“Ciao, sono Miss Piggy. Sto partendo per Milano. Fatti trovare in via Alessandro…” ma poco prima di completare l’indirizzo col cognome, farfuglia qualcosa al domestico filippino che, probabilmente, sta tentando in tutti i modi di infilarle un paio di décolleté di tre numeri più piccole. E riattacca.
Una precisazione prima di cominciare la storia. Miss Piggy è un personaggio di fantasia che non assomiglia ad alcuna soubrette in vita e, soprattutto, i fatti che sto per raccontare sono da considerarsi una fiction, al pari di quelle con Gabriel Garko che interpreta Manuela Arcuri e la Arcuri nei panni della sua statua a Porto Cesareo. Ci tengo a dire questo perché vorrei evitare di finire in cella con Rosa Bazzi e Annamaria Franzoni a cucire pigotte da vendere a Natale.
Cosa stavo dicendo? Ah sì.
Provo disperatamente a richiamare per avere maggiori informazioni sul luogo dell’appuntamento: – “Tim, messaggio gratuito…”.
Miss Piggy è in arrivo da Roma e vuole incontrarmi: è in cerca dell’ennesimo assistente personale, giusto perché quello precedente ha preferito gettarsi dall’auto in corsa sul raccordo anulare piuttosto che continuare a subire in silenzio. È così disperata che sarebbe disposta ad assumere un’otaria del circo Orfei.
Sto attraversando uno di quei momenti della vita in cui si ha il forte sospetto di essere finiti in un reality show spietato in cui l’unico concorrente viene spinto al suicidio attraverso il televoto. Un posto di lavoro ostile, una convivenza corrosiva e un conto in banca al limite del mandato di cattura: la possibilità di lavorare con Miss Piggy è sicuramente meglio di quanto abbia in questo momento. O così penso.
È andata che un amico, inserito nella fitta trama del tessuto televisivo, ha fatto il mio nome a non so chi, il quale, per conto della signora Piggy, mi ha contattato per farmi un piccolo test psicoattitudinale per telefono e, una volta passato, un briefing per riuscire a passare la selezione. E ho come il sospetto che non darmi l’indirizzo esatto dell’appuntamento faccia già parte del colloquio.
Sono nel panico. Devo conoscere un personaggio celebre, non so dove devo andare e mi tremano le ginocchia come ogni volta che devo fare qualcosa di nuovo.
Decido che un taxi è la soluzione migliore: nonostante provi un forte pregiudizio per la categoria, un uomo che per lavoro gira la città tutto il giorno, può essere proprio ciò che fa al caso mio.
“Buonasera, dovrei andare in via Alessandro…”, ma proprio sul cognome fingo un colpo di tosse.
“Come ha detto, mi scusi”?
“Alessandro barimbaoroaaop”.
“Guardi, proprio non capisco. Alessandro”?
E io, perentorio: “Alessandro”.
Il pover’uomo, un rubizzo signore di mezza età, probabilmente abituato ad assecondare richieste ben peggiori della mia, esegue digitando sul navigatore solo “Alessandro”.
In fondo quante vie ci saranno intitolate a un Alessandro? Be’, di Alessandro, a partire dal Manzoni, a Milano ce ne sono una cosa come 50.
Il piano prevede che me le faccia tutte, che suoni a tutti i campanelli e chieda di lei. Secondo i miei calcoli, con 12.500 euro e tre settimane a disposizione, dovrei anche farcela.
“Pensa in fretta, Valerio, pensa”.
Uno poi si chiede per quale motivo siano nati gli smartphone: internet ovunque può davvero salvare la vita. Che si tratti di un’urgenza come il pronto soccorso per french manicure o un cruising gay dove organizzare la festa di compleanno, puoi contare su Google e sull’immediatezza delle informazioni.
Comincio a cercare qualsiasi cosa abbia a che fare con tv e spettacolo all’indirizzo Alessandro. Così, tra mille peep show, karaoke e corsi d’improvvisazione teatrale in oratorio, scovo un piccolissimo studio di registrazione che sta in via Alessandro. Bingo.
Eccola scendere dall’auto blu, una berlina che potrebbe ospitare la riunione di condominio del mio palazzo: è strizzata in un tubino di raso nero, con spruzzi casuali di pailettes e profili in piume di marabù. A coprirle le spalle è uno straccetto di pelliccia di visone nero: è maggio, ma pazienza, fa sempre signora. È alta, biondissima, più proporzionata di quanto mi aspettassi, ma con un viso che che racconta tutta l’inesperienza di un chirurgo al primo anno di tirocinio.
Sono arrivato prima di lei ma non perché io sia un genio della logistica; lei è in ritardo come sempre e, dopo una stretta di mano piuttosto distratta mi dice “Prendimi la borsa e portala di sotto”.
“Di sotto” significa un seminterrato adibito a studio di registrazione, dove c’è un’equipe d’ingegneri del suono pronti a lusingarla e a manipolare la sua voce: da insopportabile rumore di silk epil grippato, si deve trasformare in Mariah Carey.
Eppure io sarei venuto per fare in colloquio. Ma la realtà è che mi tocca assistere alla registrazione del brano di un cd per la raccolta fondi in favore dei terremotati di Haiti o di forse per le vittime della diga del Vajont. Che poi uno pensa: non sarà già troppo la disgrazia di vedersi la casa ridotta in briciole?
“Volareeee oh oh”: è gradevole come una gangbang in compagnia di Berlusconi, Fini e Brunetta. È stonata, incerta, tremolante e l’emissione del suono ha un non so che di scoreggia. “No, sentite”, s’interrompe all’improvviso, probabilmente infastidita dagli sguardi atterriti dei presenti “Sono stanca e la mia voce è provata. E poi lo sapete, le note lunghe mi vengono bene appena sveglia. Io sono brava nell’interpretazione”.
Già, l’interpretazione. Miss Piggy, sempre secondo la mia fantasia, intendiamoci, ha interpretato alcune pellicole così di successo che ancora le danno come intrattenimento sui voli della Aeroflot.
La mia serata termina parecchio tempo dopo, quando ormai, sfinita, esce dallo studio, mi porge la copia di un cd e mi dice “Questo lo porti domani in Sony e poi vieni da me in atelier che parliamo. Mi raccomando, non ascoltarlo, non duplicarlo e non perderlo perché è la demo di un progetto musicale molto importante”.
Salgo in macchina, accendo l’autoradio e inserisco il cd. Ovvio.
Mi aspetto di ascoltare ciò che ha appena registrato e invece mi sbaglio: Miss Piggy si esibisce in quattro remix diversi di “I wanna be loved by you”. Un imminente, imbarazzante e inaspettato successo planetario, ne sono certo.
To be continued….
Il post Vi presento Miss Piggy, scritto da Valerio Canevaro, appartiene al blog Così è (se vi pare).