Durante il mio recente viaggio in Puglia, ho scoperto che in Valle D'Itria ci sono due tipologie di abitazioni tipiche: i trulli e le masserie!
Trullo deriva da turullo in latino ed è un tipo di costruzione conica in pietra a secco tradizionale della Puglia centro-meridionale. I trulli venivano generalmente edificati come ricoveri temporanei nelle campagne o abitazioni permanenti per agricoltori. Il trullo costituisce un perfezionamento del modello preistorico del thòlos, presente in varie zone d'Italia e del Mediterraneo. La Murgia dei Trulli comprende Alberobello, Locorotondo, Martina Franca, Cisternino e la Valle d'Itria.Sono abitazioni simili ai nuraghi in Sardegna ed agli igloo degli Eskimesi.
La masseria, invece, è la principale architettura pugliese dopo i trulli, con campi per i raccolti e per gli animali. Molte furono abbandonate nel 1800 per le città, oggi sono state riadattate a B&B, diventando delle vere e proprie alternative agli hotel, godendo anche di produzione autonoma nel settore enogastrononico.
La prima masseria visitata è stata la Masseria Aprile a Locorotondo, nella quale era in corso la festa della vendemmia e della pigiatura, appuntamento facente parte del tour annuale de "il paese delle contrade", associazione culturale di promozione turistica molto attiva sul territorio!
E' stata a prima vota che ho assistito alla vendemmia ed alla pigiatura in vita mia e mi è piaciuta davvero tantissimo. Mi sono sentita un pò come la protagonista de "Il profumo del Mosto Selvatico. Mancava solo Keanu Reeves!A guidarci attraverso i luoghi e le tradizioni del posto, Anna Maria Aprile, proprietaria della masseria e Silvia Castellana, guida abilitata della regione Puglia. Nell'aia, circolare e molto simile agli iazzi, dove si usavano fermare le pecore durante la transumanza dall'Abruzzo, circondata dalla vegetazione tipica pugliese, era in corso la festa della pigiatura, caratterizzata da gare tra contrade in cui si divertono perfino i bambini. Per la famiglia Aprile la masseria era casa di villeggiatura, mentre la casa principale era nel centro storico a poco meno di un km di distanza! La masseria è circondata da 25 ettari di terra, coltivati ad olivi, piante seminative, e orto. Oltre ovviamente al vino. Molto belle e particolari la cappella privata risalente al 1728 ed i trulli usati come silos e vecchi forni.
Seconda tappa del nostro tour è stata la Masseria Calongo a Cisternino, un'antica struttura del XVII secolo, situata sopra una collina a ridosso della splendida Valle D’Itria, circondata da meravigliosi ulivi secolari e dalla pace e dal silenzio della campagna cistranese, casa di vacanza dei Marchesi Vitofranceschi, oggi diventata una splendida opportunità di ristoro nella zona nord occidentale di Cisternino, dove ci siamo fermati per cena.
Ristrutturata rispecchiando il fascino di un tempo, la Masseria Calongo è peró all'avanguardia nel risparmio energetico: totalmente alimentata a pannelli fotovoltaici e con un sistema di raccolta dell'acqua piovana, è una struttura che ha a cuore il rispetto dell'ambiente. E' dotata di 4 pulite e spaziose, dotate di tutti i comfort, cucina compresa, con formula Bed&Breakfast.
Come anticipato, noi ci siamo fermati solo per cena, mangiano un menu tutto rigorosamente a km 0, con prodotti BIO e DOP. Siamo partiti da un antipasto della della casa con formaggi locali accompagnati da salse acri come arance, cipolle e peperoni, salumi, polpette di pane, purè di fave e polpo (buonissimo), trippa di agnello, rustico alle bietole, siamo passati poi al primo piatto con un buonissimocalzoncello ricotta e spinaci con fonduta di caciocavallo, poi maialino della valle d'Itria con cuore di funghi, infine dolce alle mele su crema di cioccolato. A cena con noi, il direttore del GAL Valle D'Itria, Antonio Cardone, che ci ha spiegato l'ambizioso progetto del GAL e del Teinet, con l'obiettivo di pormuovere itinerari enogastronomici ed i prodotti ad esso collegati attraverso percorsi del vino, dell'olio, del grano, dell'ortofrutta, dei legumi e dei formaggi.
Il giorno successivo, siamo stati ospiti alla Masseria Madonna dell'Arco, circondata da 23 ettari di campi, vigneti, uliveti, pascoli e folti boschi di fragno e querce secolari dove pscolano liberi cavalli e mucche , suini, ovini e diversi esemplari del famoso asino martinese.
Qui, abbiamo assistito alla dimostrazione di produzione della mozzarella e della burrata pugliese, prima di fermarci a pranzo.
Produzione della mozzarella (e della burrata): si parte dalla caseina, che diventa filato con l'acqua bollente, base di mozzarella e caciocavallo, poi la pasta così ottenuta viene messa in acqua tiepida. La creazione delle varie forme è rito antico e incantatore, che potrebbe essere fatto al buio, tale è l'abilità e la consuetudine dei casari. Sentendosi osservati, si divertono come artisti creando pupazzi e ciucci per neonati di pasta di mozzarella, salata e lattosissima, appena uscita dall'acqua tiepida. Nella Masseria sono presenti anche il ristorante e la macelleria, perfetto esempio di economia integrata: ciò che si produce si vende per asporto o consumazione in loco, ma il km 0 è e resta essenziale. Anche qui abbiamo mangiato un tipico pranzo pugliese ricco in antipasti. Siamo partiti da cicoria ripassata, sformato di carote, salame, capicollo (che è presidio slowfood), un notevolissimo carpaccio appena scottato al forno e ricoperto di erbe e scaglie di formaggio, pane fresco, latticini, burrate, un tenerello (formaggio molto morbido) al forno, polpette di carne e pane, verdure pastellate. Come primo piatto, orecchiette del duca con pomodorini, radicchio e scaglie di cacio ricotta, come secondo, bombette con patate e frittata di verdure, il tutto annaffiato da vino bianco (verdeca) e rosso (primitivo), e chiuso da tiramisù. La cosa che mi ha colpito di più di questa masseria è che le camere degli ospiti sono nei trulli, con mura possenti ideali per l'isolamento termico ed i classici tetti che servivano per incanalare l'acqua piovana e disposti secondo lo stile tipico delle masserie della Murgia, intorno alla corte centrale dove domina il caratteristico arco che caratterizza il luogo. Fin dall'antichitá comunque il trullo ospitava le grandi famiglie dei massari. Interessante è anche la storia dei trulli: il conte Andrea Matteo d'Acquaviva di Conversano voleva costruire un resort di caccia senza pagare le tasse ai re d'Aragona ed allora vide abitazioni simili ai trulli sull'adriatico, chiamati specchie, che erano case di pastori, stalle o torri da guardia e le rifece senza materiale da costruzione in maniera tale che i servi potessero smontarli la sera in caso di ispezione. Quando il conte fu cacciato, i trulli vennero accatastati poco prima dell'arrivo di Napoleone (1797). Il primo trullo risale al 1481, quindi per 300 anni si costruirono senza materiale legante.
Nel pomeriggio siamo andati, invece, a fare visita da "I Pastini", una delle principali aziende vinicole della zona, nata nel 1996 e circondata da 12 ettari di superficie vitata con l'obiettivo di recuperare e valorizzare i vitigni autoctoni: la Verdeca, il Bianco d'Alessano ed il Fiano Minutolo.
A farci da cicerone è stato uno dei titolari, Gianni Capparelli, orgoglioso della sua raccolta di uva senza macchinari. Tre fattori importanti per la vinificazione de “i Pastini”: il suolo ricco di minerali, l'escursione termica ed i venti che impediscono agli insetti di attecchire. Il campo di viti è davvero molto romantico con rose rosse ad ogni angolo, anche se ci hanno spiegato che la loro funzione non è solo estetica ma anche pratica, in quanto servono da esca per gli insetti, per allontanarli dall'uva. Il vino è rosso (primitivo e susumaniello), ma anche bianco, come la verdeca dop, il minutolo e il bianco d’Alessano. Caratteristica tipica di questa tenuta, sono i binari delle ferrovie dello stato che la dividono a metà. Attraversati i quali, dopo il passaggio del treno alta velocità diretto a Lecce, abbiamo raggiunto i trulli di questa masseria. Le pietre dei trulli sono ormai contaminate dalla bauxite, di cui il terreno è ricco, e dai licheni e gli spazi interni sono usati durante la vendemmia, hanno i forni per ristorare gli operai. I pinnacoli qui hanno solo funzione decorativa, i trulli sono costruiti a secco e avevano funzione di deposito e di sistemazione rifiuti, mentre le vigne circostanti hanno diversa altezza a seconda della quantità e della qualità dell'uva. La produzione delle bottiglie è automatizzata, e c'è una macchina diversa per l'etichettatura. Dopo la visita guidata per la Masseria, abbiamo degustato tre dei loro vini: prima due bianchi, il Faraone ed il Rampone, uno più floreale, l'altro più fruttato, ed un vino rosso, il Susumaniello, che è un rosso molto carico, da cui deriva il suo nome (carico come un asino, in pugliese susumaniello). È un vino molto complesso, invecchiato, sa di fumo, ha diverse raffinazioni, perfetto con il formaggio. Il Rampone dei Pastini, che è quello che ho apprezzato di più tra i tre, è stato votato come il primo bianco di Puglia per quest'anno, ma il vino più esportato è il Faraone, soprattutto negli USA, seguono Australia e Taiwan.
Il nostro tour per le Masserie è terminato con la Masseria Asciano, ad Ostuni, nella quale abbiamo cenato e pernottato l'ultima notte nell'edificio ricavato da un deposito dei silos di olio, ristrutturato completamente e trasformato in stanze; si trova nel complesso di fronte alla casa patronale e alla sala accoglienza. La Masseria sorge in campagna, a 4 km da Ostuni, in un antico casale in pietra immerso in 70 ettari di terreno. Arredata tutta in stile rustico, proprio come gli antichi casali, è un'ottima sistemazione per una vacanza rilassante in campagna. La struttura, inoltre, vende olio d'oliva di produzione propria, oltre a prodotti tipici locali e presenta un giardino attrezzato con tavoli e sedie nei quali è possibile rilassarsi.