Cultura della sicurezza e formazione: come stanno mutando questi concetti negli ultimi anni con specifico riferimento alla categoria degli architetti? Ne abbiamo discusso con l’Arch. Massimo Giuntoli, vicepresidente dell’Ordine degli Architetti di Torino e coordinatore del Forum Internazionale per la Sicurezza Torino 2015 (andato in scena alla fine di aprile, per saperne di più leggi l’articolo Sicurezza nei cantieri: cosa accade al Forum di Torino).
L’Arch. Giuntoli, il quale opera come Coordinatore per la sicurezza (CSE/CSP) e come RSPP per committenze pubbliche e private, oltre ad essere docente dei corsi organizzati dall’Ordine degli Architetti, dalla Fondazione OAT (di cui è anche stato coordinatore scientifico) e dall’Ordine degli Ingegneri in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro e nei cantieri, ci ha accompagnato con le sue parole all’interno di alcuni fra i temi più interessanti per i professionisti alle prese con il sempre più importante tema della sicurezza.
Marco Brezza: A proposito di formazione e professionisti che esercitano le funzioni di coordinamento sicurezza nei cantieri: come è percepita la formazione continua in materia? Come un valore aggiunto o come un obbligo da espletare il prima possibile?
Arch. Massimo Giuntoli: Per ciò che riguarda la formazione permanente sulla sicurezza mi sento di poter dire che per la categoria degli architetti (ma ritengo di poter parlare anche per le altre categorie di professionisti tecnici, ingegneri e geometri) essa non viene assolutamente percepita come un obbligo, ma anzi, come un importante momento di arricchimento, vissuto con interesse e coinvolgimento (a differenza, purtroppo, delle attività di formazione a crediti ex d.P.R. n. 137 del 7 agosto 2012, che troppo spesso sono vissute come obbligo da espletare “alla meglio”).
M.B.: Qual è il punto di vista a tal riguardo dell’Ordine degli Architetti di Torino e della Fondazione OAT (la struttura implementata dall’Ordine al fine di diffondere l’architettura, condividerne la conoscenza e stimolarne l’innovazione)? E quali attività predisponete per ottemperare a tale importante compito?
M.G.: In base alla mia esperienza presso l’Ordine degli Architetti di Torino posso segnalare 3 aspetti che rendono il nostro approccio alla formazione in materia di sicurezza davvero peculiare ed interessante per i professionisti tenuti all’aggiornamento CSE:
- un’organizzazione della formazione con ampi risvolti concreti sul piano del lavoro, attraverso la possibilità di effettuare visite pratiche presso cantieri (ad esempio presso quello del Museo Egizio di Torino o del Grattacielo San Paolo);
- la presenza tra i docenti di figure eterogenee, capaci di trasmettere punti vista vari e differenziati su un materia importante e composita come la sicurezza nei cantieri (ispettorato del lavoro, Asl, Vigili del Fuoco, Arpa);
- esercitazioni pratiche e focus group che lavorano su casi reali.
M.B.: A questi punti si lega anche il grande successo del Forum internazionale della Sicurezza di Torino, evento da voi promosso nello scorso mese di aprile: un grande valore aggiunto della manifestazione è stato è proprio quello della multidisciplinarietà degli interventi.
M.G.: Siamo molto soddisfatti: il Forum è stato un grande successo, un momento unico in Italia dal punto di vista didattico. Il fiore all’occhiello dell’evento è stato incarnato senza dubbio dalla multidisciplinarietà, ovverosia l’idea di edificare un confronto e far dialogare figure eterogenee in materia di sicurezza. Il forum, patrocinato da 14 soggetti, ha ospitato 155 relatori e ha contato complessivamente 1450 partecipanti. Il programma ha proposto 28 tavoli tecnici e 4 dibattiti durante i quali sono stati affrontati temi di attualità tra cui: la sicurezza nelle scuole, nelle grandi opere, nel restauro degli edifici storici e nelle società sportive. Sono state inoltre organizzate visite guidate a 3 siti tra luoghi di lavoro e cantieri: il grattacielo della Regione Piemonte, il nuovo centro direzionale Lavazza “La Nuvola” e il nuovo parco commerciale “Mondo Juve”.
M.B.: Norme più puntuali, inasprimento delle sanzioni, discipline più stringenti: quanto è davvero efficace una normativa “ferma” con riferimento alla sicurezza nei cantieri e quanto invece è necessaria la promozione di una vera e propria cultura della sicurezza nel nostro paese? L’aspetto normativo-prescrittivo da una parte e quello più latamente culturale dall’altra sono 2 aspetti indissolubilmente legati tra loro e paritetici oppure deve essere la divulgazione di una aggiornata e corretta cultura della sicurezza a trainare il sistema delle norme e l’intero settore verso una diminuzione degli infortuni in cantiere? E che ruolo ha la formazione in tale dinamica?
M.G.: Mi sento di rispondere che in Italia la “forma mentis” è ancora legata alla necessità di una sanzione (amministrativa o penale che sia). Pertanto è ancora un apparato normativo stringente a fungere da perno di un sistema della sicurezza efficace nel nostro paese. Certo è che la diffusione di una seria cultura della sicurezza è una condizione imprescindibile per ottenere dei miglioramenti convincenti in materia di prestazioni in sicurezza e prevenzione negli ambienti di lavoro. A tal riguardo mi sento di sottolineare l’importanza della figura del committente/cliente: è proprio da tale figura che prende il via la dinamica che può condurre alla corretta (o non corretta) sicurezza nel cantiere. Il professionista infatti, per quanto possa implementare un sistema ottimale della sicurezza deve fare i conti con le volontà del committente, e la sua deontologia professionale non può non subire quelle che sono le esigenze e le necessità di questa figura. Troppo spesso, infatti, le esigenze di risparmio da parte di quest’ultimo divengono preminenti ed il professionista si trova in difficoltà, a volte anche chiuso, quasi schiacciato tra gli interessi del committente (intenzionato a spendere il meno possibile) e quelli delle imprese. Inoltre, come noto, i costi della sicurezza non sono soggetti a ribasso, ma non si capisce come mai invece la parcella del professionista della sicurezza purtroppo lo sia. È evidente che, comunque, la diffusione condivisa della cultura della sicurezza potrebbe apportare benefici importanti. Purtroppo al momento non si può dire che essa sia posta al centro: paura della sanzione da una parte ed esigenze economiche (risparmio, ndr) dall’altro sono ancora i due concetti tra i quali oscilla il pendolo della sicurezza in cantiere.
M.B.: Come è cambiato il ruolo dell’architetto nel corso degli ultimi 15/20 anni, osservandolo dallo specifico angolo visuale relativo al tema della sicurezza in cantiere?
M.G.: Mi sento di poter dire che oggi l’ambito della sicurezza è divenuto parte integrante dell’essere architetto: non si tratta più di svolgere anche attività concernenti la sicurezza a margine della attività principale. Al contrario, oggi progettare la sicurezza diviene un’esigenza del progettista stesso, un aspetto ormai imprescindibile ed intimamente legato al nucleo operativo della professione. La sicurezza non deve subentrare in corsa, soprattutto se parliamo di Titolo I del d.lgs. 81/2008, ma essere la condizione progettuale di partenza e di etica professionale durante la realizzazione dell’opera (in questo caso nel rispetto del Titolo IV del d.lgs. 81/2008).