· by Andrea Mura · in ACIDI E BASI. ·
La vicenda di Sallusti fa ben riflettere… Alessandro Sallusti, attualmente Direttore de Il Giornale, è stato infatti condannato a quattordici mesi di carcere per reato di diffamazione a mezzo stampa per un articolo pubblicato su Libero nel 2007
Sallusti è stato inoltre condannato alla rifusione delle spese processuali, a risarcire la parte civile e a pagare 4.500 euro di spese per il giudizio innanzi alla Corte di Cassazione.
L’articolo incriminato, intitolato “Il giudice ordina l’aborto. La legge più forte della vita” raccontava la vicenda di una tredicenne obbligata dai genitori e dal giudice ad abortire. In realtà la notizia era falsa. La giovane non era stata affatto costretta ad abortire ma era stata una sua autonoma decisione e l’intervento del giudice si era reso necessario solo perché, presente il consenso della mamma, mancava il consenso del padre della ragazza, la quale non aveva buoni rapporti con il genitore e non aveva inteso comunicare a quest’ultimo la decisione presa.
L’art. incriminato non è stato però scritto da Sallusti.
L’art. porta la firma di Dreyfus… Si è scoperto solo oggi, a condanna ormai avvenuta, che l’articolo era stato scritto da Renato Farina, ex diffusore di falsi per i Servizi segreti (nome in codice: Betulla) e ora parlamentare del Pdl (si è rivelato lui stesso durante un intervento in Parlamento).
Quindi la notizia era falsa. Ed era già stata accertata da altri organi di stampa, come ha precisato la Cassazione… E pare che il giornale non abbia mai rettificato.
E’questo il punto: se uno si accorge di aver scritto un falso, che rettifichi e chieda scusa, altrimenti chi si è sentito diffamato presenterà denuncia.
E infatti la persona che si è sentito diffamato, il giudice della vicenda, ha presentato querela. Il reato di diffamazione è stato accertato.
Avendo l’articolista usato uno pseudonimo la responsabilità è ricaduta sopra il Direttore responsabile di Libero, e quindi Sallusti (come detto Farina si è rivelato solo oggi).
E’stato applicato l’art. 13 della legge 47/1948 che prevede che in caso di diffamazione commessa col mezzo della stampa, consistente nell’attribuzione di un fatto determinato, si applica la pena della reclusione da uno a sei anni e quella della multa non inferiore a lire 500.000.
Essendo la pena inferiore ai tre anni, Sallusti può chiedere di non andare in carcere (può optare per misure alternatie alla detenzione quali arresti domiciliari o servizi sociali)…
La vicenda fa riflettere su quella che può essere vista come un’esagerazione, vale a dire la previsione del carcere per il reato di diffamazione a mezzo stampa. Con tutte queste prese di posizione, è importante comunque non dimenticare che il reato è stato accertato ed è giusto che il reato di diffamazione esista, per tutelare l’onorabilità di una persona, in questo caso del giudice della vicenda.