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Viaggiare con il cancro, si può?

Creato il 13 ottobre 2014 da Marika L

Non sapremo mai quanto bene può fare un semplice sorriso.
Madre Teresa di Calcutta

Oggi parlerò di un tema molto delicato, che si allontana in parte da tutto ciò che ho trattato fino a questo momento e che scaturisce da una domanda alla quale non sapevo rispondere: viaggiare con il cancro, si può?

Poco tempo fa è uscito al cinema “Colpa delle stelle”, uno di quei film che avevo escluso a priori perché lo credevo il sequel brutto de “I passi dell’amore”, ma poi grazie a varie recensioni mi sono decisa a guardarlo e ho scoperto che una parte di esso parla di viaggi. Ogni volta che una canzone, un libro o un film trattano il tema del viaggio non riesco a non prestare attenzione al contenuto, è come se fosse una calamita.
Colpa delle stelle mi ha spinta a farmi domande sul viaggio vissuto da una persona malata di cancro, sui limiti che impone, sulle complicanze, su tante altre cose.
Sono arrivata alla conclusione che nessuno può spiegare le sensazioni meglio di una persona che le ha vissute sulla propria pelle, così ho chiesto aiuto a Mia.

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Immagine appartenente a Mia

Mia è una blogger (o cancer-blogger, come dice lei) che ha deciso di raccontare il cancro sul suo blog Contro il cancro con un sorriso e lo ha fatto in maniera spesso ironica, a volte più seria, altre volte incredibilmente divertente.
Mia mi ha spiegato che ogni situazione è diversa dall’altra, che non esiste un modo universale di reagire al cancro e che lei parlerà esclusivamente a nome suo e della sua esperienza. E’ un tema incredibilmente delicato e vorrei che questo punto fosse chiaro.
Mia ama viaggiare tanto che non ha quasi mai rinunciato a farlo pur dovendo cedere a compromessi sulla scelta della meta e questo è il motivo che mi ha spinta a contattarla: capisce l’importanza del viaggio per chi lo sente dentro. 
Mia adesso sta bene, ama i gatti e sono sicura che quel “sorriso” di cui parla da ora in poi sarà ancora più radioso.


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Immagine proveniente dal web

- Ciao Mia, ti va di parlarci un po’ di te e del tuo blog?

Ho 45 anni e vivo con un umano e quattro felini, tutti maschi.
Lavoro come consulente di organizzazione aziendale e dedico il mio tempo libero a teatro, libri, cucina e – quando posso – viaggi.
Ho aperto il mio blog Contro il cancro con un sorriso sette anni fa, quando mi sono ammalata di cancro per la seconda volta. Inizialmente pensavo di utilizzarlo per tenere aggiornati parenti e amici sul mio percorso di cura: c’erano tantissime persone che si preoccupavano per me e volevano essermi vicine, era oggettivamente impossibile comunicare singolarmente con ognuno di loro, così ho scelto di mettere in rete la cronaca della mia battaglia, a disposizione di tutti quelli che desideravano sapere come stavo.
Fin dall’inizio ho scelto di parlare della mia malattia con ironia. Ammalarsi di cancro non è una bella esperienza, soprattutto se sei giovane, ma se cominci a piangerti addosso è ancora peggio; sapevo di avere di fronte un percorso arduo e avevo bisogno di tutto il buonumore possibile per affrontarlo.
Ben presto però il blog è diventato molto più di una semplice cronaca medica. Per scrivere avevo bisogno di mettere ordine nei miei pensieri, di analizzarli per tradurli in parole e questo si è rivelato un grande aiuto per affrontare quel periodo difficile. Senza saperlo, avevo scoperto la medicina narrativa. Attraverso il mio blog sono entrata in contatto con altre persone che avevano scelto di raccontare in rete la propria esperienza di pazienti oncologici. Con alcune di queste cancer-bloggers si è creata una particolare sintonia, un’affinità che nasceva soprattutto dal modo in cui ognuna di noi aveva scelto di affrontare la malattia. Insieme abbiamo creato Oltreilcancro.it, un meta-blog in cui mettiamo le nostre esperienze a disposizione di tutti.
Ormai sono libera da malattia da più di sei anni. Nella mia vita – e nel mio blog – il cancro ha sempre meno spazio, ma ho scoperto che scrivere mi piace e continuo a tenere vivo il mio spazio virtuale per raccontarmi.

 - Ho notato che anche tu ami viaggiare, qual è il viaggio più bello che hai fatto?
Sono molto indecisa: se la giocano alla pari un soggiorno a Bali, la crociera dei fiordi norvegesi e il giro dell’Islanda, tre viaggi diversissimi tra loro, ma accomunati da meravigliosi scenari naturali.

 - Nonostante cambino da caso a caso, ti andrebbe di spiegarci quali sono le maggiori difficoltà nelle quali incorre un malato di cancro che ha voglia di girare il mondo e quali sono le cose che assolutamente deve evitare in viaggio?

Per un malato di cancro viaggiare può essere molto complicato. Innanzitutto per le limitazioni fisiche legate alla malattia e/o agli effetti collaterali delle terapie: debolezza, dolori, nausea o altri disturbi che limitano la capacità di movimento e talvolta anche l’autonomia personale. Inoltre non è sempre facile conciliare i tempi di viaggio con quelli delle terapie e dei controlli, che generalmente richiedono di recarsi in ospedale piuttosto spesso e comportano l’impossibilità di assentarsi per più di pochi giorni. Spesso i pazienti oncologici sono immunodepressi, quindi più facilmente soggetti a infezioni; in questo caso è assolutamente necessario evitare luoghi con condizioni igieniche incerte, come pure le zone per le quali sono richieste o anche solo raccomandate le vaccinazioni. Qualsiasi viaggiatore in condizioni di salute precarie deve considerare l’eventualità che durante il viaggio ci possa essere bisogno di assistenza medica. È importante valutare la qualità e l’accessibilità dei servizi sanitari nelle zone di destinazione, anche dal punto di vista economico: in molti Paesi esteri infatti le cure mediche sono a pagamento, con costi anche molto elevati e una copertura assicurativa è assolutamente raccomandata. Su questo argomento vorrei segnalare un problema poco noto: le assicurazioni sanitarie e quelle per l’annullamento del viaggio spesso escludono le patologie oncologiche: è necessario controllare bene le condizioni di assicurazione per capire con precisione quali sono le coperture offerte.

 - Come dovrebbero comportarsi, secondo te, i familiari?

Una delle cose più sgradevoli che può accadere a chi ha il cancro è essere identificato con la sua malattia, sentirsi considerato un malato prima che una persona. Io credo che i familiari dovrebbero cercare prima di tutto di evitare questo atteggiamento. La preoccupazione è comprensibile, ma non deve diventare troppo assillante: bisogna resistere alla tentazione di mettere il malato sotto una campana di vetro e aiutarlo invece a raccogliere tutto il buono che la vita può offrirgli. Compresi i viaggi.

 - In un tuo vecchio post hai ironicamente affermato che le donne in gravidanza e gli uomini con il bastone sono più vigorosi di te. Ironia a parte, quanto influisce tutto ciò sulla scelta della meta?

Fortunatamente le difficoltà di movimento che legate alle terapie e agli interventi chirurgici con il tempo si sono quasi completamente risolte, ora non ho particolari difficoltà. Certo non sarei in grado di affrontare un viaggio che richieda doti atletiche, come un tour in bicicletta o il Cammino di Santiago, ma non ci sarei riuscita nemmeno prima di ammalarmi, quindi non la considero una limitazione. Nel 2006, qualche mese dopo il primo intervento chirurgico, ho fatto la crociera dei fiordi norvegesi. L’avevo prenotata mesi prima, quando ancora non sapevo di avere il cancro, dunque non posso dire che la scelta sia stata influenzata dalla malattia, ma alla fine si è rivelata azzeccata, perché la crociera è una modalità di viaggio che permette di dosare molto bene le energie, con la possibilità di scegliere il riposo a bordo oppure escursioni con diversi livelli di impegno fisico. Inoltre la presenza di un medico in nave è rassicurante. Nel 2008 invece, reduce da chemioterapia, radioterapia e chirurgia, con pesanti difficoltà di movimento, le possibilità erano davvero limitate. Non ero fisicamente in grado di affrontare un lungo viaggio e comunque non volevo allontanarmi troppo dal centro oncologico in cui ero in cura. Avevo bisogno soprattutto di riposo e la scelta ideale fu un hotel con SPA in Alto Adige, dove la fisioterapista e le operatrici del centro benessere riuscirono letteralmente a rimettermi in piedi. Ho scelto mete che non richiedessero un particolare impegno fisico anche negli anni immediatamente successivi, ma già nel 2010 riuscivo ad affrontare semplici passeggiate in montagna e nel 2011, a Londra, ho macinato chilometri a piedi in abbondanza.

 - Ultimamente è uscito al cinema il film “Colpa delle stelle”, incentrato su due ragazzi malati di cancro che fanno un viaggio ad Amsterdam. Lo hai visto? Cosa te ne pare?

Ehm… non sono precisamente una cinefila, credo di essere stata al cinema l’ultima volta alla fine dell’anno scorso. Non conosco questo film.

Grazie Mia per la tua disponibilità nel trattare un tema così delicato,
ti auguro tutto il bene del mondo!

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Immagine proveniente dal web


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