Un racconto, a puntate, di un lungo viaggio fatto nell’estate del 2009: 7500 chilometri negli Stati Uniti occidentali attraverso 9 stati.
A fine luglio si parte da una Londra incredibilmente calda per raggiungere Houston dove ci aspetta uno stop-over di circa un’ora e trenta minuti. I controlli dell’immigration alla frontiera vanno per le lunghe e alla fine, a 15 minuti dal decollo per San Francisco, siamo ancora in coda con circa 15 persone davanti a noi!
Passato il controllo, reimbarchiamo i bagagli e scattiamo verso il nuovo volo con la reattività di Bolt nella finale olimpica dei 100 metri. Scopriamo che ci tocca anche un cambio di terminal e – pur convinti di aver ormai perso il volo – partiamo di corsa alla volta del gate. Incredibile l’aereo c’è ancora!
Arriviamo a San Francisco verso le sei del pomeriggio, ritiriamo la nostra auto a noleggio e ci dirigiamo verso l’hotel Warwick Regis in Geary Street prenotato online da casa. L’albergo è piuttosto vecchio e necessiterebbe di alcuni interventi di manutenzione ma, stanchi del viaggio, senza nemmeno mangiare, saliamo in camera e ci addormentiamo come dei sassi.
Il jet lag si fa sentire e alle quattro del mattino mi ritrovo a guardare dalla finestra la strada sottostante e il palazzo di fronte senza più riuscire a prendere sonno. Alle cinque siamo entrambi svegli e con una fame atavica per aver saltato la cena. Tiriamo fino alle 6.30 e poi decidiamo di uscire a fare due passi. Tanto siamo negli USA e qualcosa da fare si troverà!
Qualcosa lo troviamo pochi isolati più avanti verso Union Square. L’insegna luccicante e il via vai di persone ci attirano verso l’ingresso del Lefty O’Doul per la colazione dei campioni. Visto che il locale prende il nome da un vecchio campione di baseball nativo di Frisco, colazione e campione oggi ci sembrano particolarmente affini. Uova strapazzate, bacon, salsicce e pancake con sciroppo, il tutto accompagnato da spremuta d’arancia. Ottimo e abbondante.
Rinfrancati dalla colazione si parte alla scoperta della città. La Coit Tower con la splendida vista sulla baia, i fantastici pendii con le case vittoriane in legno delle San Francisco Heights… la vecchia Little Italy con le foto di Materazzi nelle vetrine dei ristoranti!
A San Francisco come da nessun’altra parte negli States vecchio e nuovo si fondono e si intersecano. Le tradizioni dei vecchi migranti cinesi colorano le strade dell’affollata Chinatown, il secondo dopoguerra ha creato la più recente Japantown e influenze latine sono visibili qua e là un po’ dovunque in città.
Visitiamo il Fisherman Wharf con i ristoranti che servono clam-chowder di pesce (una fantastica zuppa/crema di pesce), granchi e pescato del giorno. Spazio vitale della città, il molo è sempre pieno di gente che lavora, perde tempo (sitting on a dock of a bay… Otis Redding!) o si esibisce per pochi soldi. Ragazzi che fanno breakdance (ma gli anni Ottanta non erano finiti?!) e virtuosi della chitarra che intonano canzoni di Bob Dylan e Tom Petty.
Passiamo tre giorni a San Francisco e durante le altre due giornate ci dedichiamo alla visita di tutti i quartieri cittadini: vediamo le impervie curve di Lombard Street, osserviamo da vicino il Golden Gate senza mai avere la fortuna di vederlo libero dalla costante nebbia che copre la baia e, al ritorno, fermi a un semaforo, facciamo un viaggio nel tempo e nello spazio e ci ritroviamo… a Milano! Il tram che ci capita davanti è familiare: nconfondibile con in suo colore arancio e lo stemma della città sul fronte…
Il tram, o meglio il cable car – il sistema di trasporti a corda tipico della città – è da provare. Forse i collegamenti offerti non sono poi così utili, ma offre viste mozzafiato e un assaggio di quella San Francisco del secolo scorso che tanto affascina noi europei.
Il giorno seguente passiamo mezza giornata a girovagare tra i quartieri finanziari moderni intorno allo Yerba Buena Center dove, tra l’altro, pranziamo in un ristorante giapponese di altissimo livello con cucina a vista e chef che sapientemente tagliano tutto quello che capiti loro a tiro.
Andiamo a visitare anche il Civic Center, centro di governo della città. Per farlo passiamo attraverso il Tenderloin, l’unico quartiere del centro la cui visita serale è sconsigliata dalle guide. Di giorno non vediamo nulla di che, se non una grande quantità di homeless che occupano tutti gli anfratti e gli angoli dei portoni come giaciglio per la notte. Sono le contraddizioni degli USA, in cui ricchezza e povertà vivono e convivono a poca distanza e le storie di degrado spesso sono causate da una società tra le più meritocratiche, ma anche tra le più selettive e competitive al mondo.
La mattina seguente prendiamo la macchina per ripartire in direzione sud, costeggiando il Pacifico lungo la curve sceniche e tortuose del Big Sur…