, in generale: tentare di inserirsi in nicchie di mercato già sature è, di questi tempi, impresa disperata. Auguri a tutti, ma non sarà facile. Ora, uno sguardo sintetico ad ogni singola produzione. "Credo" - Amara: non è sicuramente la proposta più innovativa. Impronta classicheggiante, fortemente melodica, con rimandi allo stile interpretativo di Noemi e alla linea compositiva di certe opere recenti di Giusy Ferreri. Voce di notevole impatto, ma è una di quelle canzoni che rischia di nascere e morire sul palco dell'Ariston, nel giro di pochi giorni."Galleggiare" - Serena Brancale: qui siamo su livelli piuttosto alti. Brano raffinato, con atmosfere di jazz purissimo, come raramente se n'è ascoltato dalle parti di Sanremo (forse solo Rossana Casale ci si era avvicinata, ma restando comunque legata a sonorità più schiettamente pop). La tipica canzone poco festivaliera, non facile da assimilare. E scarsamente radiofonica, per usare un termine tanto in voga di recente, ma in questo caso, è proprio il caso di dirlo, chi se ne frega? E' una bella canzone e tanto basta. "Ritornerò da te" - Giovanni Caccamo: qui rientriamo nell'alveo della tradizione. E' il brano forse più orecchiabile del lotto, con un ritornello facile facile che si stampa subito in testa, ma la veste sonora è moderno e accattivante. Può puntare alla vittoria. "Ritornerai" - Chanty: direttamente dalla Tanzania, una voce avvolgente e sensuale al servizio di un "lento ritmato", una canzone che non brilla per elementi innovativi, anzi: lo schema è il più classico che ci sia. Il valore aggiunto lo danno l'intensa interpretazione e un arrangiamento curato, ricco di sfumature, al passo coi tempi. "Oltre il giardino" - Kaligola: poteva mancare l'angolo del rap? Naturalmente no, ma è un'opera che va valutata con sostanziale benevolenza. Rap all'acqua di rose, d'accordo, e in una certa misura ingenuo, con un tributo al Frankie Hi NRG di "Quelli che benpensano" nella costruzione del brano, Il testo è impegnato (la storia e il disagio di un uomo ai margini della società) ma concepito con più realismo, maggior vena poetica e meno retorica rispetto all'analoga operazione che diede a Rocco Hunt il trionfo di categoria dodici mesi fa."Elisa" - Kutso: il pezzo più controcorrente fra gli otto in lizza. Divertissement puro, ritmi forsennati concentrati in un tempo assai ristretto (il motivo dura poco più di due minuti e mezzo), testo senza freni inibitori. E la voce solista ricorda un po' il Sarcina delle Vibrazioni, ma lo stile, allegro e scanzonato, è agli antipodi. "Qualcosa da decidere" - Enrico Nigiotti: sul mio personale taccuino, il più autorevole candidato al successo finale. Il pezzo più contemporaneo nella struttura, pur se pare di percepire alcune atmosfere anni Novanta. Tradizionale senza essere banale, orecchiabile il giusto, altamente radiofonico, l'unico con una certa impronta cantautoriale."Io non lo so cos'è l'amore" - Rakele: in parte si può ripetere il discorso fatto per Chanty: pezzo di stampo classico ma "vestito" con le sonorità di un arrangiamento attualissimo, ricco e coinvolgente. Quest'opera ha qualcosa in più, grazie a un'atmosfera soffusa e alla voce morbida e calda dell'interprete campana.
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