Il Giappone, terra divisa tra pura avanguardia e forti tradizioni, tra metropoli futuristiche e suggestivi paesaggi ricchi di magia. Patria di grandi artisti ed emozionanti storie, in poche parole un mondo fantastico dove illusione e realtà diventano una cosa sola. Tutto ciò è racchiuso in un film: “La città incantata” (Sen to Chihiro no Kamikakushi). Questo capolavoro d’animazione è stato scritto e diretto dalla visionaria mente di Hayao Miyazaki; nella sua lunga carriera di fumettista, sceneggiatore, regista e molto altro, ricordiamo diverse opere come “Il castello errante di Howl” e “La principessa Mononoke”. Il suo lavoro migliore è però senza alcun dubbio proprio “La città incantata” che si ispira al romanzo “Il meraviglioso paese oltre la nebbia” della scrittrice Sachiko Kashiwaba. Il lungometraggio fece il suo primo ingresso nelle sale cinematografiche del Sol levante il 20 luglio del 2001, sbarcando solo dopo due anni, nell’aprile del 2003, in quelle italiane. In patria è stato eletto miglior film dell’anno ed ha inoltre riscosso molto successo anche in Occidente, dove ha vinto diversi premi: tra questi, l’Orso d’oro al Festival di Berlino nel 2002 e l’Oscar come miglior film d’animazione nel 2003.
“La città incantata” è una pellicola incentrata sulle avventure di una bambina di nome Chihiro, che, tra spiriti, esseri malvagi e creature surreali, riuscirà ad affrontare tutte le sue paure. Questo film ha la capacità di catalizzare l’attenzione del pubblico, trasportandolo in un mondo parallelo, caratterizzato da un variegato insieme di elementi, tra fiabeschi paesaggi così ben fatti da sembrare reali, fino a scene del tutto fantasiose che, nonostante la loro particolarità, riescono a far immedesimare gli spettatori al punto tale da non distinguere più la fantasia dalla realtà. A determinare la riuscita del film, è stata soprattutto l’eccezionale capacità di Miyazaki di creare personaggi e situazioni ricche di emozioni. Un cocktail di sensazioni che traspaiono perfettamente sia dai volti dei protagonisti che dalle azzeccate colonne sonore, punto forte di ogni sua opera.
I personaggi, pur restando fedeli al loro modo d’essere, sono soggetti a costanti cambiamenti, sbalzi d’umore che va dal triste e malinconico, all’esilarante ma contemporaneamente inquietante, fino ad arrivare a momenti di serenità e dolcezza. Tutte queste sono sensazioni che il pubblico vive in prima persona. Purtroppo, come la maggior parte delle opere estere, anche questa è stata sottoposta ad una, per così dire, parziale traduzione, indubbiamente non catastrofica come per “La principessa Mononoke” la quale è stata privata in gran parte del testo originale, ma comunque un adattamento non del tutto fedele che ha, in parte, intaccato lo spessore morale e creativo del lungometraggio.
A mio parere, il messaggio del regista è che nella vita bisogna essere umili, ma al contempo coraggiosi, per affrontare i vari ostacoli a cui siamo giornalmente sottoposti e che l’amore e la semplicità sono sfaccettature di noi e niente e nessuno può privarci di quello che siamo e dei nostri sogni. Per quanto riguarda il finale, essendo molto fiabesco, ossia il classico visto e rivisto happy end, risulta un po’ prevedibile, ma ciò non toglie che “La città incantata” rimane una tra le opere cinematografiche, nel suo campo, migliori di sempre. E poi siamo onesti: a chi non piace il classico lieto fine? Comunque sia noi spettatori rimaniamo, sognanti, in attesa di altre pellicole come questa, capaci di trasmettere quelle emozioni di cui oggigiorno la vita reale molto spesso ci priva.