Il servizio, uno dei tanti offerti dalla famosa azienda californiana di Mountain View, è un sito internet che contiene moltissimi dati raccolti negli ultimi quarant'anni sui cambiamenti del nostro pianeta.
Registrati e elaborati quotidianamente da software e computer molto sofisticati, questi dati (siamo nell'ordine di migliaia di petabyte, che significa migliaia di biliardi di byte, dato che un petabyte è pari a 1015 byte, impressionante non solo per le menti meno matematiche) offrono una visione dinamica della Terra, mostrando immagini ricostruite al computer di come alcuni luoghi si siano profondamente trasformati negli ultimi anni.
I dati sono raccolti dai satelliti Landsat, che lavorano ininterrottamente dal luglio del 1972 e hanno ormai dato vita al più grande e complesso archivio che mai sia stato realizzato. Analizzate e interpretate, queste informazioni sono state poi riversate su una mappa che permette ora di vedere fenomeni come lo sviluppo della città di Las Vegas, ma anche la costante disidratazione del lago Urmia, in Iran, o l’inarrestabile deforestazione della foresta amazzonica. Fenomeni in gran parte provocati dall'uomo, ma anche processi naturali che si ripetono da miliardi di anni, dei quali quasi non ci si accorge nella quotidianità, difficilmente percepiti anche nel corso di una vita intera.
Immagini mozzafiato, quelle che fornisce l'Earthengine, uno strumento che Google definisce «piattaforma di monitoraggio ambientale online». La definizione regge, se è vero che ad "ingaggiare" il servizio Google in difesa della propria terra qualche anno fa è stata proprio una tribù di indio dell'Amazzonia, le 1.200 anime circa dei Surui, residenti, si fa per dire, in 250mila ettari di foresta. Nel 2007, un loro giovane capotribù ha stretto un accordo con il gruppo californiano per tenere d'occhio, tramite le immagini satellitari, il consumo della foresta, cercando di limitarne, se non proprio di impedirne, la distruzione.
D'altronde, il lato buono di Google (ce n'è anche uno "cattivo", che consuma qualcosa come 300 milioni di watt all'anno e produce 1,5 milioni di tonnellate di CO2 all'anno, che da alcuni dati trovati su siti autorevoli pare sia più o meno come Londra e Parigi messe assieme) è da tempo schierato con il no profit, con parole inequivocabili: «Vuoi cambiare il mondo. Noi vogliamo aiutarti a farlo», si legge sul sito italiano di Google, dove si possono trovare contenuti interessanti come il progetto Crisi nel Darfur dell'U.S. Holocaust Memorial Museum, una raccolta di immagini satellitari accompagnate da contenuti multimediali sul genocidio in Darfur. Per il momento di risultati non si parla, ma sapendo che i nemici sono l'avidità e la cattiveria umana, non c'era nemmeno da aspettarselo. Tuttavia, viene da chiedersi: e se una volta tanto avessero ragione loro?
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