Ma non sono (solo) libri di viaggio
Anche leggere è viaggiare, in un certo senso. E’ proprio nelle immagini evocate dalla lettura che spesso prendono forma i viaggi, quelli veri. Oppure, più spesso, sono un modo, al ritorno, per non fermarsi. Per continuare un viaggio che è restato con noi e non ci vuole lasciare.
Istanbul, di Orhan Pamuk
“Secondo Benjamin, ciò che entusiasma la maggior parte degli stranieri in una città sono i panorami esotici e pittoreschi. Invece l’interesse delle persone nei confronti della città in cui sono nate e cresciute si confonde sempre con i loro ricordi”
(Orhan Pamuk, Istanbul)
Istanbul di Orhan Pamuk è un libro forse non facile, ma profondo, bellissimo e che ho molto amato. Sfogliarlo, ritrovare le sottolineature e gli appunti presi dieci anni fa mentre mi preparavo a un lungo viaggio in Turchia mi ha fatto tornare voglia di leggerlo. In ogni pagina ho trovato una rivelazione. Quando non era nelle parole di Pamuk, a volte tortuose, era nelle foto in bianco e nero intense, bellissime di Ara Guler alle quali questo libro deve parte del suo fascino. E’ il racconto di una città che si intreccia con l’autobiografia, la memoria, il sogno. E’ quasi il tentativo della descrizione dell’anima della città, attraverso gli occhi dell’autore, degli stranieri e dei suoi abitanti. Attraverso la storia, e le tante storie che la compongono. E forse, se ci fosse una parola sola per descrivere quest’anima, Pamuk sceglierebbe l’huzun quell’intraducibile senso di malinconica tristezza che si confonde con l’oblio di un dolore, di una perdita, e che pervade questa città in bilico, la sua poesia, la sua musica. Un sentimento che è legato alla condizione della città, storica e geografica e che sembra prendere forma fisica nelle vecchie case in legno in disfacimento. La tristezza, secondo Pamuk, “pare il destino di tutta la città”.
“Per me la tristezza è come il vapore sui vetri delle finestre, creato da una teiera che bolle continuamente in una giornata fredda d’inverno, perché non ha un istante di trasparenza e appanna la realtà, e così riusciamo a conviverci – ho scelto questo esempio perché i vetri appannati mi rendono triste.”
(Orhan Pamuk, Istanbul)
“L’istanbul di Pamuk è un incantesimo, come tutti i libri scritti con passione. Mentre lo leggi cominci a guardare la città con i suoi occhi; vedi un intrico cupo e fumoso di vicoli stretti e conflitti famigliari, e pure un luogo sereno e quasi immaginario, la città di un sogno”
(Paul Theroux, Un treno fantasma verso la stella dell’Est)
Istanbul, di Orhan Pamuk (prima edizione SuperCoralli)
Istanbul, di Orhan Pamuk
Istanbul, di Orhan Pamuk; traduzione di Semsa Gezgin (388 pagine, Einaudi)
La bastarda di Istanbul, di Elif Shafak
“Siamo bloccati. Siamo bloccati tra occidente e oriente. Siamo bloccati tra passato e futuro.”
(Elif Shafak, la bastarda di Istanbul)
In questo libro c’è tutto, forse c’è anche troppo. Ci sono soprattutto i sapori, i profumi e gli ingredienti della cucina turca che si mescolano con una storia contemporanea nella Istanbul di oggi, capace di confrontarsi con i ‘luoghi oscuri’ della coscienza nazionale. E’ una storia intimista fatta di atmosfere calde, raccolte, un racconto quasi completamente al femminile, di donne che si confidano attorno a un tavolo. E è questo forse l’aspetto più interessante del libro: al centro c’è il dialogo, che intreccia amicizie, amori, legami al di là dei confini, delle differenze, quasi a suggerire che sia questa la vera natura della città divisa fra oriente e occidente. Non va però preso alla lettera: alcune considerazioni sulla situazione politica mi appaiono un po’ datate nella Turchia di Erdogan, molto diversa da quella di dieci anni fa che ancora guardava all’Europa.
La Bastarda di Istanbul, di Elif Shafak; traduzione di Laura Prandino (388 pagine, New Bur)
Baudolino, di Umberto Eco
Il libro di Eco inizia con il sacco di Costantinopoli del 1204. E a Costantinopoli si ritorna, alla fine. In mezzo c’è un surreale viaggio picaresco che compone, scompone, frulla leggende e racconti medievali in un racconto lungo (per alcuni troppo), ma che mi ha coinvolto fino all’ultima pagina. Questo libro racconta un aspetto della città che ha segnato la sua storia per millenni, anche quando aveva nomi diversi da quello di oggi. Era la porta d’Oriente, oltre la quale la realtà nella percezione di molti, sembrava perdere consistenza e mescolarsi col fantastico. Un po’ è ancora così.
Baudolino, di Umberto Eco (Bompiani, 526 pagine)
Constantinopoli, di Edmondo De Amicis
“Su Costantinopoli infatti non ci son dubbi; anche il viaggiatore più diffidente ci va sicuro del fatto suo; nessuno ci ha mai provato un disinganno. E non c’entra il fascino delle grandi memorie e la consuetudine dell’ammirazione. È una bellezza universale e sovrana (…)”
(da Costantinopoli, di Emondo de Amicis)
Chi sapeva che l’autore di Cuore era anche uno scrittore di viaggio? In questo racconto De Amicis riesce a intrecciare il racconto con un’affascinante – a tratti minuziosa – descrizione della Costantinopoli ottocentesca e, soprattutto, dei suoi abitanti. Certo, spesso cede al fascino del pittoresco, ma il tono è sincero e mostra uno sguardo acuto con cui cerca di indagare anche gli aspetti meno superficiali. E soprattutto non si può non volere bene a questo autore che fin dalle prime pagine ci racconta quanto abbia sognato questo viaggio per dieci anni, contato i risparmi, “rinfocolato l’immaginazione colla lettura di cento libri”. Le prime pagine, colme di aspettative, sono molto belle. Se sei su questo blog, probabilmente lo sentirai vicino anche tu.
Costantinopoli, di Edmondo De Amicis, con introduzione di Umberto Eco (Einaudi, 154 pagine – e qui in pdf gratuito)
È Oriente, di Paolo Rumiz
“Sono su un Orient Express che non è un espresso e non è nemmeno Oriente. In Europa l’Oriente non c’è più, l’hanno bombardato a Sarajevo, espulso dal nostro immaginario, poi l’hanno rimpiazzato con un freddo monosillabo astronomico: “Est”. Ma l’Oriente era un portale che schiudeva mondi nuovi, l’Est è un reticolato che esclude.”
(Paolo Rumiz, E’ Oriente)
Il senso di un viaggio e il modo in cui percepiamo un Paese, una città, non sta solo in quel luogo specifico. Sta, invece, anche in tutto quello che c’è fra noi e quel punto di arrivo. Per questo ho scelto un libro che parla di Istanbul solo per un capitolo (un viaggio in treno da Berlino), ma racconta tanto di quello che ci sta intorno.
Più di Tre uomini in bicicletta, sempre di Rumiz, troppo diretto. A volte il percorso più lento è il più bello, no?
E’ Oriente, di Paolo Rumiz (Feltrinelli, 198 pagine)
A margine
Su Istanbul scrive belle pagine anche Paul Theroux in Un treno fantasma verso la stella dell’Est, libro che amo molto, purtroppo fuori catalogo in Italia. Non lo includo però perché l’ho già citato scrivendo una lista simile per il Giappone. Qui,a Istanbul, Theroux incontra però proprio Orhan Pamuk e per una volta si lascia sedurre da una città (un luogo che in genere detesta).
“Trovo che in genere le città siano terribili, ma a Istanbul mi accorgo che ci si può abitare, è una grande città con un’anima da paese.”
“Io non mi lascio affascinare, resto sordo alla stessa parola ‘fascino’, ma ammiro Istanbul per il suo aspetto eterno.”
(Paul Theroux, Un Treno Fantasma verso la stella dell’Est)
Hai altri libri da suggerire? Scrivili nei commenti, sono sempre alla ricerca di nuove letture!
Link utili
Gli altri miei post sulla Turchia (non solo Istanbul, ma anche l’est)
Libri dalla Turchia (da No Borders Magazine)