Isimbarda è un’azienda che ci ha davvero colpito. I loro vini, la loro storia, la zona geografica d’appartenenza … tutto ci ha convinto sempre di più a interessarcene e a approfondire.
Quindi abbiamo parlato con Luigi Meroni, titolare dell'Azienda Vitivinicola Isimbarda, Frazione Castello di Santa Giuletta (Pavia) e vi proponiamo di cuore la nostra buona scelta di oggi.
Come nasce la passione per il vino?
Mio nonno Luigi, col nome, mi ha trasmesso anche l'attaccamento alla campagna. All'inizio del Novecento aveva acquistato una grande proprietà nella pianura pavese, dove continuiamo a praticare agricoltura tradizionale. Il paradiso delle vacanze per noi ragazzi; appena potevo scappavo in treno da Milano. E la scoperta dell'Oltrepò era a portata di mano: i nostri campi sono incorniciati dal profilo ondulato delle colline di Casteggio. Le ho esplorate in lungo e in largo, queste valli che sulla carta geografica formano un grappolo. A diciott'anni, quando mio padre voleva regalarmi un'automobile, gli spiegai che preferivo una vigna. Me la trovò a Retorbido, paesino più famoso per le acque termali, e per aver dato i natali a Bertoldo. Un vecchio amico contadino mi avrebbe aiutato a coltivarla. La vendemmia mi ha sempre reso molto orgoglioso. La passione poi è diventata impegno imprenditoriale.
Quando inizia la vostra storia?
La famiglia Isimbardi, origine longobarda, tracce della sua memoria anche a Milano (nel palazzo ora sede della Provincia), ottenne il feudo di Santa Giuletta nel 1675. La coltivazione della vite qui ha però origini ancora più antiche, risale all'epoca romana. Ma è soprattutto il Settecento illuminista, secolo delle accademie georgofile, che inaugura un nuovo sviluppo del territorio. E sul finire dell'Ottocento il marchese Luigi Isimbardi ama trascorrere l'autunno nel castello ancora dominante la frazione, e si rivela ottimo viticoltore e appassionato produttore di vini che esporta nel Milanese. Più tardi, il Riesling Isimbarda, prodotto dal dottor Giuseppe Manzoni, compare nelle selezioni che Gianni Brera riconosceva oneste e sobrie. Infine, nel 1991, io acquisto la proprietà, restauro i fabbricati e ammoderno la cantina. L'azienda ora si estende su circa 40 ettari vitati, tra i Comuni di Santa Giuletta e Mornico Losana. Il marchio è sempre lo stemma degli Isimbardi.
Come vivete il vostro territorio?
In Oltrepò la dolcezza dell'ambiente naturale è intrisa della storia di chi vi ha vissuto. Contadini, pastori, mercanti, soldati, pellegrini, nobili, re, regine, imperatori... Tutti hanno percorso, prima di me, la via Postumia (per errore la chiamano Emilia), che un console romano tracciò da Genova a Piacenza, sulla piana. Da lì, salire per una buona strada tra immense vigne, costellate da qualche vecchio casolare che addomestica il paesaggio, sorvegliate da castelli ormai senza arroganza, comunica un sentimento raro e prezioso: in Oltrepò è la natura a raccontare l'uomo. L’ambiente si è salvato perché trascurato dal turismo di massa, e perché i riservati vip milanesi, che qui si rifugiano, non lo vanno certo a raccontare. Ma tanti altri milanesi dovrebbero scoprire la possibilità di evadere dal fragore e dai gas della città, in neanche un'ora. L'impegno che mi sono sobbarcato, investendo su questo territorio, non va confuso con la nostalgica ricerca di un mondo perduto. L'Oltrepò ha una vocazione straordinaria per la viticultura, tanto antica che potrei citarvi anche una testimonianza del Trecento su "vini bianchi pregiatissimi". Eppure la comunicazione esalta distretti, anche lombardi, più recenti e ambiziosi. Dopo la regione dello Champagne, l’Oltrepò vanta la più grande produzione di Pinot nero, e molti prestigiosi spumantisti italiani vengono qui a rifornirsi. La mia ambizione è che a questo territorio sia riconosciuta la sua identità. Con il mio lavoro, voglio esaltare nella tipicità dei vini anche la sincerità di un paesaggio consolante. Morale della tavola, come dicono da queste parti, col profumo della vigna ogni male se la svigna.
Qual è la vostra produzione?
Dei 28 ettari vitati, la grande maggioranza riguarda vitigni autoctoni: Barbera, Croatina, Pinot Nero, Riesling, Uva Rara, Moradella, Vespolina... più qualche vitigno internazionale: Chardonnay, Pinot Bianco e Pinot Grigio. A parte Barbera e Bonarda vivace, che la tradizione associa all'Oltrepò (ma non è un luogo comune la loro eleganza), la nostra azienda vanta due prodotti significativi: Riesling Vigna Martina, complessittà di fruttato/floreale che aumenta col tempo, e Oltrepò Pavese Rosso Riserva d.o.c. Montezavo, felice incontro di uve tipiche coltivate sulla collina "Monsaurum " (Monte dell'oro) limitando la produzione a 1 Kg per ceppo, color rubino profondo da lungo affinamento, e per lungo invecchiamento. Più di recente, seguendo l'orientamento del Consorzio Tutela Vini, abbiamo iniziato la produzione di Cruasé, marchio collettivo secondo un rigido disciplinare, rosé naturale DOCG da uve Pinot nero ottenuto attraverso il Metodo Classico. Cruà era l’antico nome del vitigno/vino per eccellenza prodotto in Oltrepò Pavese, a cavallo del 1700. Così, un’eredità quasi dimenticata fuori dai confini lombardi diventa nuova tendenza, sul mercato italiano ed estero: “naturalmente rosé”, assoluta novità nel mondo delle bollicine, dove si è sempre fatto perno su cuvée da uve bianche e rosse, da mosti o da vini.
Chi è il vostro enologo e come lo avete scelto?
Daniele Zangelmi proviene dalla provincia veronese, laureato a Wiesbaden nel 1999 come tecnologo delle bevande, e a Udine nel 2001 in scienze e tecnologia alimentare con indirizzo in viticoltura ed enologia. Ha fatto esperienza anche in Australia. Mi era stato segnalato da Mattia Vezzola, autorevole enologo della cantina Bellavista/Moretti. Il contributo di Daniele ci ha aiutato ad esaltare la tipicità dei nostri prodotti, soprattutto Bonarda e Riesling.
Quali sono i principi che dirigono la vostra scelta produttiva?
Le uve, dalla pigiatura alle fasi della fermentazione, sono trattate esclusivamente con sistemi soffici che conservano i tratti caratteristici del terroir e garantiscono la tipicità del prodotto. Pressatura dolce, criomacerazione, macerazione tradizionale per i vini rossi con rimontaggi automatici o follature manuali, fermentazione dei vini innescata con inoculo di lieviti selezionati, impegno di serbatoi inox tutti termocondizionati, controllo computerizzato delle temperature, filtraggio dei mosti e dei vini, stabilizzazione a freddo, imbottigliamento sterile a freddo. Sono queste le tecnologie che, grazie alla dotazione della cantina e al laboratorio interno di analisi, permettono di ottenere vini di particolare pregio. Per il migliore affinamento, botti di piccole e medie dimensioni, fabbricate a mano con legno del Massiccio Centrale Francese. Tutti i vini, comunque, subiscono un ulteriore affinamento in bottiglia prima di esse immessi sul mercato. Nel profondo rispetto della qualità e della genuinità, escludiamo totalmente dai processi di vinificazione sostanze estranee, conservanti o chiarificanti. Il regolamento CEE 2078 del 1992, a cui aderiamo, prevede di ridurre drasticamente la concimazione e ci obbliga a introdurre la cosiddetta lotta integrata ai parassiti. Anche lasciando nei vigneti un prato permanente, abbiamo un preciso obiettivo: ridurre la quantità, aumentare la qualità.
Quali eventi vi vedono e vi vedranno protagonisti?
Partecipiamo ogni anno a Vinitaly, Merano WineFestival e Prowine. A Casteggio, siamo presenti a Oltrevini, che si tiene nella bellissima Certosa Cantù, a maggio. Siamo recensiti su tutte le migliori guide del settore.
Esportate anche all'estero? Come viene visto il vino italiano fuori dai nostri confini?
Esportiamo in Giappone, Germania, Danimarca, Inghilterra. Rispetto ad altre regioni, come la Toscana, dove il turismo straniero ha da tempo scoperto anche la qualità dei vini insieme all’arte, l’Oltrepò non gode certo di altrettanta visibilità. Eppure Pavia è splendida, per architetture e atmosfere. E le colline disegnano un paesaggio pittorico. Lo sforzo che finalmente si sta perseguendo, comunicare un’immagine unitaria, anche con un’etichetta collettiva per la produzione vinicola, aiuterà senz’altro l’Oltrepò a recuperare il divario storico che lo separa dai concorrenti sul mercato internazionale. Ancora inespresse, le sue potenzialità diventano tanto più interessanti per esploratori curiosi come gli enonauti.
Qual è il vostro sogno nel cassetto?
Sentire un “sì” da Robert Parker. Inutile disconoscere che sia il più influente critico, capace di condizionare con il suo giudizio i consumi del vino nel mondo. Ebbene, finalmente consideri nelle sue classifiche un vino dell’Oltrepò, magari un mio vino. Che insomma diventi paladino del nostro territorio: soprattutto per uno come lui, che si presenta come “the wine advocate”, dovrebbe valere il principio “in vino veritas”.
Oltre al vino avete intenzione di produrre altro?
No, intendiamo il nostro come un prodotto esclusivo, in ogni senso.
È difficile fare compagine con gli altri produttori nel vostro territorio? Se sì perché?
In Oltrepò l’idea del consorzio, del lavoro in comune, ha sempre suscitato perplessità e diffidenze. Si sono costituite cantine sociali, ma non è un mistero che la fortuna e la fama del vino oltrepadano (fortuna e fama che ancora non premiano la qualità del prodotto come meriterebbe) si deve soprattutto alle cantine private. Conseguenza dell’andare avanti in ordine sparso è, per esempio, l’assenza di una Bonarda prodotta da tutti allo stesso modo, il cosiddetto vino bandiera. Ma per le nuove generazioni, entrate nella nuova Europa, e alle prese con il mercato, la sensibilità è diversa. Il Cruasé, come detto sopra, vuole diventare il comune biglietto da visita dell’Oltrepò. E di recente è nata anche l’Associazione Valle del Riesling, per valorizzare il vitigno nell’area storicamente vocata di Calvignano, Montalto Pavese, Oliva Gessi, Mornico Losana e Rocca de Giorgi. E un accordo di collaborazione si è stabilito con i 120 soci di DRK-Sozialwerk Bernkastel-Wittlich GmbH Am Kurpark di Bernkastl-Kues, nella valle della Mosella, l’area più conosciuta al mondo per la produzione di Riesling. Dove il St. Nikolaus-Hospital prosegue la grande tradizione avviata, anche nella viticoltura, dal filosofo e naturalista Nicola Cusano nel ‘400. Interscambio di informazioni per migliorare la produzione in campo e vinificazione, commercializzazione e comunicazione, sono alla base dell’impegno comune, che riguarda pure il sostegno al turismo. Primo e unico esempio di gemellaggio internazionale nel nome del vino.
Un saluto e un invito ai nostri lettori
Arrivederci. Venite a trovarci a casa e in cantina, a Castello di Santa Giuletta. Ogni stagione, sulle colline dell’Oltrepò, è propizia a un’escursione. Con la neve, o con il profumo delle acacie. Se scegliete il week-end, meglio avvisare con una telefonata o un messaggio mail (tel. 0383 899256; [email protected]). Potrete verificare come lavoriamo, e in sala degustazione scoprire il sapore del vino che sorride. Perché il vino è la sintesi delle nostre colline, familiari e pur favolose. La location, come si dice, tra il mare ondulato delle vigne da un parte e, dall’altra, sotto di noi, il mare della pianura che nelle giornate limpide arriva fino al profilo delle Alpi, è scelta anche da gruppi, non troppo numerosi, per una festa privata o un evento societario. Ma ogni occasione è buona per stappare una bottiglia, con una fetta di pane e salame. E per l’anno nuovo, alzo il calice, auguri a tutti!
Buona scelta
IBD