Via il segreto di Stato su Ilaria Alpi
Il caso di Ilaria Alpi. Un Segreto di Stato che decade non è una cosa di tutti i giorni. E nemmeno di tutti i decenni, se è per questo. Ma potrebbe succedere in questi giorni.
Laura Boldrini, presidente della Camera dei Deputati, ha chiesto formalmente al Governo Renzi di “togliere il segreto sugli atti”, laddove se ne intraveda la possibilità.
Richiesta che non nasce oggi, ma che prende piede dal 16 dicembre 2013. Allora, la Boldrini aveva già chiesto la rimozione del segreto su più di 600 dossier, alcuni dei quali prodotti dalle agenzie dei servizi segreti Aise e Aisi (ex Sismi e Sisde).
Tra i numerosi segreti verrebbe svelato anche il segreto che era stato posto sull’uccisione della giornalista del Tg3 Rai, Ilaria Alpi.
Assassinata insieme all’operatore Miran Hrovatin esattamente vent’anni fa a Mogadiscio, in Somalia, la giornalista stava lavorando sul traffico di rifiuti tossici in quella zona.
Il fatto
Ilaria Alpi, insieme all’operatore tv Miran Hrovatin, stava ritornando da un’intervista con il sultano di Bosaso, Abdullahi Mussa Bogor. Era il 20 marzo 1994.
La troupe era in Somalia per seguire la missione dell’ONU “Restore Hope”, alla quale partecipavano anche USA e Italia, con l’obiettivo di porre fine alle guerre tra fazioni che dilaniavano il Paese.
Mentre si trovavano in macchina, un commando di uomini armati fino hai denti hanno aperto il fuoco contro la macchina su cui si trovavano Alpi e Hrovatin. I due morirono sul colpo.
Pochi giorni dopo le salme della giornalista e dell’operatore rientravano in Italia. Anche i loro bagagli lo fecero, ma arrivarono con i sigilli rotti, e alcuni taccuini della Alpi scomparvero nel nulla, insieme a delle videocassette di Hrovatin.
Nonostante le prime indagini avessero indicato la causa della morte in un colpo di fucile sparato da lunga distanza, la superperizia del magistrato Giuseppe Pititto diede il risultato opposto: il colpo che ha raggiunto Ilaria e Miran è stato sparato a bruciapelo, ma ulteriori perizie saranno contrastanti. I periti Torri e Benedetti, consulenti tecnici giudiziari anche nel caso dell’omicidio di Carlo Giuliani a Genova il 20 luglio 2001 – per cui sosterranno la tesi del calcinaccio che deviò in aria un proiettile vagante – ritorneranno sulla tesi del colpo accidentale.
Si condannerà un solo colpevole, riconosciuto dall’autista della macchina dove si trovavano Alpi e Hrovatin come facente parte del commando.
E’ il somalo Hashi Omar Hassan, a Roma per testimoniare sulle presunte violenze dei soldati italiani proprio in Somalia.
Nel 2010 il gip Emanuele Cersosimo conclude che i due furono uccisi per evitare che rivelassero cosa avevano scoperto sul traffico di rifiuti tossici nella nazione africana.
Ali Mohamed Abdi Said, autista della Alpi e di Hrovatin, muore in Somalia pochi giorni dopo il suo rientro da Roma: aveva promesso importanti rivelazioni sul caso.
Nel 2012, l’ipotesi più inquietante.
I giornalisti del Fatto Quotidiano, Andrea Palladino e Luciano Scalettari, svelano dei documenti del Sios di La Spezia (il comando del servizio segreto della Marina Militare) che potrebbero indicare un coinvolgimento dello Stato nella faccenda.