Rating: 5/5
di Gaia Mutone
La prossima volta che vi chiederanno di compilare una lista delle dieci cose da portare su un’isola deserta non vi dimenticate di Nick Drake. In ogni caso, isola deserta o no, Five Leaves Left più che un disco da ascoltare è un incontro. Un incontro da fare con il senso della vita, con la poesia, con le sensazioni più spontanee e intime e, in ultima analisi, con se stessi.
Pubblicato nel 1969 grazie a Joe Boyd, scopritore e primo produttore nel 1967 dei Pink Floyd, Five Leaves Left
è l’esordio di un Drake giovanissimo, che a soli 21 anni mostra a tutti cosa si può fare con una chitarra classica, accordata in ogni pezzo in maniera diversa e personalissima, e una voce sussurrata e maliconica. Una dietro l’altra, le tracce scorrono rivelando un talento autentico, elegante e sofisticato, avvolto dai bellissimi arrangiamenti degli
archi, opera del suo amico Robert Kirby, conosciuto al college.
River Man da sola varrebbe un intero album: un mix di romanticismo e di vaghezza simbolista, un testo di struggente delicatezza sull’evanescenza della bellezza e della giovinezza, un racconto sulla confusione dell’essere ragazzi, “about things today and fallen leaves”. Bellissimo il finale di Cello Song, che si chiude con la voce di Drake e l’assolo del violoncello che si sovrappongono e sfumano insieme, come due eco che si cercano.
The Thoughts of Mary Jane è dolcezza pura in un crescendo di archi e flauto, mentre Man in a Shed scioglierebbe il cuore di qualsiasi fanciulla sulla faccia della terra. Provate. Insomma, Five Leaves Left è un gioiellino, un regalo che ciascuno di noi può farsi nei momenti di solitudine.
Nick Drake – Five Leaves Left (Island, 1969)