Nuovi dettagli sulle profondità del pianeta
di Francesco Scotti
Che cosa contiene il nucleo terrestre? Tante cose, ma, a quanto pare, poco ossigeno: è quanto ci rivelano gli esperimenti eseguiti dal team guidato da Yingwei Fei, del Carnegie Geophysical Laboratory di Washington, e Haijun Huang, della Wuhan University of Technology, i cui risultati sono stati pubblicati in un articolo su “Nature”. La scoperta ha suscitato un certo interesse perché, essendo l’ossigeno tra gli elementi leggeri (cioè di basso peso atomico) più diffusi sul pianeta, sarebbe stato lecito aspettarsi di trovarne grandi quantità anche tra gli elementi leggeri del nucleo. Ma così non è stato.
Al contrario di quanto spesso si crede, già gli Antichi sapevano che la Terra è sferica. Solo che si sbagliavano. Perché oggi sappiamo che invece è uno sferoide oblato, schiacciato ai Poli a causa della rotazione: già Newton se n’era accorto. Anzi, no: è un geoide. Ma non solo la sua forma è stata studiata. Anche lo studio della Terra profonda ha ispirato le azioni di centinaia di scienziati. All’inizio, e parliamo del tardo XVII secolo, era perfino considerato concepibile che il pianeta non fosse altro che un semplice involucro cavo. In tempi più recenti, appurato ormai quale fosse la forma geometrica del pianeta, ci si è posti seriamente il problema di che cosa ci fosse al suo interno.
Se si pensa a come la nebulosa solare primordiale ha dato origine alla Terra (nonché al resto del Sistema Solare), verrebbe da credere che questa non sia altro che un ammasso concentrato di vari elementi, uniformemente distribuiti per tutto il pianeta. Punto. Per fortuna, e poi vedremo perché, così non è. Un indizio rilevante sta nella misura della densità: quella media rilevata in superficie è poco più della metà della densità media dell’intero pianeta. Ne consegue che gli elementi più pesanti devono essere concentrati verso l’interno. In effetti, nelle prime fasi di esistenza della Terra, i materiali erano fluidi a causa dell’elevata pressione, e gli elementi più pesanti sprofondarono durante quella fase di differenziazione planetaria che molti chiamano impropriamente “catastrofe del ferro”. Questo ha fatto sì che all’interno della Terra si concentrasse un nucleo costituito per la maggior parte di ferro, nichel e piccole quantità di altri elementi. Di recente si è anche ipotizzata la presenza, nel nucleo interno, di elementi come oro e platino. Nel dettaglio, sappiamo che il nucleo interno, la cui composizione non è ancora ben conosciuta, è solido, mentre quello esterno è liquido e dominato da moti convettivi nei quali si ritiene che gli elementi più leggeri, per quanto scarsi, giochino un ruolo fondamentale. Vale la pena ricordare che queste correnti sono responsabili dell’esistenza del campo magnetico terrestre, senza il quale la superficie sarebbe bombardata da radiazioni che renderebbero la vita sulla Terra impossibile.
Gli strati da cui è costituita la Terra. Il nucleo interno è la parte più profonda. (Cortesia: R. Hildyard)
Come facciamo a conoscere la struttura e la composizione dell’interno del nostro pianeta? Ovviamente nessuno, escludendo qualche bizzarro scienziato del secolo scorso, ha mai pensato di scavare un bel buco di 5.000 chilometri, attraversando crosta, mantello superiore e inferiore e nucleo esterno, per andare a vedere che cosa c’è là sotto. Invece i geologi utilizzano metodi indiretti, che nella fattispecie si riducono allo studio delle onde sismiche, della loro velocità e delle loro modalità di propagazione, riflessione e rifrazione attraverso i vari strati del pianeta, dal momento che la propagazione di un’onda è strettamente legata alle caratteristiche del mezzo. Ma come ricreare in laboratorio le condizioni del nucleo esterno, a 3.000 chilometri di profondità, con temperature e pressioni impensabili in superficie? Impossibile, almeno fino a oggi. Ebbene, l’équipe guidata da Fei e Huang ha trovato il modo, sottoponendo un composto di ferro, zolfo e ossigeno a fortissime onde d’urto, di produrre contemporaneamente pressioni e temperature assimilabili a quelle del nucleo esterno, liquefacendo il composto. Successivamente, una volta ottenuto questo nucleo in miniatura, lo ha fatto attraversare da onde sonore, allo stesso modo in cui le onde sismiche attraversano la Terra, e ha verificato se la propagazione delle onde fosse come ci si aspettava.
Il grafico evidenzia come la velocità delle onde sismiche sia variabile in funzione del mezzo attraversato. Le onde P (primarie) sono onde compressive e longitudinali, le onde S (secondarie) sono onde di taglio e trasversali. (Cortesia: B. Ohare)
Sorpresa: fra gli esperimenti eseguiti, nessuno ha restituito valori conformi. Il modo in cui si propagano le onde attraverso il composto di laboratorio non rispecchia la propagazione nel nucleo terrestre. In particolare, i ricercatori hanno rilevato che, per ottenere un comportamento delle onde sismiche realistico, era necessario ridurre radicalmente la componente di ossigeno nel loro modello. Questo ha portato a una conclusione per niente scontata: tra gli elementi leggeri presenti nel nucleo, che già di per sé rappresentano una parte minoritaria in quel contesto, l’ossigeno non è presente in quantità elevate come sul resto del pianeta. Indizio del fatto che la differenziazione planetaria è avvenuta in un ambiente più riducente del previsto. Questa scoperta potrebbe fare luce sulle dinamiche attuali di quei moti convettivi che in ultima analisi sono necessari alla vita sulla Terra. Non solo: il nuovo metodo di indagine messo a punto dal gruppo di Fei e Huang avrà un ruolo fondamentale nello studio degli elementi leggeri presenti nel nucleo esterno della Terra.
Huang, H., Fei, Y., Cai, L., Jing, F., Hu, X., Xie, H., Zhang, L., & Gong, Z. (2011). Evidence for an oxygen-depleted liquid outer core of the Earth Nature, 479 (7374), 513-516 DOI: 10.1038/nature10621