Un ennesimo capolavoro targato Amministrazione provinciale di Vibo Valentia. Un tratto di strada lungo neanche un chilometro costato alle casse provinciali quasi 16 milioni di euro (15 milioni e 977.673 euro), che ha prodotto come risultato lo sventramento della collina. Ma i progettisti, non contenti, si sono anche inventati un ciclopico cavalcavia, quando una semplice rotatoria avrebbe risolto lo snodo della viabilità, come hanno chiesto i residenti oltre un anno fa, ribellandosi a questo progetto “inutile, costoso e dannoso”, con un esposto all’allora presidente della provincia Francesco De Nisi. Come ebbe a definirlo il promotore di una petizione nel marzo del 2012, Salvatore La Rocca, si tratta di una “mostruosità ambientale” che avrebbe sconvolto il territorio.
L’opera incriminata è la bretella che doveva collegare Pizzo all’autostrada (con l’intento, come recita il tabellone, di “ridurre il traffico di mezzi pesanti che ora attraversa la città”), incrociando la SS 18 proprio al bivio della stazione di Vibo-Pizzo, primo lotto dei lavori di adeguamento della strada panoramica “Rosarno-Pizzo”). La data di consegna sulla tabella tecnica di cantiere era prevista per il 2006. Poi i lavori sono stati sospesi e ripresi il 4 febbraio del 2010. Dopo questa proroga l’opera doveva essere terminata entro giugno 2012. Queste date e questi numeri ci dicono ancora una volta come i progettisti e gli amministratori che hanno dato il via a quest’opera, si sono spesi per un solo obiettivo: sperperare il denaro pubblico e fare scempio del paesaggio, in un territorio già messo a durissima prova dalla cementificazione selvaggia. Un’altra incompiuta nel palmares non certo invidiabile della Provincia di Vibo Valentia, che si è distinta nell’ultimo decennio per tutte una serie di progetti che hanno sperperato le risorse finanziarie e provocato diverse ferite insanabili al territorio e al paesaggio. L’elenco scandisce un’escalation di monumenti all’inciviltà: come la famigerata tangenziale est, sequestrata dalla magistratura a causa dei «gravi rischi per l’incolumità pubblica», e costata 7 milioni e mezzo; come il palazzetto dello sport che non ha una strada di accesso; come la “Variante Caria” (nel territorio di Drapia) che doveva collegare la strada provinciale 17 a Tropea (a completamento della cosiddetta “Trasversale delle Serre”), dove è stata sbagliata sia la progettazione che la realizzazione, con un calcolo dei dislivelli completamente errato. Sul tracciato inoltre è stato rinvenuto un’importante sito archeologico risalente probabilmente al periodo minoico, che è stato smantellato e distrutto. Alla luce dei reperti emersi negli scavi di Punta Zambrone, con il ritrovamento di una statuetta di “eccezionale valore” realizzata secondo i canoni della civiltà micenea (dell’età dei cosiddetti secondi Palazzi, dal XVII al XV secolo a.C.), un’opera d’arte che rappresenta un unicum in tutto il Mediterraneo occidentale in un insediamento risalente al XII secolo avanti Cristo e che attesta la presenza di una civiltà preellenica evoluta. Il sito distrutto avrebbe rappresentato un tassello importantissimo nella ricostruzione storico-archeologica del territorio; invece, come ha affermato Giuseppe Berto in un articolo del 1972, (“La ricchezza della povertà”, Resto del Carlino), i calabresi sono molto bravi nell’opera di distruzione della loro memoria storica e identità culturale, in questo sono “geniali”, soprattutto lo ha dimostrato questa classe dirigente provinciale.
Nell’anniversario della ricorrenza del cinquantenario della morte del fondatore di Italia Nostra, Umberto Zanotti Bianco (27 agosto 1963), artefice della scoperta della Magna Grecia in Calabria (insieme a Paolo Orsi), il quale ha speso la sua esistenza per restituire dignità a questa terra con importanti progetti umanitari, certamente questo disprezzo per i beni culturali (che rappresentano un patrimonio di inestimabile valore, oltre che un bene di tutta l’umanità: ma questo purtroppo viene spesso dimenticato da chi opera nelle istituzioni), il presidente della Delegazione Vibonese Gaetano Luciano a nome di tutta l’associazione, esprime il suo profondo dolore per come è stato gestito il territorio in questi anni e spera che si possa inaugurare una nuova stagione, perché il futuro di questa terra come di qualsiasi altro territorio, è imprescindibile dal rispetto e dalla tutela dei beni culturali e ambientali, senza la quale non è possibile una autentica rinascita umana, politica, etica e civile, come sancisce la Costituzione (art. 9).