Viaggiare per solfeggiare la memoria perché un arrivederci sia la speranza di continuare a camminare insieme: “Non dobbiamo mai smettere di contarli i sogni, proprio come faceva Andrea. Perciò alla fine di ogni viaggio non mi piace ripetere addio, ma ci vediamo domani”.
Viaggiare per capire dopo vent’anni quando la mia passione per la scrittura sia diventata un mestiere. L’aneddoto, una macchina da scrivere Lettera 35 fregata a mia sorella e la benedizione di un direttore di un quotidiano del Sud Italia: ““Guagliò, sei cresciuto ormai. Continua a camminare con le tue gambe”.
Viaggiare per ritrovare una scuola di periferia e chi l’abitava. “La scuola ai tempi in cui ero allievo sedimentava legami speciali tra docenti e alunni”.
Viaggiare per far ritorno nell’abitacolo dell’infanzia che ti sussurra al cuore tutto ciò che un tempo eri troppo distratto per ascoltare: le sorelle come dono di Dio o i compleanni vissuti in vacanza che fotografano l’istante dell’insostenibile leggerezza dell’essere.
Viaggiare verso Mosca perchè “per fare il futuro ci vuole impegno civile; per fare impegno civile ci vuole memoria, per fare memoria ci vuole il coraggio di uomini e donne come Anna Politkovskaja”.
Viaggiare per affogare tra le ferite della memoria, restando ammutolito salendo le scale del Sacrario Militare di Redipuglia o spingendomi fino all’altra Slovenia, quella della Caporetto che ci ficcarono in testa ai tempi in cui mettemmo mano ai sussidiari di storia delle scuole elementari: “Mangia soldato, ingoia questi bocconi amari, perché il rancio che ti passavano non aveva niente a che vedere con i cibi cotti a legna da tua madre.”
Viaggiare per essere protagonista del futuro in una lettera scritta alla piccola Noemi e lasciata nella sua culla sulla frontiera tra il bresciano e il mantovano: “Noemi, la prima volta che urlerai “Dio, perché mi hai abbandonata?” sentirai invece che ti sta portando in braccio.”
Viaggiare per ascoltare la voce dell’anno che verrà: Se nasce una stella in Valcamonica la chiameremo Martina.