Vi presento i nostri è il terzo episodio di una fortunata serie di commedie destinata a superare il miliardo di dollari d’incasso, visto che con i soli primi due episodi si è arrivati a 800 milioni, per la felicità dello stellare cast fra cui figura anche De Niro, padrone della casa produttrice Tribeca.
In regia non c’è più Jay Roach (entrambi gli “Austin Powers”) come negli altri due episodi, sostituito dal Paul Weitz di American Pie, About a Boy e American Dreamz, ma non ci si aspettino radicali mutamenti di stile in quella che rimane sempre una commercialissima commedia per famiglie: slapstick, buoni sentimenti, doppi sensi su sesso, tradimenti, gelosia, “‘a famigghia”, e lieto fine assicurato.
Stavolta il film è strutturato su un vero e proprio duello, con tanto di showdown finale, fra il povero Gaylord Fotter (”Focker” in originale), alias Ben Stiller, e il suocero Jack Byrnes, alias Robert De Niro, in cui Ben deve sostanzialmente sopravvivere alle manie di controllo di Bob che lo vuol far diventare il “Fotterpadrino”, colui che provvederà a difendere la famiglia da ogni male. Gioco di parole sul cult Il padrino che perde d’impatto nella traduzione: in originale sarebbe Godfather/Godfucker. Parodia che prosegue con Stiller che fa De Niro/Don Vito e De Niro che fa De Niro, come nel finale il suo Jack La Motta di Toro Scatenato. Autoironia divertente o patetica, de gustibus, certo in quanto ad idee raschiamo il fondo del barile finendo per giunta con Bob/”Lo squalo” dentro una vasca di palline di gomma. Come da tradizione, un altro paio di stelle ad arricchire il cast: il faccia-da-cult Harvey Keitel nei panni di un truffaldino capomastro, sfruttato al minimo sindacale di un paio di scene tanto per mettere il nome in copertina, e una puntigliosa Jessica Alba nei panni di una sexy-sciroccata rappresentante farmaceutica che le prova tutte, senza ovviamente riuscirci, con Gaylord, l’imbranato, campione di fedeltà politically correct, e non potrebbe essere altrimenti. Altri nuovi arrivi, i gemelli Fotter: maschio imbranato e femmina-agente in erba (che trovata!; chissà da chi avranno ripreso?) che tentano l’ingresso in una scuola di fenomeni.
Ogni ambizione di introspezione psicologica o riflessione sulle convenzioni sociali è sparita da questa serie prima della mezzora del primo episodio: tutto il resto, quando va bene, è screwball comedy basata sulla simpatia dello spettatore per personaggi ormai rodati, non sia mai che il pubblico sia deluso; la Streisand è divertentissima, ma questo non fa del film un capolavoro. Temendo un “Ci presento i nostri” da incubo, versione fantozziana magari con Villaggio a fare il fratello nerd di De Niro, la vera domanda che il film pone è: quale nome daranno alla versione italiana quando saranno finiti pronomi personali e particelle pronominali? E soprattutto, quanti altri episodi prima di mettere la definitiva parola fine ad una saga che potrebbe continuare all’infinito? Perchè questa commedia, sempre più gretta, tutto sommato funziona e diverte la massa, e si è fatta un nome e un pubblico di affezionati; traduzione: fa incasso.
Angelo Mozzetta